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LEGAMBIENTE SCUOLA NEWS N. 20, OTTOBRE 2003
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1. LEGAMBIENTE SCUOLA NEWS N. 20, OTTOBRE 2003
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LEGAMBIENTE SCUOLA NEWS N. 20, OTTOBRE 2003
Notizie e commenti sul mondo della scuola

Indice
La scuola che cambia
Una mobilitazione per la scuola
Il nostro primo congresso nazionale
Agenda

1. La scuola che cambia

Nel febbraio scorso abbiamo pubblicato il dossier “La scuola pubblica si smonta” (consultabile sul sito www.legambiente.com/canale6/scuola) con cifre e commenti sui tagli avvenuti negli ultimi anni ai danni della scuola pubblica italiana, determinati dagli interventi operati dai governi sia attraverso le finanziarie sia attraverso lo strumento dell’articolazione delle voci di spesa (circolari, direttive…). Ne è scaturito un quadro molto preoccupante che ha visto un consistente taglio di struttura (del numero di classi, dell’organico dei docenti e del personale ATA…) e un calo significativo degli investimenti in settori nevralgici come l’handicap, l’arricchimento dell’offerta formativa, le nuove tecnologie...

Successivamente abbiamo voluto andare a verificare quali fossero gli effetti di quei tagli nella vita quotidiana delle scuole. Abbiamo, così, avviato un’indagine nazionale “La scuola che cambia”, realizzata attraverso un questionario che, nella scorsa primavera, abbiamo mandato alle oltre 10.000 istituzioni scolastiche italiane. Hanno risposto 1332 scuole. Ne è scaturita una grande fotografia dei cambiamenti in atto, a partire dall’autonomia scolastica che ha costretto le scuole a ripensarsi come organizzazione e “comunità educante”. Abbiamo raccolto informazioni sui cambiamenti nell’organizzazione delle attività, nelle relazioni interne, nelle disponibilità di risorse, quei cambiamenti che, comunque, si traducono in qualità della scuola.

Uno strumento come il questionario, ovviamente, non può registrare quei cambiamenti di clima, sottili e quasi impalpabili, che pure nella professione dell’insegnante sono così decisivi, che riguardano la gratificazione, la stima di sé come professionista, l’entusiasmo o l’appiattimento nella abitudine. Ma quel clima è in larga parte determinato dai minuti cambiamenti (o non – cambiamenti) che modificano il quotidiano, ed è a questi che abbiamo rivolto la nostra attenzione.

Indice
Paragrafo 1: - Le scuole: una fotografia
Paragrafo 2: - Finanziarie e dintorni

Paragrafo 3: - Organizzare il sistema

Paragrafo 4: - RSU e sicurezza

Paragrafo 5: - La vecchia “novità” dell’inglese…

Paragrafo 6: - … e dell’informatica

Appendice A: - Tutti i dati nazionali… (consultabile sul sito www.legambiente.con/canale6/scuola )

Appendice B: - … e quelli Regione per Regione (consultabile sul sito www.legambiente.con/canale6/scuola )

In allegato i risultati dell’indagine nazionale.

2. Una mobilitazione per la scuola

Cgil, Cisl e Uil hanno indetto una manifestazione nazionale sulla scuola che si terrà a Roma il prossimo 29 novembre, a difesa e per il rilancio della scuola pubblica, con modalità che verranno definite dalle organizzazioni di categoria, insieme a tante associazioni che si battono per una scuola di qualità.

3. Il nostro primo congresso nazionale

Si è svolto a Roma il 3 e 4 ottobre scorso il nostro primo congresso nazionale. Molti i presenti e qualche decina gli invitati che sono intervenuti nel merito, pur con differenti punti di vista, sui temi posti alla discussione nelle due sessioni di lavoro: “Dopo Cancun: l’istruzione tra merce e valore sociale” e “Educazione e apprendimento, dentro e fuori la scuola”. Presenti molte associazioni professionali, sindacati, esponenti di partito… segno evidente dell’attenzione rivolta alla nostra proposta culturale e al ruolo che la nostra associazione va assumendo all’interno della discussione sulle politiche scolastiche.

4. Agenda

31 ottobre 2003: “Il Leone e l’Acquario – Tra le due sponde del Mediterraneo”, seminario nazionale promosso da Movimento Ecologista e QualEnergia. Il binomio energie rinnovabili/idrogeno sta riscuotendo sempre maggior attenzione non soltanto dagli addetti ai lavori. Imprese, governi, ambientalisti stanno ponendo in tutto il mondo la questione all’ordine del giorno. Un grande progetto di energia sostenibile, di innovazione tecnologica, di risposta a bisogni sociali ed economici tra le due sponde del Mediterraneo è possibile. Il seminario intende esaminarne i prerequisiti tecnici, economici, industriali, ambientali e politici. – Camera dei Deputati Sala della Sacrestia – Vicolo Valdina 3 – Roma – ore 9.00 – 14.00

5 novembre 2003: presentazione del volume “Evaluation of Competencies Environmental Education” – Atti del 1° Meeting Transnazionale del Progetto TEPEE – Legambiente Nazionale Via Salaria 403, Roma - ore 15.00 – 18.00


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2. DOSSIER
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DOSSIER

LA SCUOLA CHE CAMBIA
Indagine nazionale

Cifre, dati, commenti
sui cambiamenti in atto nella scuola

Settembre 2003

INDICE

PREMESSA
IL QUADRO D’INSIEME
L’INDAGINE NAZIONALE
Paragrafo 1: - Le scuole: una fotografia
Paragrafo 2: - Finanziarie e dintorni
Paragrafo 3: - Organizzare il sistema
Paragrafo 4: - RSU e sicurezza
Paragrafo 5: - La vecchia “novità” dell’inglese…
Paragrafo 6: - … e dell’informatica
Appendice A: - Tutti i dati nazionali…
Appendice B: - … e quelli Regione per Regione

A cura di
Legambiente Scuola e Formazione

Legambiente Scuola e Formazione, Via Salaria 403 – 00199 Roma
Tel 06.86268350 – Fax 06.86268351 – e-mail legambiente.scuola@tiscali.it

