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AESPI: Professione docente e prospettive per la stessa
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1. AESPI: Professione docente e prospettive per la stessa
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Il seguente testo rappresenta il contributo fornito dall’AESPI pubblicato sulla rivista “LIBERTA’ DI EDUCAZIONE”

AESPI Associazione Europea Scuola e Professionalità Insegnante

Professione docente e prospettive per la stessa.

Attualmente il lavoro del docente appare umiliato da molti fattori, tra i quali quello economico, pur gravissimo, non è l’ unico e forse non è quello prevalente.
Si pensi all’ aumento vertiginoso di impegni estranei all’ essenza della funzione educativa, quali le interminabili relazioni e le reiterate domande scritte, da predisporre non si sa quando. Infatti per i docenti della scuola italiana l’ orario di servizio è un obbligo, che viene fiscalmente controllato, anche inventando scadenze e riunioni inutili, perché si è sottoposti al trattamento impiegatizio; ma il lavoro deve essere svolto al di fuori di esso, facendo appello alla responsabilità, al senso del dovere e alla cultura . E ancora: verbali su verbali: viene da chiedersi: in quale altro Consiglio, al di fuori degli Organi Collegiali della scuola, i verbalizzatori sono scelti tra i componenti il Consiglio stesso? E il personale amministrativo che ci sta a fare? Ma un amministrativo va pagato, mentre i docenti soltanto possono essere obbligati a lavorare gratis, sottraendo anche tempo ai proprio dovere morale di educatori. Si è voluta sostituire la realtà concreta dell’ incontro dell’ intelligenza libera del docente con l’ intelligenza libera del discente (essenza della scuola) con la avvilente realtà virtuale delle scartoffie.
Si pensi, inoltre, a quanto viene screditata e disattesa la specialistica competenza disciplinare dalle chiacchiere in “didattese” ancora diffuse, nonostante la conclamata autonomia scolastica; si ha purtroppo motivo di temere che questi vaniloqui continueranno a tenere banco, se non verrà corretto quanto previsto circa la formazione dei futuri insegnanti dal disegno di legge governativo (la cosiddetta “bozza Moratti”), che sembra privilegiare la preparazione in ambito pedagogico-didattico rispetto alla solida padronanza dei contenuti.
Si pensi, anche, alla continua assegnazione alla scuola, e quindi agli insegnanti, di compiti ad essa estranei (educazione stradale, educazione alimentare, e così via), per coprire l’ incapacità di altri.
Si pensi, ancora, al frustrante senso di impotenza, aggravato da minacciosi presentimenti, provocato dalle interferenze della giustizia amministrativa (TAR), di fatto incompetente nel merito: ne è causa la riduzione di atti culturali e educativi (quali, ad esempio, promozione o bocciatura) a banali atti amministrativi. E questo potrebbe essere un motivo per spezzare una lancia in favore dell’ abolizione del valore legale del titolo di studio.
Si pensi, infine, alla preponderante presenza, negli organi di governo delle istituzioni scolastiche, di altre componenti, che pur essendo meno competenti e pur avendo per l’ istituzione stessa un interesse solo contingente, potrebbero addirittura risultare in maggioranza, almeno stando ai progetti attualmente allo studio.
E si potrebbe continuare.

Quali le prospettive per la professione stessa?

Se la via delle riforme intrapresa dal Governo della Casa delle libertà riuscirà a liberarsi dalle incertezze e dai residui pregiudizi ideologici ereditati dai Governi precedenti, si potrà ben sperare. Certamente il cammino per un cambiamento positivo sarà lungo e non privo di rischi. Molto dipenderà da quanto gli insegnanti stessi riusciranno ad incidere, anche mediante la loro serietà e preparazione, sulla mentalità e sul costume.
E’ comunque necessario, nonostante l’ interesse contrario di quei sindacati “storici” che tanta parte hanno avuto nel ridurre in questa penosa condizione la categoria, che si riesca ad ottenere per i docenti una contrattazione separata rispetto al comparto “pubblico impiego”, come riconoscimento di una specificità del loro status professionale, che non può venir ulteriormente confuso con mansioni esecutive.
Questo è un piccolo passo verso un’ ideale di professione sempre più libera, anche con l’ assunzione delle responsabilità conseguenti (non avrebbe senso aver trasformato i Presidi in Dirigenti, se gli insegnanti non fossero considerati Professionisti!).
Come per tutte le categorie di professionisti, bisogna prevedere quello che qualcuno ha denominato “organismo autonomo della docenza”, che per noi si identifica con l’ Ordine Professionale, strumento di autogoverno della categoria per eccellenza: esso dovrà avere una parte determinante nel reclutamento dei docenti (garantendo la serietà dei concorsi), nella salvaguardia della deontologia professionale e nella valutazione; potrà inoltre dare un contributo alla formazione in servizio e all’ aggiornamento, alla redazione dei programmi nazionali e ad altro ancora. In definitiva, in questo momento di cambiamenti istituzionali e di passaggio di poteri, l’ Ordine Professionale dei docenti dovrà essere in grado di assumere, al pari degli altri “corpi intermedi”, quelle competenze che la situazione richiede.

