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FISH: Disabilità e federalismo
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1. FISH: Disabilità e federalismo
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Disabilità e federalismo: le aspettative delle persone con disabilità e delle loro famiglie nelle prossime elezioni regionali

La prossima tornata elettorale riguarda la scelta di 15 Governi ed assemblee regionali su 20. Si tratta di una consultazione che assume una valenza politica nazionale per l’estensione e la vicinanza alla competizione elettorale del 2006. I temi propri di questo turno rischiano di essere offuscati dall’invadenza della polemica politica più rilevante per la comunicazione mass mediatica. L’influenza di questa sull’opinione pubblica, sospinge i cittadini elettori nel vortice di una scelta ridotta ad un referendum sull’azione del governo attualmente in carica. Il federalismo che rende più prossimo il governo della cosa pubblica al cittadino, da più parti predicato, non è praticato sicuramente sul piano elettorale. Gli spazi per affrontare i temi delle comunità regionali con i loro tratti caratteristici, sono relegati a sistematici annunci di nuovi progetti connotati da estrema parzialità. Non affrontano i nodi della vita della comunità locale, della crescita della coesione sociale, dei diritti e dei doveri di cittadinanza, della non discriminazione e della pari opportunità. La riforma del Titolo V della Costituzione varata nel 2001, ha restituito ai cittadini nuovi assetti istituzionali che consegnano alla dimensione territoriale nuovi poteri. La tornata elettorale delle regionali 2005 è la prima dopo una rivoluzione di tale portata. Come riconosciuto da più parti, la Corte Costituzionale è sommersa di ricorsi delle regioni contro provvedimenti dell’Amministrazione centrale, ed anche l’impugnazione di statuti regionali da parte del Consiglio dei Ministri testimonia la delicatezza dell’attuale circostanza storica.

I cittadini con disabilità e familiari con figli e parenti disabili, invece, percepiscono appieno il passaggio e si preoccupano della confusa situazione istituzionale e delle fughe della politica verso la polemica puramente ideologica. Temono che il disordine riporti indietro le lancette dell’orologio che segna l’universalità dei diritti e le politiche di inclusione sociale. Paventano che le ambiguità istituzionali possano limitare l’uniformità degli interventi diretti a garantire le scelte di vita della singola persona o, laddove non in grado, quelle della loro famiglia, a favore di facili scorciatoie o, peggio, di consorterie localiste verso forme di segregazione, nuovi e più moderni istituti che offrono solo il congelamento della persona verso la morte. Il sospetto è corroborato da una linea di tendenza che afferma stanchezza nei confronti di norme nazionali rimaste ampiamente inapplicate anche grazie alla confusione dell’assetto istituzionale federalista. Si tende a operare una forzatura contrapponendo il pragmatismo di ciò che è possibile alla presunta utopia di splendidi principi. I segnali sono forti ed allarmanti e ne produciamo esempi nelle aree di intervento che caratterizzano la scelta di valorizzazione della partecipazione alla vita della comunità delle persone con disabilità.

1. L’insofferenza verso l’inadeguatezza dell’organizzazione dell’integrazione scolastica che corrisponde alla riduzione delle ore di sostegno da parte dei nuovi Uffici Scolastici Regionali e la nascita delle scuole “polo” specializzate, con una scelta non dichiarata di ritorno a forme di segregazione.
2. La contrazione delle prestazioni di riabilitazione ambulatoriale e diurna, privilegiando e promuovendo la degenza in centri, lungodegenze o residenze sanitarie.
3. Il ribaltamento dell’idea stessa da cui sorge l’esigenza del “dopo di noi”, verso il disimpegno obbligato delle famiglie a causa dell’età ed il contestuale ricorso a nuove residenzialità protette dotate di un numero di ospiti spesso superiore a sei-otto unità, che non può certo definirsi “casa famiglia” oppure “gruppi appartamento”.
4. La spinta verso l’occupazione in cooperative sociali spesso improduttive ed assistite da contribuzioni pubbliche a fondo perduto, dando origine a nuovi “laboratori protetti” e la cultura che vuole trasformare il concetto di collocamento mirato nei luoghi ordinari di lavoro (legge 68/99) in quello di segregazione obbligata di una cooperativa sociale (art. 14 della legge Biagi).
5. L’eliminazione delle specifiche risorse nazionali per le attività dirette all’autonomia individuale come la legge 162/98 e la 13/89, senza che gran parte delle regioni se ne sia fatto carico.
6. L’incertezza delle risorse determinata dalla riduzione del fondo nazionale per le politiche sociale, dei trasferimenti agli enti locali e della mancata approvazione della proposta di legge sul fondo per i nonautosufficienti con la conseguenza di un restringimento dei servizi di inclusione sociale.

L’eventualità del ricorso ad istituti è bandita nel dibattito alle Nazioni Unite sulla “Convenzione sui diritti umani delle persone con disabilità”, il quale si concentra sull’idea che vi sia una violazione dei diritti fondamentali dell’uomo, qualora si ricorra a qualunque forma di tutela giuridica che porta alla restrizione della libertà, giudicandola del tutto fuori luogo per cittadini che non hanno commesso alcun reato, come le persone con disabilità. Il conseguente approccio alla disabilità quale questione di sicurezza sanitaria pubblica è ormai improponibile. E’ avvalorata invece la necessità di garantire pari opportunità e non discriminazione alle persone con disabilità ed alle loro famiglie ed è promosso il modello bio-psico-sociale della disabilità attraverso la classificazione Icf dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Le persone con disabilità e le loro famiglie ritengono indispensabile che i candidati ai governi regionali si impegnino a riconoscere la fondatezza di queste preoccupazioni e, ipso facto, la condizione di discriminazione e di mancanza di eguali opportunità in cui permangono le persone con disabilità, i cui diritti sono soggetti alle variazioni delle stagioni politiche ed agli assetti istituzionali.