LA SCUOLA CHE CAMBIA

PREMESSA

Nel febbraio scorso abbiamo pubblicato il dossier “La scuola pubblica si smonta” (consultabile sul sito www.legambiente.com/canale6/scuola) con cifre e commenti sui tagli avvenuti negli ultimi anni ai danni della scuola pubblica italiana, determinati dagli interventi operati dai governi sia attraverso le finanziarie sia attraverso lo strumento dell’articolazione delle voci di spesa (circolari, direttive…). Ne è scaturito un quadro molto preoccupante che ha visto un consistente taglio di struttura (del numero di classi, dell’organico dei docenti e del personale ATA…) e un calo significativo degli investimenti in settori nevralgici come l’handicap, l’arricchimento dell’offerta formativa, le nuove tecnologie...
Successivamente abbiamo voluto andare a verificare quali fossero gli effetti di quei tagli nella vita quotidiana delle scuole. Abbiamo, così, avviato un’indagine nazionale “La scuola che cambia”, realizzata attraverso un questionario che, nella scorsa primavera, abbiamo mandato alle oltre 10.000 istituzioni scolastiche italiane (consultabile sul sito www.legambiente.com/canale6/scuola). Ne è scaturita una grande fotografia dei cambiamenti in atto, a partire dall’autonomia scolastica che ha costretto le scuole a ripensarsi come organizzazione e “comunità educante”. Abbiamo raccolto informazioni sui cambiamenti nell’organizzazione delle attività, nelle relazioni interne, nelle disponibilità di risorse, quei cambiamenti che, comunque, si traducono in qualità della scuola.
Uno strumento come il questionario, ovviamente, non può registrare quei cambiamenti di clima, sottili e quasi impalpabili, che pure nella professione dell’insegnante sono così decisivi, che riguardano la gratificazione, la stima di sé come professionista, l’entusiasmo o l’appiattimento nella abitudine. Ma quel clima è in larga parte determinato dai minuti cambiamenti (o non – cambiamenti) che modificano il quotidiano, ed è a questi che abbiamo rivolto la nostra attenzione.

IL QUADRO D’INSIEME

Le risposte che ci sono arrivate ci permettono di disegnare una fotografia molto realistica di cosa concretamente stia succedendo nella vita giornaliera delle scuole italiane, di quali siano le vecchie e nuove difficoltà, i percorsi che si vanno sviluppando, i processi interrotti.
La fotografia è molto realistica perché, come dimostra la tab.1, la distribuzione percentuale nei diversi gradi delle scuole, che hanno risposto al questionario, corrisponde in larga misura alla distribuzione percentuale nell’intero universo scolastico.
Anche in cifre assolute l’indagine risulta molto rilevante: 1.332 istituzioni scolastiche (12,34% delle istituzioni scolastiche italiane), in cui agiscono102.866 docenti e 906.181 studenti.
In questo quadro assume un particolare rilievo il fatto che poco meno del 26% (25,90%) degli istituti sia distribuito su un numero di plessi che varia da 7 a 18, mentre circa il 10% del totale dei plessi (5.208) ha un numero di alunni inferiore a 50, e di questi 281 plessi hanno pluriclassi (267 scuola elementare e 14 scuola media). A conferma che il nodo delle scuole nei Piccoli Comuni non può più essere né sottovalutato nel quadro nazionale, né semplicemente assimilato ai problemi delle grandi scuole di città. Deve ormai essere riconosciuto anche dai decisori politici e a livello sindacale che per l’Italia esiste una dimensione delle “piccole scuole” che va affrontata con strumenti normativi e con risorse finanziarie del tutto originali, certamente non con un approccio ragionieristico, capace solo di rilevare la media nazionale del rapporto alunni docenti

Nel merito, dall’indagine emergono illuminazioni significative su alcune questioni oggi all’ordine del giorno: il tempo scuola, l’organizzazione didattica, l’organizzazione della scuola, l’introduzione dell’inglese e dell’informatica. Illuminazioni che permettono anche di uscire da un po’ troppa propaganda che si è fatta intorno ad alcuni di questi nodi.

Tempo scuola
Nella scuola elementare il tempo pieno coinvolge circa il 48% delle scuole (47,87%), nella scuola media il 58% attua il tempo prolungato e il 46% il bilinguismo. Sono tutti dati che vanno in un’unica direzione: la metà della scuola italiana è orientata ad un tempo scuola disteso, molto lontano da quella riduzione di orario prevista dalla riforma Moratti. Non solo, nel nostro campione è in crescita la richiesta delle famiglie per il tempo pieno / tempo prolungato (la pressione delle famiglie ha portato ad un aumento di classi a tempo pieno / tempo prolungato nel 15% delle scuole), anche se complessivamente il tempo pieno / tempo prolungato è in leggero calo, ed è anche interessante che il calo (16,75%) sia dovuto solo per la metà della quota alla non adesione delle famiglie, la restante quota è determinata dai tagli imposti dalle Direzioni Scolastiche Regionali, che hanno colpito in modo differenziato la scuola elementare, dove si concentra la crescita, e la scuola media, dove i tagli sono ben più decisi. Forse anche questo è un modo per anticipare la riforma, che prevede una netta riduzione di orario proprio nella scuola media.

Organizzazione didattica
Qui sono due i fenomeni da registrare.
Il primo riguarda la figura del maestro prevalente, già oggi possibile, in base alla normativa, nei primi due anni della scuola elementare. Il 73% delle scuole interpellate ne fa volentieri a meno. Questo dato conferma quanto già emerso in precedenti indagini (ISTAT 2001: la presenza di più maestri è preferita dal 69,6% degli studenti, 60% dei genitori, 59% dei docenti) e nella stessa sperimentazione della riforma Moratti del passato anno scolastico, dove molte scuole hanno mantenuto l’impianto modulare dei tre insegnanti su due classi, rifiutando la gerarchizzazione all’interno dell’equipe pedagogica e conseguentemente la subalternità dei docenti dei laboratori nei confronti del docente tutor. Senza considerare che a pieno regime della riforma possono essere circa 70.000 i posti tagliati!
Il secondo fenomeno riguarda l’aumento d’orario per gli insegnanti, oltre l’orario di cattedra (oltre le 18 ore), fenomeno che ha toccato circa il 70% (69,48%) delle scuole Medie e Superiori ed il 5% (4,76%) dei docenti delle scuole. Questa misura contenuta nella finanziaria 2002 unita a quella che ha previsto il completamento dell’orario di cattedra alle 18 ore, ha portato nella scuola superiore a fronte di un aumento dall’anno scolastico 2001/02 di 40.646 alunni e di 1.258 classi, al taglio di 3.345 cattedre (dati MIUR). Gli effetti, accanto all’evidente risparmio, incidono direttamente sulla qualità della didattica, perché così non solo sono stati eliminati posti di lavoro, ma sono sparite anche quelle “ore a disposizione”, che là dove si è voluto sono state una grande risorsa per migliorare la qualità della didattica e della scuola. Tutto torna a ridursi alla sola lezione frontale, in cui il docente torna a fare l’insegnante di classe, senza “tempo” per il confronto con gli altri.. Queste scelte di governo contrastano con un’altra esperienza che ormai stava prendendo piede nelle scuole, il 33% delle scuole della nostra indagine ha nominato responsabili di dipartimenti disciplinari, con gruppi di lavoro su tutte le discipline (anche se prevalgono lingua italiana, lingue straniere e materie matematico-scientifiche), che per funzionare hanno bisogno di tempo e condizioni organizzative adeguate.