Per l’ AESPI:
Il Presidente
Prof. Angelo Ruggiero

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Sintesi dell’ intervento del Prof. Giuseppe Manzoni di Chiosca a nome dell’ AESPI
al workshop del 18 aprile
“Formazione e carriera degli insegnanti”

• Per quanto riguarda la formazione, prendendo le distanze da altri intervenuti nel dibattito, l’ esperienza degli ultimo decenni della scuola italiana mi ha insegnato a diffidare delle troppe chiacchiere sulla “didattica” a scapito della seria competenza disciplinare.
In un nostro documento a commento della cosiddetta “bozza Moratti” (cioè, sostanzialmente, del disegno di legge governativo) scrivevamo: “la parte dedicata alla formazione iniziale dei docenti suscita invero qualche allarme là dove prefigura una “laurea specialistica” che sembra privilegiare la preparazione in ambito pedagogico-didattico rispetto alla solida padronanza dei contenuti delle discipline. Si rischia così di formare insegnanti esperti di procedimenti docimologici, padroni di un lessico specialistico capziosamente suggestivo, non ignari di talune nozioni di tecniche di comunicazione, ma in possesso di una preparazione specifica superficiale e dunque incapaci di rispondere in modo adeguato al profondo bisogno di conoscenze che la miglior parte dei discenti possiede e manifesta. Non si vorrebbe, poi, che il fatto che la formazione dei docenti della scuola dell’infanzia, del primo ciclo e del secondo ciclo venga stabilita “di pari dignità e durata” (art. 7, co. 1) prefigurasse di fatto la costituzione del ruolo unico docente, con misconoscimento delle peculiarità di ogni fase evolutiva dell’alunno e delle specifiche competenze necessarie agli insegnanti che intervengono nell’una o nell’altra di queste”.
In questo modo si rischia di eludere dall’ insegnamento gli specialisti più qualificati, che spesso in
passato hanno fatto grande la scuola italiana.

• Per quanto riguarda la carriera, ho apprezzato che la relazione del Prof. Drago si sia soffermata, più che sulla “carriera”, sullo “status” dell’ insegnante: sono d’ accordo con chi mi ha preceduto che gli insegnanti possiedono una elevata professionalità: ma va ancora loro riconosciuta la qualifica di professionisti. Purtroppo ciò è avversato dai “grandi sindacati storici” che vogliono continuare a schiacciarci, tanto che attualmente stanno facendo opposizione alla giusta e annosa richiesta della categoria per una contrattazione separata: ancora una volta i “grandi sindacati storici” (che non sono tutti i sindacati) si stanno dimostrando i nemici della categoria e della scuola.
Naturalmente la contrattazione separata è un punto di partenza necessario, ma non basta: l’ insegnante non deve più essere considerato un impiegato (e non deve lui stesso coltivare una mentalità impiegatizia) , ma un professionista libero a tutti gli effetti.
Nel testo sulle prospettive della professione docente inviato alla rivista “Libertà di educazione” per gli Atti del Convegno di Diesse di Bellaria, il nostro Presidente, Prof. Angelo Ruggiero, scrive:
“E’ comunque necessario, nonostante l’ interesse contrario di quei sindacati “storici” che tanta parte hanno avuto nel ridurre in questa penosa condizione la categoria, che si riesca ad ottenere per i docenti una contrattazione separata rispetto al comparto “pubblico impiego”, come riconoscimento di una specificità del loro status professionale, che non può venir ulteriormente confuso con mansioni esecutive. Questo è un piccolo passo verso un’ ideale di professione sempre più libera, anche con l’ assunzione delle responsabilità conseguenti (non avrebbe senso aver trasformato i Presidi in Dirigenti, se gli insegnanti non fossero considerati Professionisti!).Come per tutte le categorie di professionisti, bisogna prevedere quello che qualcuno ha denominato “organismo autonomo della docenza”, che per noi si identifica con l’ Ordine Professionale, strumento di autogoverno della categoria per eccellenza: esso dovrà avere una parte determinante nel reclutamento dei docenti (garantendo la serietà dei concorsi), nella salvaguardia della deontologia professionale e nella valutazione; potrà inoltre dare un contributo alla formazione in servizio e all’ aggiornamento, alla redazione dei programmi nazionali e ad altro ancora. In definitiva, in questo momento di cambiamenti istituzionali e di passaggio di poteri, l’ Ordine Professionale dei docenti dovrà essere in grado di assumere, al pari degli altri “corpi intermedi”, quelle competenze che la situazione richiede.”
Ricordo che, sull’ istituzione dell’ Ordine Professionale dei docenti, è stata presentata alla Camera dei Deputati nell’ attuale legislatura una proposta di legge, la n.749, d’ iniziativa dell’ On. Angela Napoli.


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Mail: redazione@edscuola.com
Date: 17 Nov, 2003 on 23:26
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