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CIDI: A proposito dei primi decreti sulla riforma
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1. CIDI: A proposito dei primi decreti sulla riforma
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A proposito dei primi decreti sulla riforma
Un po’ di rispetto per la scuola “primaria”

Di fronte agli ultimi provvedimenti estivi ed alle più recenti comunicazioni del Governo, non riusciamo a capire l’accanimento “terapeutico” con il quale il Ministro intende procedere frettolosamente alla riforma della scuola “primaria” italiana (e della scuola dell’infanzia e, poi, forse della scuola secondaria). I maestri e le maestre osservano in silenzio, si guardano attoniti, si chiedono il perché di tanto clamore “mediatico” (i depliant a colori, gli inserti, gli spot, le interviste, i fascicoletti “patinati”). Anche perché la scuola elementare è l’ultima scuola, in ordine di tempo, ad aver appena fatto una riforma, quella del 1990, assai partecipata, ricca di stimoli culturali, più europea nei suoi tempi scolastici distesi, nei servizi offerti ai ragazzi, nel lavoro d’equipe dei docenti. Non sempre è così, ovviamente, ma questo è lo standard di riferimento, semmai ovunque la scuola primaria è alla ricerca di una migliore qualità (ad esempio, rapporti più “veri” con la scuola media, edifici ed attrezzature più “moderne”, livelli di apprendimento più “certi”). I genitori danno un ampio credito a questo ordine scolastico, come dimostrano i dati delle ricerche commissionate dallo stesso Ministro per gli Stati generali del 2001: fiducia nel team (preferito al maestro unico), gradimento dell’attuale tempo scuola e quindi contrarietà alla sua riduzione. Le stesse ricerche internazionali (IEA-PIRLS 2001) attestano buoni risultati, dopo dieci anni di riforma, ad esempio nelle prove di lettura (e, ancora di più, nel “piacere” di leggere).

Allora, perché tanto accanimento nel cambiare ciò che funziona bene ?
Perché cambiare i curricoli – si chiedono gli insegnanti - senza nessun ripensamento “critico” dei programmi, da tutti condivisi, del 1985 ? Perché nessuna commissione pluralista per redarre i nuovi documenti ? Perché nessun dialogo “vero” con la scuola e i docenti ? Perché rimettere in discussione i punti qualificanti di una professionalità docente appena consolidata (la contitolarità, la collegialità, la corresponsabilità educativa) del team docente ? Perché ignorare il tempo pieno ? Perché “forzare” una sperimentazione in 250 scuole (molte private) per dimostrare a priori la bontà di tesi mai discusse (il tutor-maestro unico, il laboratorio “scisso” dalla classe, i piani “personalizzati” a rischio di discriminazione, gli orari compressi, l’insegnamento frontale senza compresenza, ecc.). Lo stesso Rapporto nazionale sulla sperimentazione (giugno 2001) lascia trasparire dubbi, perplessità, distinguo sulle soluzioni suggerite dalla legge per l’organizzazione della scuola dell’infanzia ed elementare.
Che dire poi dell’anticipo di iscrizione alla prima classe, voluto contro il parere unanime del mondo scientifico, degli insegnanti, delle associazioni dei genitori ? E del silenzio sulla continuità e sui 3400 istituti comprensivi di scuola materna, elementare e media funzionanti nel nostro paese ? Perché ignorare tutto questo ? Dove sarebbero le “novità” della riforma ? Forse in un lessico pedagogico “maldigerito” dagli stessi estensori, che oscilla tra costrutti linguistici ad effetto ed una precettistica minuta “di stato” che vorrebbe spiegare anche come sviluppare una unità didattica ?

Chi sta in “cabina di regia” (ma c’è una cabina di regia, oggi in Italia ?) riesce a capire ciò che avviene nella scuola elementare del nostro paese? Interessa, ad esempio, che oltre un terzo delle scuole primarie abbia approvato in questi mesi documenti, delibere, orientamenti assai critici nei confronti del metodo, dei contenuti, delle scelte ipotizzate ? Sente l’attaccamento degli insegnanti ad alcuni valori di fondo del lavoro di questi anni (la condivisione del progetto, i tempi didattici, le compresenze, l’organizzazione della classe e dei laboratori, i curricoli disciplinari) ? Avverte il disagio, la demotivazione, la rabbia di chi viene dimenticato in tutti i passaggi della riforma ? Altro che “abbiamo sentito gli insegnanti” !
Lo sconcerto aumenta di fronte ai “balbettii” estivi di decreti e circolari (61-62-68-69 ecc.) che si rincorrono e smentiscono a vicenda nel lanciare la “grande riforma” (lingua straniera e informatica, che una maggioranza consistente di scuole già svolge avvalendosi dell’autonomia e magari vorrebbe essere aiutata a svolgere meglio) e chiedendo di partecipare ad un progetto di sperimentazione didattica e curricolare, senza doversi preoccupare (anzi, senza potersi occupare seriamente) dei possibili modelli organizzativi (evidentemente si percepisce che quelle soluzioni organizzative, sul tutor e sul tempo scuola non sono per nulla gradite).