Organizzazione scolastica
Numerose sono le novità che si registrano nell’organizzazione scolastica, dovute in parte alla progressiva metabolizzazione dell’autonomia scolastica, in parte, di nuovo, ai tagli della finanziaria.
A livello di tagli l’intervento più significativo è determinato dalla riduzione dell’organico funzionale, quello che ha consentito alle scuole di realizzare nuovi modelli organizzativi ed educativi. Rispetto all’anno scolastico 2001/02 la riduzione tocca il 50% delle scuole mentre, in totale, viene eliminato il 38% dei docenti. I docenti aggiuntivi, scompaiono del tutto nel 29% delle scuole e si riducono nel 22%, rimangono stabili nel restante 49% dei casi,
Più interessanti le realizzazioni “provocate” dall’autonomia scolastica, perché aprono prospettive per il futuro in merito all’organizzazione scolastica, al controllo dei processi e al coordinamento didattico.
Le Funzioni Obiettivo sono ormai entrate nella normalità delle scuole italiane (presenti nel 96,40% delle scuole, il 38,51% delle scuole ne attiva più di quelle di diritto). E’ anche rilevante che ben il 20,64% di scuole ha personalizzato l’area di intervento della F.O (educazione degli adulti, continuità tra gli ordini di scuola, sicurezza, qualità e autovalutazione, alternanza scuola / lavoro, nuove tecnologie, orientamento, handicap, educazione ambientale, obbligo scolastico…) anticipando quella che è l’impostazione del nuovo contratto.
E’ ormai pratica diffusa quella di affiancare le F.O. con gruppi di lavoro (69,82%) che hanno coinvolto il 23,22% dei docenti. Sembra un’indicazione molto chiara a favore del diffondersi di una “leadership diffusa” (rinforzata dalla presenza nel 90% delle scuole di responsabili di progetto), in assoluta opposizione ai tentativi di dividere la categoria dei docenti inventando figure intermedie di “alta professionalità”, come sono state chiamate. Che questa sia la tendenza è confermato anche dai dati sullo staff di direzione (attivato dal 91% delle scuole), composto nella grande maggioranza dei casi (67%) da gruppi allargati: dirigente scolastico, vicario, collaboratori, funzioni obiettivo, a cui si aggiungono (nel 9% dei casi) i responsabili di progetto, i responsabili di plesso, il direttore dei servizi amministrativi.
Un’altra indicazione interessante riguarda il coinvolgimento nei gruppi di lavoro di personale ATA, che riguarda il 49% delle scuole e che, anch’esso, è in controtendenza rispetto alla direzione di marcia assunta dal Governo, che mira ad esternalizzare queste funzioni. Nella scuola autonoma infatti il personale ATA non si limita alla sola pulizia dell’edificio scolastico o alla contabilità.

Tutto ciò però non è ancora un’esperienza stabilizzata, nel 48,26% delle scuole infatti i gruppi di lavoro si riuniscono saltuariamente, mentre le risorse a disposizione non superano il corrispettivo di 10 ore nel 30% dei casi.

Infine una novità rilevante, sempre sul piano dell’organizzazione scolastica, è dettata dalla contrattazione integrativa di scuola che dimostra che l’attività delle RSU (rappresentanza sindacale unitaria) è ormai entrata stabilmente nella cultura scolastica con diverse tipologie di contratto (utilizzazione del Fondo di Istituto, utilizzazione del personale ATA e del personale docente, diritti sindacali, legge sulla sicurezza 626/94). Un caso interessante è il contratto sottoscritto da una scuola sullo smaltimento dei rifiuti da essa prodotti.

A parte va rilevato il dato sulla sicurezza, l’11,41% delle scuole ancora non ha nominato il responsabile dei lavoratori per la sicurezza, anche se si vanno sempre più diffondendo le attività legate alla promozione della sicurezza (86,71% prove di evacuazione, 82,28% corsi / incontri di informazione / formazione del personale, 69,22% attività informativa / formativa con gli alunni).

La vecchia “novità” dell’inglese e dell’informatica
I dati dell’indagine su inglese ed informatica aprono uno squarcio sulla realtà effettiva delle scuole italiane, che permette di ridimenre la propaganda ministeriale e di individuare i problemi veri.
Nell’anno scolastico 2002 – 2003 il 66% delle scuole, andando oltre la legge che aveva istituito l’insegnamento della lingua straniera a partire dalla seconda elementare (L. 148/90) ed anticipando la riforma Moratti, ha impartito l’insegnamento della lingua straniera in tutte le classi. Ma forse è ancora più rilevante che tutto ciò sia prassi consolidata nel 70% delle scuole che lo fanno da più di 3 anni.
La finanziaria, comunque, colpisce anche qui, pur se in misura ridotta, si nota infatti una piccola flessione, rispetto all’anno precedente, nel 6% delle scuole che hanno dovuto diminuire l’insegnamento della lingua straniera. Ma, soprattutto è interessante che ci sia un 11% di scuole che si è dato da fare per incrementare le ore offerte utilizzando i fondi di istituto (6,28%), finanziamenti dell’Ente Locale (2,01%), o, in ultima analisi, chiedendo il contributo alle famiglie (2,76%).
Molto diversa invece la situazione nella scuola media e superiore dove il Progetto Lingue 2000, che in questi anni ha consentito l’introduzione di una seconda lingua comunitaria (come previsto anche dalla Riforma Moratti), non ha più avuto i finanziamenti necessari a concludere i corsi nel 30% delle scuole che li avevano attivati, mentre nel 72% dei casi il finanziamento è stato decurtato.
Anche l’informatica risulta essere una pratica già consolidata. Il 93,24% delle scuole dichiara di praticare questa didattica, il 61,11% addirittura in tutte le classi, mentre la maggioranza delle scuole (73,42%) lo fa in orario curricolare. Si affaccia intanto il fenomeno del personale esterno pagato con il fondo di istituto, novità che riguarda l’8,45% del personale coinvolto. In via di espansione anche l’accesso ad internet per uso didattico, per ora solo il 56% delle scuole riesce a coprire tutte le sedi.

