COORDINAMENTO NAZIONALE PRESIDENTI CONSIGLI SCOLASTICI DISTRETTUALI DAI PRESIDENTI DEL CENTRO-NORD RIUNITI A NOVENTA VICENTINA SOLLECITATA UNA AGGIORNATA RIFORMA DEGLI ORGANI COLLEGIALI TERRITORIALI PER LA SCUOLA DA ANNI TRASCURATI DA GRAVISSIME OMISSIONI
Gli attuali Distretti Scolastici – istituiti nel 1974 per realizzare, a fianco delle rappresentanze scolastiche, la partecipazione democratica delle comunità locali e dei soggetti sociali esponenziali di determinati territori alla vita della scuola – sono, ormai da un decennio, in una avvilente situazione di depotenziamento. E ciò perché dal marzo 1997 (Legge n. 59) se ne attende la riforma; ma nella lunga attesa dell’evento non ci si è nemmeno preoccupati di governare la transizione. Di più: si è verificata l’incredibile situazione, in uno Stato di diritto, di Istituzioni che hanno continuamente ignorato che fino a quando una legge non viene sostituita vige sempre la precedente. Infatti un decreto di riforma varato dal Governo nel giugno del 1999 (n. 233) – non condiviso non soltanto dai Presidenti dei Distretti, ma anche dalle Associazioni dei Genitori e criticato dal Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione e dalle Regioni – è stato stoppato nel 2001, prima della sua entrata in vigore, dal nuovo Governo che riceveva delega dal Parlamento ad emettere un nuovo provvedimento di riforma, entro il dicembre 2003. E ciò “tenendo conto sia della riforma federalista dello Stato, sia di un necessario cambiamento rispetto all’attuale struttura”. E anche uno “schema di decreto” varato di conseguenza dal Consiglio dei Ministri il 27 novembre 2003, incredibilmente lontano dalla su dichiarata intenzione, è stato poi opportunamente ritirato. E, quindi, nuova delega al Governo perché vi provveda entro la fine di questo mese! Per questo un gruppo di lavoro – costituito da rappresentanti dei Presidenti dei Consigli Scolastici Distrettuali provenienti da ogni Regione del Centro Nord – si è riunito nei giorni scorsi a Noventa Vicentina, presieduto dal loro coordinatore nazionale Angelo Cervati. Ha steso un articolato documento di analisi e di proposta, inviandolo ad ogni livello istituzionale interessato alla vicenda. Denunciate le responsabilità dell’agonica attesa e delle cause della crisi nella quale sono stati indotti i Distretti Scolastici, il documento esamina i motivi del fallimento degli incongrui tentativi di riforma fin qui avanzati e si conclude indicando le attese. Richiamato il mutato quadro legislativo di riferimento, il documento ritiene che ora il Decreto riformativo del Governo – per gli organi collegiali di livello regionale e locale – debba avere le caratteristiche di una legge quadro che ne motivi la necessità con riferimento agli articoli 3 (partecipazione) e 5 (decentramento e autonomia) della Costituzione, esplicitando per loro i compiti riferibili alle competenze esclusive dello Stato per la scuola; individuandoli per tali materie come siti terminali di proposta, consulenza, specola per la qualità della scuola, monitoraggio e informazione. Per la loro gestione si richiede l’indicazione di una partecipazione non indistinta, senza blocchi autoreferenziali o parasindacali; equilibrata tra le rappresentanze delle Regioni e degli Enti Locali, delle Istituzioni scolastiche, dei genitori e degli studenti, dei soggetti esponenziali del territorio. Alle Regioni dovrebbero essere demandati il dimensionamento per ambiti funzionali degli organi locali sub-provinciali; la loro attivazione, organizzazione e controllo; l’ampliamento dei compiti di consulenza, proposta, supporto operativo per le deleghe in materia scolastica trasferite o in via di trasferimento con la riforma federale a loro e agli Enti Locali. Per il documento tali nuovi organi potranno essere sede di conferenze di servizio, pilotate dagli Enti Locali, per l’esercizio associato delle loro funzioni per la scuola, per il coordinamento di attività non concorrenziali tra i vari Centri Territoriali; ed essere anche osservatori d’area per il dimensionamento e la completezza del servizio scolastico e per l’integrazione tra istruzione e formazione professionale in un determinato ambito territoriale, oltre che siti di riferimento per l’attivazione in rete di particolari progetti finalizzati attivati dalle Regioni ed Enti Locali. Dovrebbero essere soprattutto le Regioni, insomma, in accordo con gli Enti Locali, a pilotarne la funzionalità, anche con la dotazione delle sedi, organico e finanziamento normale, ampliabili con ulteriori risorse secondo la loro richiesta di funzioni aggiuntive o correlate alla capacità progettuale condivisa di ciascun organo locale.
