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LEGAMBIENTE: SCUOLA NEWS N. 15, MAGGIO 2003
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1. LEGAMBIENTE: SCUOLA NEWS N. 15, MAGGIO 2003
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LEGAMBIENTE SCUOLA NEWS N. 15, MAGGIO 2003
Notizie e commenti sul mondo della scuola

Indice
1. Via libera alla riforma?
2. Il decreto del contendere
3. E intanto parte la formazione
4. La scuola che cambia

1. Via libera alla riforma?
Il primo decreto legislativo per l’attuazione della riforma della scuola non appare all’orizzonte. Messo all’o.d.g. del Consiglio dei Ministri il 9 maggio (ma non discusso per l’assenza di Berlusconi), non viene riproposto nel Consiglio del16 e neppure in quello di venerdì 23. Il rinvio è la riprova che stanno venendo a compimento le divergenze di merito che esistono all’interno del governo e della maggioranza e che non hanno potuto esprimersi nel dibattito parlamentare, dato il passaggio blindato fatto dalla legge delega alle Camere. Tanti dei 54 o.d.g. presentati sono entrati nel merito dei punti nodali di quella che è diventata la legge 53/03 (vedi Legambiente Scuola News n. 13). La bozza di decreto che sta circolando (consultabile sul sito www.legambiente.com/canale6/scuola) non risolve alcuno dei problemi sollevati in questi mesi, soprattutto da parte dei centristi: anticipo scolastico, docente prevalente… E’ un blocco che sta diventando imbarazzante per il governo che aveva fatto della scuola un cavallo di battaglia in campagna elettorale.
Ormai i tempi si sono fatti stretti e, se anche il Consiglio dei Ministri dovesse approvare il decreto entro maggio, la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (se tutto dovesse filare liscio) non può avvenire prima di fine agosto. Infatti dopo l’approvazione in Consiglio dei Ministri, il decreto dovrà fare un passaggio al Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione (CNPI), alla Conferenza Unificata Stato-Regioni, alle competenti commissioni parlamentari di Camera e Senato che dovranno esprimere un parere obbligatorio anche se non vincolante entro 60 giorni. Infine il decreto deve tornare al Consiglio dei Ministri per l’approvazione finale. C’è poi il passaggio al Consiglio di Stato e alla Corte dei Conti per la registrazione. In tutto questo percorso non sono da escludere “inciampi” di vario tipo. E tra le principali preoccupazioni della Ministra Moratti c’è anche la copertura finanziaria e l’eventuale decreto legislativo del collega Tremonti, previsto dall’art. 7, che stanzi le “occorrenti risorse finanziarie”. Una strada, quindi, per il primo decreto di attuazione della legge 53/03 tutta in salita.
Il decreto potrebbe entrare in vigore a scuola iniziata, con difficoltà sul piano giuridico, organizzativo e pedagogico. Oppure potrebbe essere che le scuole, a settembre, si trovano “obbligate” ad applicare un decreto non ancora approvato?
Ma se l’avvio generalizzato della riforma dovesse trovare difficoltà, dati i tempi ristretti, al Ministero si sta già pensando di ricorrere ad una riproposizione della sperimentazione, ai sensi dell’art. 11 del DPR 275/99.