Se questo è il quadro realistico della situazione è evidente che i problemi sono molto diversi da quelli che la riforma individua e stanno non tanto nella estensione quantitativa (che comunque va perseguita e completata) di queste attività (messe comunque in discussione dalle Finanziarie), quanto nella efficacia didattica e nella qualità dell’apprendimento. Perché è soprattutto su questo piano che inglese ed informatica rappresentano la cenerentola della scuola ed un punto critico nell’alfabetizzazione adeguata al mondo contemporaneo.

In conclusione: un treno costretto a rallentare

Il quadro che scaturisce dalla nostra indagine richiama alla mente l’immagine di un treno in corsa, a cui viene ridotta l’alimentazione, peggiorata la manutenzione dei binari, ridotto il personale, così che è costretto a rallentare la sua corsa e ad ospitare viaggiatori in condizioni peggiorate.
I tagli imposti dalla finanziaria si sono fatti sentire immediatamente nelle scuole bloccando i processi di rinnovamento che si erano faticosamente avviati.
Una manovra azzardata, che mette a rischio la tenuta della scuola pubblica italiana e la capacità di svolgere il suo ruolo, indispensabile alla crescita civile e alla tenuta sociale del Paese.
Fino a quando il “sistema” sarà in grado di reggere con qualità?


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Date: 31 Oct, 2003 on 00:06
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3. DOSSIER (2)
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L’INDAGINE NAZIONALE

Le scuole: una fotografia
Hanno risposto all’indagine 1.332 istituzioni scolastiche, pari al 12,34% delle 10.790 scuole statali italiane: 372 circoli didattici, 449 istituti comprensivi, 200 scuole medie, 311 scuole superiori, campione che ben rappresenta la composizione della scuola pubblica nazionale.
Tab. 1: Le scuole
Scuola Scuole nazionali (*) % Scuole indagine %
Circoli didattici 2.691 24,94 372 27,93
Istituti comprensivi 3.300 30,58 449 33,71
Scuole medie 1596 14,79 200 15,02
Scuole superiori 3.203 29,69 311 23,34
Totale 10.790 100,00 1.332 100,00
(*) Dati MIUR

Tutte le regioni italiane sono presenti.
Poche le scuole formate da un unico plesso (18,17%), la maggior parte delle scuole è formata dai 2 ai 6 plessi (50,98%); le rimanenti (25,90%), perché 66 non rispondono, dichiarano di essere costituite da un numero di plessi variabili da 7 a 18, condizioni non certo favorevoli per permettere la collegialità, la cooperazione, la circolazione delle informazioni... Complessivamente le 1.332 scuole sono costituite da 1.408 plessi di scuola per l’infanzia, 2.043 di scuola elementare, 1.147 di scuola media, 600 di scuola superiore: totale 5.208 plessi, di cui il 9,45% ha un numero di alunni inferiore a 50 (prevalentemente di scuola per l’infanzia e di scuola elementare, ma anche di scuola media e alcune di scuola superiore). Queste realtà, insieme ai 267 plessi con pluriclassi di scuola elementare e ai 14 di scuola media, rappresentano presidi particolarmente importanti nella geografia culturale del Paese, perché inserite in piccoli comuni dove la scuola è spesso l’unica agenzia culturale ed in cui rappresenta un servizio fondamentale per il territorio.

Complessivamente l’indagine ha riguardato 102.866 docenti (di cui 9.204 di sostegno) e 906.181 studenti (di cui 17.015 portatori di handicap).

Tra i modelli organizzativi nella scuola elementare, accanto ai moduli, praticati dalla totalità delle scuole, l’organizzazione a tempo pieno raggiunge il 47,87%, mentre nella scuola media ben il 58,09% attua il tempo prolungato e il 46,53% il bilinguismo, segno evidente che lo stare a scuola, con un tempo scuola disteso, è visto come una opportunità da famiglie che lo scelgono, istituzioni scolastiche che lo attuano ed Enti Locali che lo sostengono anche finanziariamente. Se ne ha conferma anche dal numero rilevante di scuole (55,11%) che affianca alle attività curricolari quelle integrative extracurricolari che vanno dal recupero disciplinare ai percorsi di approfondimento, da laboratori di attività manuali a cineforum, da percorsi sulla civiltà contadina a redazione di giornalini scolastici.
Alla domanda se la scuola (elementare) ha previsto il “docente prevalente” che la L. 148/90 art. 5 permette di utilizzare nei primi due anni, solo il 22,17% dichiara che lo prevede nei moduli, il 2,19% sia nei moduli che nel tempo pieno. La maggioranza assoluta delle risposte sono state nettamente per il no, in nessuna formula oraria (72,84%).
Ciò conferma i dati emersi in un’indagine ISTAT dell’estate 2001 “Organizzazione e funzionamento della scuola: quanto la conoscono e cosa ne pensano i protagonisti” predisposta per l’avvio dei lavori della “Commissione Bertagna”, nella quale l’organizzazione didattica attuale è considerata quella preferibile dalla maggioranza che indica come soluzione migliore la presenza di più maestri (è preferita dal 69,6% degli studenti, 60% dei genitori, 59% dei docenti). La soluzione del maestro prevalente è indicata dai docenti solo nel 22,4% dei casi.
Il quadro è confermato anche da quanto rilevato nel documento di sintesi sugli esiti della sperimentazione nella scuola primaria dello scorso anno: “Il passaggio dal gruppo docente all’equipe pedagogica non è sempre stato agevole soprattutto in quelle realtà scolastiche nelle quali erano ormai consolidate convinzioni e determinazioni a riconoscere e riservare, ad ogni componente del team, modalità e condizioni di esercizio della professionalità non diverse da quelle dei colleghi”. Il pericolo temuto è la gerarchizzazione all’interno dell’equipe pedagogica e conseguentemente la subalternità dei docenti dei laboratori nei confronti del docente tutor.
Il docente prevalente sembra perciò essere una presenza molto lontana dall’attuale pratica della scuola elementare e la riforma dovrà faticare molto per farlo passare se è vero, come riporta sempre il documento di sintesi sugli esiti della sperimentazione delle 251 scuole, che molte di esse hanno tenuto l’impianto modulare dei tre insegnanti su due classi. I docenti sono consapevoli poi che per questa via passa anche un consistente taglio degli organici. Ogni tre docenti (del modulo) uno è destinato a “perdere il posto” per la riduzione del tempo scuola e la sparizione delle compresenze. A pieno regime della riforma possono essere circa 70.000 i posti tagliati!