Buona cosa la sperimentazione (ancora di più, la ricerca, lo sviluppo, l’innovazione promossi dalle scuole). Ma, appunto, per sperimentare occorrono alcune condizioni minime: le risorse finanziarie, un progetto esplicito, una durata prefissata, verifiche rigorose, gusto della ricerca, sedi di “ascolto”, possibilità di interagire con chi poi assumerà le decisioni su programmi e organizzazione. Qui mancano perfino i documenti di riferimento. Non si trovano gli allegati del D.M. 61/03 (le nuove Indicazioni Nazionali) e se anche fossero “scodellati” da un momento all’altro su Internet (questo si è visto per tutto il 2002 e 2003), quale sarebbe la loro legittimità/affidabilità ? E come mai è sparita dal sito del MIUR la CM 68/03 che ridimensiona i contenuti strutturali della sperimentazione ? Perché non si rendono pubblici, discutendoli, gli esiti della “consultazione” e dei “pareri” richiesti nella primavera scorsa, sulle proposte di nuove Indicazioni, ad associazioni professionali ed organismi scientifici e culturali ? Se i nuovi “obiettivi” di apprendimento rappresentano i “livelli essenziali delle prestazioni” garantiti dalla Costituzione, prescrittivi per le scuole, a maggior ragione dovranno essere il frutto di un processo corale e condiviso (è la legge 53/03 stessa a prevedere un percorso parlamentare per arrivare ai Regolamenti –DPR- contenenti i nuclei dei piani di studio nazionali, un itinerario che è assai diverso da quello intrapreso dal Ministro). Anche i modelli organizzativi proposti relativi al tempo scuola (ridotto) e alla titolarità dei docenti (con una netta differenziazione tra docenti di classe e di laboratorio) appaiono del tutto “fuori misura” rispetto allo stesso contenuto della legge (che non offre alcuna indicazione in merito) ed alle migliori pratiche della scuola (in fatto di tempi distesi e di pluralità docente).

Un “saggio” Ministro dovrebbe rendere definitivi i decreti legislativi ed i piani di studio nazionali al termine del periodo di tempo che il legislatore ha conferito per realizzare la delega (i n questo caso due anni), solo dopo una approfondita e autentica azione di ascolto, di verifica, di ricerca con la scuola e gli operatori (a maggior ragione di fronte ad un progetto che determina contrasti, dubbi, incertezze). Accelerare i tempi, come si tenta di fare con la bozza di decreto per il ciclo di base, significa impedire un dibattito reale nelle scuole e con gli organismi che rappresentano la scuola. Rende, inoltre, del tutto inutile e ininfluente la richiesta di una sperimentazione (che peraltro non presenta coordinate culturali, pedagogiche ed operative credibili); smentisce l’autonomia delle scuole in materia di ricerca, di sviluppo, di organizzazione e didattica.

Noi riteniamo che la scuola abbia il diritto di esprimersi sulle prospettive organizzative, curricolari e professionali che la riguarderanno nei prossimi anni e che oggi questo debba ormai avvenire su due livelli.

Sul piano operativo e professionale: le scuole possono misurarsi sui contenuti culturali e didattici delle bozze di indicazioni, nel loro rapporto con i programmi attuali, con le elaborazioni di questi anni, con gli orientamenti espressi dal mondo della ricerca, con tutta la libertà, l’autonomia, il gusto della ricerca, il pluralismo delle fonti, la creatività che sono oggi riconosciute alle scuole dell’autonomia (tutelata dalla Costituzione) ed agli insegnanti (per il rispetto che si deve alla libertà di insegnamento). Gli strumenti utilizzabili sono connessi al Regolamento dell’autonomia, all’art. 6 (autonomia di ricerca delle scuole) e all’art. 11 (piani di innovazione proposti dal Ministero). Il primo consente alle scuole di esprimere a fondo le proprie “domande” e le proprie “esigenze” e di trovare risposte autonome, linee di lavoro, aspetti specifici (ad esempio in materia di organizzazione didattica, funzioni tutoriali, ambiti disciplinari, tempi di compresenza); il secondo è vincolato dalle indicazioni nazionali e dai criteri ministeriali (personalizzazione, portfolio, obiettivi specifici, ecc.), ma va gestito con piena agibilità e operatività, come “promette” il D.M. 61 del 22-7-2003 (oltre che sedi trasparenti di consulenza, formazione e monitoraggio). In entrambi i casi il “senso” della sperimentazione dovrebbe essere assicurato solo dalla sicura disponibilità del Ministero ad accogliere gli esiti migliori delle iniziative delle scuole.

Sul piano politico e istituzionale: riteniamo utile che i collegi dei docenti, reti di scuole, gruppi di dirigenti scolastici, associazioni, genitori, enti locali, possano indirizzare le loro osservazioni sui decreti attuativi e sulle bozze dei curricoli direttamente alle Commissioni istruzione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica (ai capi gruppo della maggioranza e della minoranza), alla Conferenza Stato-Regioni-Autonomie, al Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, cioè agli organismi che dovranno esprimere il proprio parere nell’iter dell’approvazione dei decreti legislativi. E’ nel pieno interesse dei decisori politici elaborare proposte di sviluppo della scuola che rispondano ad effettive esigenze della scuola e siano dalla stessa condivise; perché le vere riforme sono quelle che durano ben oltre il respiro di una legislatura e vanno oltre la logica degli spot e degli annunci mediatici.


Segreteria nazionale CIDI
Roma, 14 settembre 2003


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Mail: redazione@edscuola.com
Date: 15 Sep, 2003 on 06:40
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