03 Agosto 2005 Il Coordinatore Nazionale Angelo Cervati ------------------------------------ I CONSIGLI SCOLASTICI DISTRETTUALI E LA RIFORMA DEGLI ORGANI COLLEGIALI TERRITORIALI “PER LA SCUOLA” L’AGONICA ATTESA
Che gli organi collegiali definiti territoriali, ma allora chiamati della scuola - e, in particolare i Consigli Scolastici Distrettuali – così come finalizzati e regolamentati all’interno del D.P.R. 416 del 1974 e ribaditi dal D.L.vo 297 del 1994 - abbiano dimostrato con il tempo, per cause endemiche ed eccentriche, la necessità di essere riformati è cosa nota e condivisa. Anche se tali cause, in alcune sedi vengono lette con interessata parzialità. Tra i primi ad introdurre questa esigenza sono stati proprio gli operatori impegnati in tali organismi, con il realismo e l’onestà intellettuale di chi volontaristicamente - e, dunque, senza rendite di posizione da difendere – ha sul campo praticato la loro esperienza. E ciò fin da quando i Presidenti dei Consigli Scolastici Distrettuali riuniti in convegno ad Orvieto si sono dati, nel 1994, un Coordinamento Nazionale che, da allora, li ha ripetutamente riconvocati in assise nazionali e regionali per produrre unanimi documenti di proposta, continuamente aggiornati rispetto all’evolversi delle situazioni e puntualmente spediti ai poteri istituzionali di turno competenti a decidere. Fino al 1997 le proposte per tale riforma sono state di competenza del Parlamento; e diversi gruppi parlamentari hanno presentato in proposito disegni di legge che, anche per la loro contraddittorietà, non sono mai giunti a conclusione. Poi – con la Legge n. 59 del 15 marzo 1977 - a tale incombenza è stato delegato il Governo che doveva provvedervi per Decreto entro sei mesi “valorizzando l’autonomo apporto delle varie componenti “. Invece i suggerimenti documentati e proposti dall’esperienza dei presidenti dei Consigli Scolastici Distrettuali sono rimasti inascoltati e, dopo due anni dalla delega, dal Governo usciva il contestato D. L.vo di riforma n. 233 del 30 giugno 1999, che doveva entrare in vigore dal 1° settembre 2001. Tenendo conto delle osservazioni del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione e delle critiche delle Associazioni dei Genitori e del Coordinamento Nazionale dei presidenti dei Consigli Distrettuali, un nuovo Governo stoppava l’entrata in vigore del D. L.vo 233/99, presentando il disegno di legge 411 del 23 novembre 2001 – convertito in L. 137 il 6 luglio 2003 - che gli dava nuova delega “ad emanare, entro 18 mesi, uno o più decreti legislativi, anche correttivi o modificativi” del D. L.vo 233/99. Al limite della scadenza di tale delega, il 27 novembre 2003, il Consiglio dei Ministri licenziava uno frettoloso “schema di decreto legislativo” per l’attesa riforma, il quale - nuovamente contestato dalle parti interessate ed anche dalle Regioni - non è stato trasformato, nei tempi dati, in decreto operativo. Conseguentemente – con la L. 186 del 27 luglio 2004 (art. 2, comma 2) il Governo ha ottenuto una nuova delega per attuare la riforma di cui si tratta entro 12 mesi e cioè entro l’agosto 2005. L’aver responsabilmente indicato la necessità della riforma degli organi in questione ha prodotto – nella lunga decennale attesa dell’evento – la beffarda conseguenza di vederli progressivamente messi prima in stand-by e poi in una avvilente inerzia. Gran parte delle istituzioni di riferimento (scolastiche ed amministrative regionali e locali) , a causa – o con il pretesto – di quello che con il cambiamento tali organi potevano essere, hanno ritenuto, per intanto, di ignorarli. Tanto più per il fatto che, nel frattempo, per i Consigli Scolastici Distrettuali si consumava la possibilità di un’autonoma capacità funzionale. - 2 - LE CAUSE DELLA CRISI
QUELLE ECCENTRICHE . . .