Finanziarie e dintorni
La finanziaria 2002 ha avuto “la mano pesante” con la scuola. Molte infatti le misure prese per risparmiare, prima fra tutte il taglio degli organici ottenuto eliminando l’organico funzionale, riservando l’insegnamento dell’inglese solo al 2° ciclo della scuola elementare, rimandando in classe i docenti assegnati su progetto, accorpando le classi anche terminali, contenendo il numero delle classi a tempo pieno e a tempo prolungato, portando tutte le cattedre a 18 ore e assegnando gli “spezzoni residui” fino a 24 ore a docenti interni disponibili. Ciò ha comportato, a livello nazionale, a fronte di un aumento di 19.102 alunni degli ultimi due anni scolastici (2001/02 e 2002/03), la scomparsa di 180 classi e soprattutto 8.725 cattedre, oltre a classi più numerose (vedi Tab.2).

Tab. 2 Alunni, classi, posti (Dati MIUR)
Alunni Classi Posti Rapporto A/C (*)
2001/02 2002/03 2001/02 2002/03 2001/02 2002/03 2001/02 2002/03
7.624.526 7.643.628 372.821 372.641 755.880 747.155 20,45 20,51
19.102 - 180 - 8.725 + 0,06
(*) A/C: rapporto Alunni/Classe

Delle 770 scuole che attivano il tempo pieno / tempo prolungato, il 68,31% non riscontra alcuna variazione nel numero di classi, il 14,94% lo vede aumentare, prevalentemente per assecondare le richieste delle famiglie, ma tale aumento non compensa il numero di scuole che lo vedono invece diminuire: il 16,75%, suddiviso tra l’8,96% per mancata adesione delle famiglie, e il 7,79% per mancata autorizzazione della Direzione Scolastica Regionale per il taglio degli organici.
A livello nazionale c’è stato un leggero incremento delle classi a tempo pieno passando da 29.463 a 30.599 (+ 0,99%) ma anche un deciso taglio per il tempo prolungato alla scuola media (- 565 classi).
Più drastici sono invece i tagli sull’organico funzionale. Delle 365 scuole che ne hanno usufruito nell’anno scolastico 2001/02, solo il 49,04% lo conserva per intero, il 21,92% lo conserva in parte, il 29,04% non ha più nessun docente aggiuntivo. In totale viene eliminato il 38,11% dei docenti aggiuntivi nell’anno scolastico 2001/02 (su 732 insegnanti ne scompaiono 279).
Altro tasto dolente è l’aumento d’orario per gli insegnanti, oltre l’orario di cattedra (oltre le 18 ore), fenomeno che ha toccato il 69,48% delle scuole Medie e superiori perché le Direzioni Didattiche non sono interessate dal problema. Sono stati coinvolti 2.441 insegnanti (il 4,76% dei docenti delle scuole di appartenenza: 51.240) la grande maggioranza dei quali (73,66%) ha avuto un aumento di orario tra le 2 e le 4 ore.
Questa misura contenuta nella finanziaria 2002 unita a quella che ha previsto il completamento dell’orario di cattedra alle 18 ore, ha portato nella scuola superiore, a livello nazionale, a fronte di un aumento dall’anno scolastico 2001/02 di 40.646 alunni e di 1.258 classi, al taglio di 3.345 cattedre (dati MIUR).
In questo modo non sono solo stati ridotti i posti di lavoro. Portando tutte le cattedre a 18 ora settimanali sono sparite quelle ore a disposizione per le attività di sostegno, recupero, alternative all’insegnamento della religione cattolica, accoglienza. Le misure adottate riportano, di fatto, il lavoro dell’insegnante alla sola lezione frontale. Si allunga l’orario di insegnamento e si impediscono gli spazi di ricerca, sperimentazione e di progettazione collegiale.
Questi per ora gli effetti della finanziaria 2002. Siamo in attesa di verificare gli effetti della finanziaria 2003.