La Fish, le associazioni aderenti e le articolazioni regionali, chiedono che i candidati riportino con forza al centro dell’azione di governo la persona, e il diritto di scelta del proprio percorso di vita e, qualora non in grado, da parte della loro famiglia, attraverso azioni di valorizzazione dei principi universali sanciti dall’Onu e ripresi nella Costituzione Europea. L’universalità dei diritti va riaffermata a tutti i livelli istituzionali della Repubblica: l’eguaglianza delle opportunità è un principio costituente delle autonomie locali. Il ruolo delle istituzioni regionali è essere interprete principe dei doveri di solidarietà appropriandosi della funzione di promozione dei diritti attraverso l’organicità delle politiche ed il coordinamento interististituzionale, istituto concepito dalla legge 104/92. Solo così la sussidiarietà troverà piena valorizzazione.

La pianificazione e l’organizzazione degli interventi deve essere centrata sulla rimodulazione dell’accesso alle prestazioni ed ai servizi, promuovendo il criterio della presa in carico globale, affinché la persona non sia identificata con la sua patologia o i limiti che ne derivano. Va quindi resa organica la fase valutativa in modo tale da comprendere le funzioni di accertamento delle condizioni di salute e della disabilità, in un'unica unità operativa semplice della medicina legale dei distretti Asl. Attraverso l’adozione di strumenti normativi e di indirizzo regionali, va iniziato il percorso di riforma che generi l’introduzione della classificazione Icf quale nuovo parametro per la fase di determinazione del progetto individuale di vita della persona e conseguentemente l’accesso ai benefici previsti dalle norme in vigore, recuperando funzioni soppresse dall’art.42 legge 326/03.

La modulazione delle attività deve essere resa coerente con la personalizzazione, la domiciliarità e la territorialità degli interventi, integrando la rete dei servizi educativi, socio sanitari, e occupazionali, individuando livelli regionali uniformi trasferibili della qualità e quantità necessaria, elaborando strumenti di programmazione partecipata ed ancorandola alla dimensione territoriale di riferimento sulla quale fondare la pianificazione integrata. La trasferibilità implica una chiara opzione verso l’armonizzazione nazionale delle prestazioni evitando diversificazioni tra regioni fonte di inesorabile ed intollerabile disuguaglianza. La deprecabile mancanza delle definizione dei livelli essenziali di assistenza in attuazione dell’articolo 22 legge 328/00, investe le regioni di una responsabilità diretta nel predisporli e condividerli nell’ambito della Conferenza Unificata.

Va promosso il criterio comunitario dell’accesso a tutto a tutti affinché gli spazi di libertà e le opportunità di esperienze di vita, non siano impedite a persone con disabilità motorie, sensoriali, intellettive e relazionali: ambiente, beni, servizi e reti devono essere totalmente accessibili.

L’impegno di governo del welfare di promozione della partecipazione a concorrere al bene della comunità, comporta precisi ed inequivocabili indirizzi sulle risorse da destinare allo scopo. A fronte di limitazioni di bilancio, è necessario privilegiare la scelta verso il sistema di interventi a favore delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Ciò significa invitare la cittadinanza un patto di solidarietà per far fronte all’istituzione di un fondo specifico per la non autosufficienza che garantisca le necessarie risorse ad evitare ricoveri impropri in degenze sanitarie, i nuovi istituti della segregazione.

Le associazioni delle persone con disabilità e delle loro famiglie richiedono che tutti gli interventi siano indirizzati all’empowerment delle persone con disabilità e delle loro famiglie, rafforzando le capacità individuali di ogni persona con disabilità e garantendo la piena partecipazione alla vita della società. Ciò implica un diverso approccio da parte della comunità a partire dalle istituzioni: le persone con disabilità sono esperte di sé stesse, e nel caso di persone con disabilità intellettiva, lo sono le loro famiglie. Bisogna sancire una volta per tutte che le persone o le loro famiglie sono in grado di autodeterminarsi al pari di qualunque altro cittadino, non solo per sottrarre un carico di responsabilità alla comunità, ma anche per tutelare i loro diritti umani. L’intervento, quindi, va predisposto a partire dalle volontà e dalle aspirazioni della persona o della sua famiglia. Le politiche vanno pianificate con le organizzazioni che li rappresentano, non con forme di consultazione confuse o peggio relegate a funzione decorativa. Va garantita concreta opportunità di partecipazione alle decisioni che riguardano la disabilità ed al controllo della loro pratica attuazione quotidiana.

Per ciò ribadiamo lo slogan-diritto che unisce il movimento delle persone con disabilità e delle loro famiglie a livello mondiale :
Nulla su di noi, senza di noi.


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Mail: redazione@edscuola.com
Date: 11 Mar, 2005 on 09:00
FISH: Disabilità e federalismo
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