All’ombra di quella che doveva essere la loro imminente riforma, per gli organi locali: > non si sono più rinnovati i consigli di amministrazione dal 1996 e, dunque, lungo l’estenuante prorogazio, si sono via via svuotati di rappresentanti di alcune componenti: dei genitori e degli studenti in particolare, man mano che si concludevano i cicli scolastici di loro pertinenza; con gli esponenti degli enti locali imbarazzati per il fatto che, nel frattempo, si erano più volte succedute nuove amministrazioni rispetto a quelle che li avevano nominati; e con i rimanenti demotivati a chiedersi che senso aveva la loro permanenza in una situazione degradata ed umiliante; > venivano sempre più ridotte ed infine annullate le disponibilità finanziarie; > e, con la Legge (finanziaria) n. 289 del 2002, si disponeva che il personale amministrativo in servizio presso i Distretti Scolastici doveva rientrare alle scuole di appartenenza entro il 1° settembre 2003; e quasi nessuna conseguenza ha trovato la circolare del M.I.U.R. n. 15269 del 27 ottobre 2003 che cercava di riparare indicando alle Direzioni Regionali e ai C.S.A. provinciali di trovare soluzioni tampone con personale A.T.A. a tempo parziale o con quello fuori ruolo: mettendo così in crisi le superstiti attività in atto ed esponendo a rischi impropri gli amministratori. Per di più, e ancor prima, il ruolo di tali organi territoriali locali veniva eroso anche dalla sovrapposizione di norme che hanno stratificato i loro compiti su diverse altre agenzie: come, ad esempio, per l’orientamento, l’educazione degli adulti, i rapporti scuola-territorio; o perché si ignoravano perfino direttive ministeriali: come, ad esempio, la n. 487 del 1997 che li voleva nel ruolo di ‘Osservatori d’area’ e che gli allora Provveditorati non hanno, quasi dappertutto, mai attuati.
. . . E QUELLE ENDEMICHE
Per un corretto giudizio sulle cause che nel tempo hanno depotenziato il ruolo e l’attività dei Consigli Scolastici Distrettuali occorre considerare anche quelle provocate dal loro iniziale impianto: anche per trarre dall’esperienza conseguenze logiche per la loro riforma: > sono nati secondo una contraddittoria impostazione concettuale: definiti ‘territoriali’ e deliberati per ambiti dalle Regioni, ma dipendenti dalla struttura della Pubblica Istruzione, con il risultato che Regioni ed enti locali (la territorialità) erano indotti a considerarli una cesura burocratica (organi della scuola) piuttosto che una entità per la scuola; > sono stati dotati di Consigli di Amministrazione elefantiaci e, quindi, di complessa gestione; > hanno avuto competenze genericamente enciclopediche, ma scarsamente cogenti; > non hanno mai usufruito di un organico stabilmente dato; > hanno avuto un finanziamento incerto, variabile di anno in anno e decrescente, e, dunque, con una conseguente aleatoria e sempre più esigua capacità progettuale.