Organizzare il sistema
La scuola dell’autonomia ha spostato il luogo delle decisioni portando le scuole ad assumersi la responsabilità di decidere su molte questioni importanti, prime fra tutte il POF e il curricolo di scuola. L’assunzione di responsabilità condivisa e diffusa ha portato a ricercare e sviluppare nelle scuole una diversa organizzazione, più rispondente alle nuove esigenze, facendo emergere una articolazione interna di ruoli e funzioni in cui l’aspetto organizzativo / gestionale si accompagna a quello di controllo dei processi e di coordinamento didattico: Figure Obiettivo (F.O.), staff di direzione, responsabili di progetto, gruppi di lavoro, dipartimenti disciplinari…
Il 96,40% delle scuole che hanno risposto all’indagine si avvale delle F.O., le rimanenti dichiarano di non avvalersene, suddivise tra “per scelta del Collegio Docenti” e “per mancanza di candidature”. Il 38,51% ne attiva più di quelle di diritto a fronte del 9,46% che ne attiva di meno. Complessivamente le scuole hanno attivato 5.780 F.O., oltre al vicario.
Alla domanda di quali siano le aree ricoperte, la quasi totalità si attesta nelle prime tre aree: 92,76% nella prima area – gestione del POF, 90,42% nella seconda – sostegno al lavoro dei docenti, 87,23% nella terza – interventi e servizi per gli studenti. Molto più bassa la quota che attiva F.O. per la quarta area – rapporti con il territorio (65,42%) a conferma che la scuola si vive ancora come un soggetto che interloquisce poco con il territorio, delegando spesso il compito al solo Dirigente Scolastico che la rappresenta. Interessante quel 20,64% di scuole che hanno indicato altro, personalizzando l’area di intervento della F.O.. Le più praticate risultano essere educazione degli adulti, continuità tra gli ordini di scuola, sicurezza, qualità e autovalutazione, alternanza scuola / lavoro ma anche nuove tecnologie, orientamento, handicap, educazione ambientale, obbligo scolastico… anticipando quella che è l’impostazione del nuovo contratto: non aree predefinite a livello nazionale ma quelle che ogni scuola “si ritaglia” in base alle proprie esigenze, all’ identità culturale e pedagogica.
Rilevante il numero di scuole che ha creato, attorno alla F.O. un gruppo di lavoro: 69,82%; 3.894 i gruppi creati che impegnano 23.886 docenti (il 23,22% del nostro campione). Sicuramente la creazione di team di lavoro è una scelta strategica positiva che evita il rischio, diffuso, di delega alla F.O. da parte del Collegio Docenti e quindi di un suo isolamento e un suo sovraccarico di impegni (ricordiamo che la F.O. conserva intatto il suo ruolo di docente di classe). Che si stia andando verso una “leadership diffusa”, con un infittirsi della trama interna di rapporti e relazioni, con la necessità di coordinare al meglio le risorse professionali (ma anche economiche) per la qualificazione del sistema scolastico, con team di lavoro stabilizzati (anche se temporanei) lo si deduce dal numero rilevante di scuole che, oltre alle F.O. ha designato responsabili di progetto: il 90,77%. Ciò lascia intendere che questi progetti (educativi, didattici) non siano del/dei singolo/i docente/i o di alcune classi ma siano invece progetti su cui l’intero istituto ha investito per la sua qualità e identità. Il progetto più gettonato è Educazione Ambientale (69,56%), seguito da teatro (55,67%) intercultura (49,79%). Solo il 36,15% le scuole che affidano ad un responsabile di progetto la “qualità” dell’istituto scolastico, segno che la cultura dell’autoanalisi del lavoro docente e autovalutazione di istituto fatica a prendere piede. Molto ampia risulta poi la gamma di responsabili di altro (56,41%): educazione alla legalità, educazione alla salute con particolare riguardo all’educazione alimentare, educazione stradale, pari opportunità, reti di scuole, accoglienza, disagio e successo scolastico… Ancora una conferma che la scuola reale è più avanti della riforma proposta. ”L’educazione alla convivenza civile” (alimentare, ambientale, alla cittadinanza, stradale…) è già pratica diffusa nel quotidiano della scuola.
Ma i progetti attivati e inseriti nel programma annuale sono molti di più: 21.244, portando ad istituire nelle scuole per la loro realizzazione ben 10.372 gruppi di lavoro (valori riferiti a 1206 scuole perché 126 non rispondono).
Interessante il numero di scuole (49,02%) che coinvolgono nei gruppi di lavoro il personale ATA a dimostrazione che la progettualità delle scuole tiene conto e utilizza le professionalità diverse presenti nelle scuole e necessarie alla piena realizzazione dei processi attivati.
Accanto ai progetti “trasversali” un numero non molto consistente di scuole (32,96%) ha nominato responsabili di dipartimenti disciplinari. Poche sono le scuole che hanno gruppi di lavoro su tutte le discipline, prevalentemente si tratta di gruppi disciplinari di lingua italiana, lingue straniere e materie matematico-scientifiche, stilando quasi una graduatoria tra discipline. Varie le motivazioni (e i relativi compiti) che hanno portato alla creazione dei dipartimenti. Tra le più ricorrenti troviamo: verifica e aggiornamento della programmazione, elaborazione prove comuni per classi parallele, progettazione disciplinare e costruzione verifiche, progettazione di modalità di recupero, revisione del curricolo, costruzione di curricoli verticali, coordinamento di attività trasversali… Qui emerge quella parte dell’anima professionale del fare scuola che induce il docente al confronto, a fare ricerca su strategie, metodi, percorsi.
Se nella scuola è passata l’idea di un supporto organizzativo / gestionale complementare all’attività didattica, fatica ancora a prendere piede l’idea della “regolarità”, della messa a punto periodica della macchina. Infatti la maggioranza relativa delle scuole (48,26%) riunisce i gruppi di lavoro saltuariamente, il resto si incontra con regolarità: settimanale o quindicinale (entrambe con valori del 3,45%) o mensile (la più diffusa con il 31,68%).
A macchia di leopardo appare il monte ore assegnato ai docenti per le attività di cui sopra. Il “pacchetto orario” più diffuso è di 10 ore adottato dal 29,20% degli istituti che distanzia di molto la seconda scelta, ossia 20 ore, adottata dal 9,12% delle scuole. Ma la gamma è vasta, dalle 5 alle 30 ore a fianco di scuole che non predefiniscono un monte ore ma utilizzano “tutto il tempo necessario” o diversificano il pacchetto orario a seconda della complessità del progetto. Ben il 31,11% adotta un pagamento “forfetario”, indipendentemente dalle ore che il progetto richiede: puntano cioè al pagamento del “prodotto”. Il 9,31%) utilizza parte delle ore previste dal contratto (le 80 ore), quindi non incentivabili. E’ da notare che in nessun caso questa è stata l’unica modalità di lavoro del gruppo ma è stata utilizzata abbinata al pagamento orario aggiuntivo prestabilito dall’incarico o al pagamento forfetario. Ne emerge un quadro vario, composito che sicuramente non rispecchia la quantità di lavoro che i docenti fanno a supporto e accanto all’attività didattica.
Un discorso interessante si apre con la domanda se la scuola ha attivato uno staff di direzione e se sì, da chi è formato. Solo l’8,63% non l’ha attivato, le rimanenti si suddividono tra:
- il 24,08% in cui lo staff di direzione è composto da Dirigente Scolastico, Vicario e collaboratori dandogli quindi un significato prettamente gestionale/organizzativo;
- il 66,97% in cui ai componenti precedenti si aggiungono le F.O., allargando quindi il concetto di “direzione”, saldando la cerniera tra l’aspetto organizzativo/gestionale e il ruolo tecnico di coordinamento didattico rappresentato dalle F.O.;
- l’8,95% si suddivide tra quelle scuole che allargano il ruolo tecnico dello staff aggiungendo alle F.O. anche i responsabili di progetto e quelle che aggiungono allo staff i responsabili di plesso e il Direttore dei Servizi Amministrativi aumentando quindi il quadro delle competenze presenti ed interagenti.
Qualunque sia il modello organizzativo che la scuola si è data, appaiono comunque evidenti due classi di strutture (e di competenze): il governo dell’istituto e il presidio dei processi.

RSU e sicurezza
L’autonomia scolastica ha dato ad ogni istituto maggior potere sia per quanto riguarda la gestione delle risorse umane che per quelle finanziarie, demandando alla contrattazione integrativa di scuola la definizione di diversi aspetti contrattuali. La rappresentanza sindacale unitaria (RSU) è quindi l’organismo che pone equilibrio tra il potere decisionale del Dirigente Scolastico e quello dei lavoratori della scuola. Il contratto di scuola è lo strumento attraverso cui è possibile costruire un sistema di regole che permetta ad ogni lavoratore di partecipare alla vita e alla gestione della scuola.
Nella nostra indagine su quali contratti siano stati sottoscritti a partire dall’istituzione delle RSU nell’istituto è emerso che il contratto più sottoscritto (70,42%) è stato quello sull’utilizzazione del Fondo di Istituto, ovverosia le scelte finanziarie conseguenti alle scelte educative e didattiche fatte con il POF. Seguono i contratti sull’utilizzazione del personale ATA (65,46%) e del personale docente (59,46%). Solo il 51,65% i contratti sui diritti sindacali, meno della metà delle scuole (45,50%) firmano contratti sull’applicazione della legge sulla sicurezza 626/94. Interessante il contratto sottoscritto da una scuola sullo smaltimento dei rifiuti da essa prodotti.
Dati che dimostrano che l’attività delle RSU è ormai entrata stabilmente nella cultura scolastica e rappresenta un’importante maturazione della categoria.

Anche se obbligo di legge, la nomina del responsabile dei lavoratori per la sicurezza è praticata dall’88,59% con l’11,41% che ancora non l’ha fatto. Diffuse e sistematiche, invece, le attività legate alla promozione della sicurezza: nell’86,71% si tratta di simulazione di prove di evacuazione, nell’82,28% di corsi / incontri di informazione / formazione del personale e, infine, nel 69,22% l’attività informativa / formativa riguarda anche gli alunni.

La nota prot. n. V/1746 del 20. 6. 2003 del MIUR – Dipartimento per i servizi nel territorio ha stanziato 20.658.276 € per la sicurezza nelle scuole da destinarsi per il 50% alla formazione del personale, il restante 50% per le altre iniziative previste in materia di igiene e sicurezza sul lavoro (valutazione del rischio, adeguamento delle attrezzature e dei materiali destinati all’attività didattica…). Se è sicuramente positivo che siano stati stanziati con la finanziaria 2003 finanziamenti per la sicurezza nelle scuole, non ci si può nascondere che sono poca cosa.
A questo proposito l’indagine “Ecosistema scuola 2003” realizzata da Legambiente sullo stato di salute degli edifici scolastici (consultabile sul sito www.legambiente.com/canale6/scuola), che ha visto rispondere 99 comuni capoluogo di provincia e 33 province, rileva che il 46,63% degli edifici è stato costruito prima del 1965, che il 29,33% è in zona a rischio dichiarato (idrogeologico, sismico, industriale…). Se guardiamo poi i risultati dell’indagine compiuta dal MIUR nel 2002 sul punto di applicazione della L. 626/94 coinvolgendo tutte le istituzioni scolastiche (hanno risposto 9.590 su 10.790) emerge che ancora il 57,1% delle scuole non è in possesso del certificato di agibilità statica e di agibilità igienico-sanitaria, il 73,2% non ha il certificato di prevenzione incendi, il 37% manca di scale di sicurezza e il 20,6% di porte antipanico. E’ evidente che il problema è grande e deve essere affrontato con un forte e programmato investimento, anche perché la scadenza del 31. 12. 2004 imposta agli Enti Locali dalla Legge 265/99 sulla messa a norma di tutti gli edifici scolastici si avvicina in un contesto di riduzione continua dei trasferimento di fondi dallo Stato agli Enti Locali, che si aggrava di finanziaria in finanziaria. Solo i tragici fatti di San Giuliano hanno indotto il governo a stanziare 10 milioni di euro. Non molto!


La vecchia “novità” dell’inglese
Due le aree di inchiesta che abbiamo rivolto alle scuole sull’insegnamento della lingua inglese. La prima, rivolta solo alla scuola elementare, per vedere a che punto è l’insegnamento della lingua straniera dopo 11 anni dalla sua introduzione e la seconda, rivolta alla scuola media e superiore, sullo stato dell’arte del Progetto Lingue 2000.
L’art. 10 della L. 148/90 ha introdotto l’insegnamento della lingua straniera nella scuola elementare. Il decreto applicativo del 28. 6. 1991 individua in francese, inglese, spagnolo, tedesco le lingue che si possono insegnare e indica in 3 ore settimanali (in aggiunta alle 27) la quantità oraria dell’insegnamento che inizia a partire dalla classe seconda (in fase transitoria dalla terza). Da quella data, progressivamente, l’insegnamento della lingua inglese ha coinvolto la quasi totalità delle scuole elementari.
Nel nostro campione solo il 2,56% dichiara di non impartire ancora tale insegnamento in alcuna classe, nel 66,02% l’attività didattica si svolge in tutte le classi. Interessante è la risposta alla domanda “Da quanto tempo?”. Solo il 7,93% di queste l’ha introdotto nell’ultimo anno, il 20,85% da 2 anni, il 51,29% da 3 a 5 anni e il 19,19% da più di 5 anni (con casi in cui la lingua è stata introdotta da 13-14 anni, anticipando quindi la stessa riforma del ’90). Le rimanenti scuole (31,43%) insegnano l’inglese solo nelle classi del 2° ciclo: il 43,02% di queste lo fa da più di 5 anni e il 43,80% da 3 a 5 anni.
Solo il 6,38%% lo fa per un’ora settimanale, il 27,25% per 2 ore settimanali, il 61,75% per 3 ore alla settimana (come previsto dal D.M. del giugno 1991). Il 4,65% differenzia l’offerta tra primo e secondo ciclo.
Questi dati confermano quanto già emerso in una pubblicazione del MIUR del settembre 2001 riferita all’anno scolastico 2000/01 “Quadro informativo sull’insegnamento delle lingue straniere” indica in 1.769.929 gli alunni che hanno studiato le lingue nella scuola elementare pari al 72,58% dell’intera popolazione scolastica di quest’ordine di scuola, con percentuali molto elevate nel 2° ciclo (ampiamente sopra il 90%) e con una significativa presenza anche in prima elementare, seppure non prevista dalla L. 148/90 (vedi Tab. 3).