- 3 –
I FALLITI TENTATIVI DI RIFORMA
IL D. L.VO 233/1999
Il 30 giugno 1999 interveniva il D. Leg.vo del Governo n. 233 recante la riforma degli Organi Collegiali Territoriali. Eliminato il Consiglio Scolastico Provinciale li ‘riorganizzava’ su tre livelli: - il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione; - i nuovi Consigli Regionali dell’Istruzione; - i Consigli Scolastici Locali al posto dei Consigli Scolastici Distrettuali. Il provvedimento è stato criticato dal Consiglio Nazionale della P.P. e contrastato dalle Associazioni dei Genitori e, unitariamente, dal Coordinamento Nazionale che rappresenta i Presidenti dei Consigli Scolastici Distrettuali; perché: > incoerente con la l. 59/1977 quanto a competenze per la scuola dalla stessa già trasferite a Regioni ed Enti Locali; > ancora incernierato nel centralismo dell’amministrazione scolastica; > riportava per i vari livelli degli organi regionali e locali l’impianto di una partecipazione indistinta e squilibrata; > escludeva dal livello regionale sia i genitori che la Regione; > rendeva confusa e sovrapponibile l’attivazione e il dimensionamento dei nuovi Consigli Scolastici Locali; > prevedeva, per questi ultimi, compiti di mera consulenza (se richiesti) e di proposta, privata, però, anche dell’obbligo di un qualsiasi riscontro. Tuttavia tale provvedimento non è entrato in vigore.nel termine dato del settembre 2001. LO ‘SCHEMA’ DI D. LEG.VO DEL 27 NOVEMBRE 2003
Infatti, già prima di tale scadenza, il nuovo titolare del M.I.U.R. inseriva nel suo programma “che rispetto agli organi collegiali territoriali si renderà necessaria una proroga alla loro costituzione prevista per il prossimo settembre, per una indispensabile revisione che tenga conto sia della riforma federalista dello Stato, sia di un necessario cambiamento rispetto all’attuale struttura”. Poi, con delega del Parlamento (L. 137 del 6.7.2002), il Governo doveva provvedere a tale revisione entro il dicembre 2003. E il 27 novembre 2003 il Consiglio dei Ministri licenziava uno ‘schema di di riforma’ di vecchio stampo quanto a struttura, finalità e gestione; incredibilmente lontano dalle premesse dichiarate dal Ministro e clamorosamente carente rispetto al quadro di riferimento giuridico-istituzionale mutato nel frattempo. Al punto che non soltanto,di nuovo, il C.N.P., le Associazioni dei Genitori e il Coordinamento Nazionale dei presidenti dei Consigli Scolastici Distrettuali lo ritenevano inadeguato, ma anche la Conferenza Stato-Regioni ha chiesto al Ministro il ritiro di tale schema, una proroga della delega e l’apertura di un tavolo di confronto interistituzionale tecnico politico per il riesame dell’intera materia. Nuova proroga della delega che il Governo ha ottenuto con la L 186 del 29./. 2004 e che scade nell’ agosto 2005. - 4 - PARADOSSALI OMISSIONI Intanto – dichiarato per legge “da correggere o modificare” il Decreto 233/1999; preso atto che ciò non avverrà – e speriamo che avvenga – fino all’agosto del 2005 e mettendo in conto i tempi e i modi di attuazione della riforma – è da un decennio che gli attuali organi territoriali scontano gravissime omissioni in nome dell’attesa. Nonostante che anche ogni ipotesi di riforma prevedesse, come è logico, che la sostituzione degli attuali organi avvenisse con l’attivazione dei nuovi riformati, si è assistito al singolare paradosso di istituzioni che, pur in mancanza di compiute innovazioni legislative, si sono arrogate il diritto di ignorare o sospendere l’applicazione di leggi già esistenti. Da tempo, infatti, si sorvola sul fatto che l’impianto giuridico degli Organi Territoriali dato dal D.P.R. 416/1974, non sostituito da alcun provvedimento legislativo entrato in vigore, è ancora una legge da rispettare: in quanto a soggetti, livelli, compiti, responsabilità , dinamiche relazionali. ED ORA QUALE RIFORMA? Mutato il quadro legislativo-istituzionale di riferimento: - con la L. 59/1997 e il conseguente D. Leg.vo attuativo 112/1998; e con il regolamento dell’autonomia n. 275 del 1999; - con la sentenza n. 13 del 2004 della Corte Costituzionali che afferma come siano già formali le competenze