Tab. 3: Alunni che studiano lingua straniera per anno di corso e lingua studiata (dati MIUR)
Classe Inglese Francese Tedesco Spagnolo Totale % (*)
I elementare 113.882 927 720 212 123.941 26,92
II elementare 211.952 22.606 1.349 632 236.539 49,25
III elementare 420.495 39.971 2.856 1.196 464.518 93,48
IV elementare 421.753 44.963 2.808 1.756 471.283 94,65
V elementare 423.280 46.026 3.097 1.245 473.648 94,18
Totale 1.591.362 162.693 10.830 5.044 1.769.929 72,58
(*) % degli alunni che studiano lingua straniera sugli alunni in totale

Dalla nostra indagine emergono inoltre alcune dinamiche interessanti. La domanda “Come sono rispetto allo scorso anno?” fa emergere un qualche segnale di restringimento delle risorse sia per il taglio dei fondi della L. 440/97 (-12,81% a livello nazionale rispetto all’E.F. precedente) sia per le misure nella finanziaria 2002 che ha garantito la lingua straniera al 2° ciclo “organico permettendo”. Il 6%, infatti, ha dovuto diminuire l’offerta di inglese, nella grande maggioranza dei casi perché è stato tolto l’organico funzionale e il docente è ritornato a far parte del modulo (3,25%) seguito dalla mancanza di fondi d’istituto (1,26%); l’1,75% in cui il docente è stato trasferito e non più sostituito. La maggioranza delle scuole (83%) ha mantenuto i livelli dell’altro anno mentre l’11,06% ha addirittura incrementato le ore offerte grazie alla scelta di investire qui i fondi di istituto (6,28%), al contributo delle famiglie (2,76%) o dell’Ente Locale (2,01%).

Il D.M. n. 61/03 estende, a decorrere dall’anno scolastico 2003/04 l’insegnamento della lingua inglese a tutte le prime e seconde classi della scuola primaria “secondo quanto delineato dalle Indicazioni nazionali”: un’ora settimanale per le classi prime e due per le seconde, anche per le classi che nell’anno precedente hanno fatto più ore. Se è positivo il fatto che il decreto abbia colmato una lacuna legislativa (in attesa del decreto attuativo della L. 53/03 resta in vigore la L. 148/90) portando l’obbligatorietà dell’insegnamento dell’inglese a tutte le classi prime, finora “legislativamente” escluse, per le altre classi è sicuramente un passo indietro.

La situazione è ancora più pesante per il Progetto Lingue 2000 introdotto nella scuola italiana con la C.M. 160/99 per introdurre una seconda (o terza) lingua comunitaria nella scuola media o superiore o dove ancora non è previsto (es. scuola per l’infanzia).
Nella nostra indagine il progetto Lingue 2000 è attivato dal 68,75% delle scuole per un totale di 1968 corsi. Di queste il 30,61% non ha più avuto il finanziamento necessario per concludere i corsi, sopperendo con i fondi di istituto, il 69,39% li ha ottenuti ma solo il 17,69% di queste per istituire nuovi corsi, il resto (82,31%) per concludere quelli avviati. E’ il primo effetto del consistente taglio dei finanziamenti che ha interessato a livello nazionale il Progetto Lingue 2000 (41.316.511 € nell’E.F. 2001, 18.592.200 € nell’E.F. 2002 con un taglio del 55%). Non solo ma il 71,79% ha visto decurtato rispetto all’anno precedente il finanziamento ricevuto; il 22,55% lo ha mantenuto inalterato e solo il 6,37% lo ha visto aumentare.
Questi processi sono stati avviati in un quadro complessivo di notevole rilevanza del progetto, come attesta l’indagine del MIUR, precedentemente citata, che indica in 524.854 gli alunni interessati dal progetto Lingue 2000 di cui 21.256 della scuola materna (vedi Tab. 4). Per lo più i corsi sono stati attivati nella scuola elementare laddove non c’è la disponibilità di un docente specialista o specializzato, nella scuola media per dare continuità allo studio della lingua avviato alla scuola elementare qualora diversa da quella attuata dalla scuola media o per introdurre una seconda lingua in classi non inserite nella “sperimentazione bilingue” (16.909 classi, circa il 20% del totale), numero tenuto fisso negli anni a fronte di una crescente richiesta per lo studio di due lingue comunitarie.

Tab 4: Alunni che studiano lingua straniera per tipo di scuola e lingua studiata a.s. 2000/01. Progetto Lingue 2000 (dati MIUR)
Tipo di scuola Inglese Francese Tedesco Spagnolo Totale % (*)
Materna 20.540 645 59 12 21.256 2,30
Elementare 103.268 9.209 2.652 569 115.698 4,53
Secondaria I grado 171.053 57.316 29.914 16.078 274.361 16,21
Secondaria II grado 62.767 27.073 12.272 11.427 113.539 4,66
TOTALE 357.628 94.243 44.897 28.086 524.854 6,90
(*) % degli alunni che studiano lingua straniera sugli alunni in totale


… e dell’ informatica
Anche l’informatica non è cosa nuova per la scuola italiana. Infatti è del ’97 il “Programma di sviluppo delle tecnologie didattiche” che prevedeva per il triennio ’97-2000 il percorso 1A per i docenti (formazione e acquisto di unità operative) e il percorso 1B, multimedialità in classe. Nel 2001 arriva la C.M. 152 che stanzia i fondi per il cablaggio delle scuole, l’accesso ad internet per uso didattico, il rinnovo o l’integrazione di apparecchiature multimediali. Ecco perché il 93,24% dichiara di praticare questa particolare didattica: il 61,11% in tutte le classi, il 32,13% solo in alcune classi (solo nel 2° ciclo, oppure solo alla scuola media se risponde un istituto comprensivo, solo in terza media…). E la maggioranza delle scuole (73,42%) lo fa in orario curricolare, il 40,58% in attività extracurricolari, in orario aggiuntivo per docenti e studenti, il 19,32% praticano l’insegnamento sia in attività curricolare che extracurricolare, allargando e diversificando così l’offerta. Le attività sono coperte in grandissima parte da docenti dell’istituto, solo l’8,45% del personale coinvolto è personale esterno pagato con il fondo di istituto. Che l’inserimento dell’informatica sia attività consolidata nella pratica didattica delle scuole lo conferma anche l’esplosione degli accessi ad internet per uso didattico, solo il 6,38% ne è sprovvisto ma solo il 55,93% delle scuole riesce a coprire tutte le sedi, nel 37,01% dei casi la copertura è a macchia di leopardo.


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Date: 31 Oct, 2003 on 00:07
LEGAMBIENTE SCUOLA NEWS N. 20, OTTOBRE 2003
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