conferite alle Regioni dai predetti provvedimenti, per cui ne consegue – in attesa del federalismo fiscale – che anche ciò che lo Stato garantisce ora in risorse umane e finanziarie per la scuola devono essere trasferite alle Regioni e non all’ufficio scolastico regionale; - con la L. Costituzionale n. 3 del 18.10.2001 (che novella l’art. 117 della Costituzione) la quale già distingue i livelli di potestà legislativa Stato-Regioni; - con la riforma federalista che prevede fra l’altro una potestà legislativa esclusiva delle Regioni per l’organizzazione scolastica; pare evidente che l’impianto riformatore degli organi di cui si tratta non possa più essere del tipo di quelli tentati recentemente. E da presupporre che ora, in tale materia, il Decreto riformatore di competenza del Governo normi in modo compiuto i Consiglio Nazionale dell’Istruzione e della Formazione; dettando, invece, per i Consigli Scolastici Regionali e per quelli Locali i principi fondamentali, le norme generali e i livelli essenziali delle partecipazioni e delle prestazioni, lasciando alle Regioni la determinazione degli ambiti territoriali sub-provinciali dei Consigli scolastici locali; la loro regolamentazione; il loro controllo; la loro organizzazione e la possibilità di ampliarne funzioni di supporto al servizio delle proprie competenze, di quelle degli Enti Locali e a sostegno dell’autonomia delle Istituzioni Scolastiche. Nel mutato quadro legislativo-istituzionale sembra logico che concettualmente gli Organi regionali e Locali, con il nuovo Decreto del Governo, non debbano più essere definiti della scuola, ma per la scuola : con riferimento agli artt. 3 (partecipazione), 5 (decentramento e autonomia) e nuovo art 117 della Costituzione e ai contenuti della Riforma Federale per quanto attiene ai livelli delle competenze per la scuola.. Sembra, allora che – così ispirato - il Decreto riformativo del Governo – per gli organi di livello regionale e locale – debba avere le caratteristiche di un ‘provvedimento quadro’ Un aggiornato ed operativo principio di non indistinta partecipazione dovrebbe impedire la presenza nei Consigli e nelle eventuali Giunte di blocchi autoreferenziali (da escludere ogni ruolo parasindacale), ma indicarne i livelli essenziali con un criterio di equilibrata percentuale rappresentanza: - 5 - - delle Regioni e degli Enti Locali (a seconda dei livelli territoriali); - delle Istituzioni Scolastiche; - dei genitori e degli studenti; - dei soggetti esponenziali del territorio. E ciò senza indicazioni obbligatorie per la loro Presidenza evitando anche l’irrazionale ipotesi di una presidenza del Consiglio distinta da quella di una eventuale Giunta. Quanto ai compiti degli Organi Regionali e Locali il provvedimento nazionale dovrebbe esplicitamente indicare quelli riferibili alle competenze esclusive dello Stato per la scuola, individuandoli, per tali materie, come siti terminali di proposta e di consulenza, di specola per la qualità della scuola, di monitoraggio e di informazione. Dichiarando, invece, che spetta alle Regioni: - l’ampliamento dei compiti di consulenza, proposta e di supporto operativo con riferimento alle deleghe esclusive per la scuola in capo alle Regioni e agli Enti locali: sede di conferenze di servizio, pilotate dagli Enti Locali, per l’esercizio associato delle funzioni; per il coordinamento di attività non concorrenziali dei vari Centri territoriali (di servizio, di integrazione, per gli adulti, ecc.); osservatori d’area per il dimensionamento e la compiutezza del servizio scolastico e per l’integrazione tra istruzione e formazione professionale in un determinato ambito territoriale; per l’attivazione in rete di particolari progetti finalizzati. - il dimensionamento degli Organi Locali sub-provinciali per ambiti funzionali; - la loro attivazione e controllo; - la dotazione di sedi; del finanziamento e dell’organico normale degli Organi Locali; con possibilità di flessibili ampliamenti delle dotazioni delle risorse finanziarie e di addetti correlate alla loro capacità progettuale condivisa. Giugno 2005.
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