2. Il decreto del contendere
Doveva essere il decreto dei contenuti, dai programmi alla funzione docente, dalla definizione della quota che diventerà di competenza delle regioni all’insegnamento dell’inglese e dell’informatica. Non ci sono invece grosse novità rispetto a quanto già noto e discusso nei mesi passati. Viene definito l’orario annuale della scuola per l’infanzia (da 875 a 1.700 ore, da 25-26 a 48-50 a settimana a seconda che la scuola, su richiesta delle famiglie, funzioni per 33 o 35 settimane).
L’orario per la scuola primaria viene arrotondato a 891 ore (27 a settimana) comprensivo della quota riservata alle regioni, alle istituzioni scolastiche, alla religione cattolica, a cui aggiungere 99 ore annue (3 a settimana) per attività facoltative ed opzionali per gli allievi che le scuole possono organizzare in rete tra loro o ricorrendo, se non fossero presenti professionalità adeguate, ad esperti assunti con prestazione d’opera, compatibilmente con le risorse finanziarie. Scompare quindi il modello del tempo pieno (40 ore settimanali, comprensivo della mensa). “Ancora una volta si sottovaluta la questione del tempo pieno – afferma l’ANCI – che ha valenza sia educativa che sociale”. L’anno che si sta chiudendo ha visto 30.599 classi a tempo pieno (il 22,18%), con punte molto elevate in Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia (più del 50%), un modello educativo che incontra il gradimento delle famiglie. Confermata la presenza del docente tutor, individuato dal Dirigente Scolastico, responsabile della classe per i 5 anni del ciclo, obbligato nei primi tre anni a garantire 18/21 ore settimanali di insegnamento nella stessa classe per i tre ambiti disciplinari (linguistico, scientifico, antropologico), avrà la responsabilità delle relazioni con le famiglie e della stesura del portfolio, il coordinamento degli altri docenti (dei laboratori) che ruotano nella classe. E con questo si decreta la fine del team di lavoro, fondato sulla assunzione condivisa di responsabilità, sulla collaborazione reciproca, cuore della riforma del ’90, capace di garantire arricchimento e specializzazione didattica nei vari ambiti disciplinari e al tempo stesso unitarietà nel percorso formativo. L’insegnante tutor è sovraordinato rispetto agli altri, quelli dei laboratori che, di conseguenza, si configurano subordinati e deresponsabilizzati, deboli nella relazione educativa con gli allievi.
Ma l’orario più pesantemente toccato è quello della scuola media: da 1080 (le ore di insegnamento annuale con due lingue straniere) a 891 ore annuali (si passa da 33 a 27 ore settimanali). Quali le discipline da “ridimensionare”? Quelle che attualmente hanno “più ore” (italiano, matematica, scienze…)? Oppure alcune potranno passare tra le attività “facoltative ed opzionali”, comprese nelle 198 ore annue (6 a settimana) a ciò destinate? Come conciliare l’abbondanza dei contenuti con una contrazione così significativa dell’orario? Sicuramente si sarà costretti a tempi ancora più serrati nell’attività didattica a scapito di “tempi distesi” che i processi d’apprendimento richiedono, peggiorando quindi la qualità dell’offerta formativa. Ma per migliorare il processo di apprendimento si assicura “la permananza dei docenti nella sede di titolarità per almeno il tempo corrispondente al periodo didattico”.
Viene confermata, per l’intero ciclo, la valutazione al termine del periodo biennale ma, se la decisione è assunta all’unanimità, è possibile non ammettere un alunno alla classe successiva, all’interno del periodo biennale. Così è stata accontentata Alleanza Nazionale da sempre contraria alla “bocciatura biennale”. E la bocciatura arriva anche per le troppe assenze (1/4 dell’orario personalizzato).
Infine il decreto riporta la tabella di marcia per far entrare a regime la riforma:
- anno scolastico 2003/04: avvio della riforma per la prima e seconda classe della scuola primaria
- anno scolastico 2004/05: le rimanenti tre classi e avvio della riforma per la prima classe della scuola secondaria di primo grado
- anno scolastico 2005/06: avvio della riforma nel secondo anno della scuola secondaria di primo grado
- anno scolastico 2006/07 avvio della riforma nell’ultima classe del ciclo.
In via transitoria si utilizzeranno, fino a nuovo decreto, le “Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati per la scuola primaria” utilizzati quest’anno nella sperimentazione delle 251 scuole e le “Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati per la scuola secondaria di primo grado” mai ufficializzati.
Riuscirà la Ministra, con i compagni di viaggio, a tenere il passo della tabella di marcia?

3. E intanto parte la formazione
“Comunicazione di servizio 10 aprile 2003 – Prot n. 2135/E1/A. Oggetto: Piano di formazione a sostegno dell’avvio della riforma degli ordinamenti scolastici” (consultabile sul sito www.legambiente.com/canale6/scuola). Non ha perso tempo la Ministra Moratti: la legge di riforma non era ancora esecutiva (lo diventerà il 17 aprile) e già pensava ad un piano di formazione/informazione finalizzato a “diffondere l’innovazione in atto e a sostenere le scuole nella delicata fase di passaggio al nuovo ordinamento. Tale processo postula… lo sviluppo di una cultura partecipata delle scuole…”. Peccato che la partecipazione delle scuole venga chiesta nella fase conclusiva ed esecutiva!
Alla comunicazione di servizio, indirizzata ai Direttori Scolastici Regionali, il Ministero ha fatto seguire le “Linee guida per l’avvio del processo di informazione/formazione sulla riforma” degli ordinamenti scolastici (consultabili sul sito www.legambiente.com/canale6/scuola), 36 pagine che meticolosamente spiegano ciò che le “scuole autonome” devono fare per essere pronte, a settembre, ad applicare la riforma nella prima e seconda classe della scuola primaria.
Il piano prevede un modulo di avvio (modulo 0) da attuarsi tra aprile e giugno 2003 suddiviso in 4 fasi:
1. Conferenza di servizio nazionale rivolta ai Direttori Scolastici Regionali e ai Referenti Tecnici Regionali della scuola per l’infanzia e primaria, svoltasi a Roma il 16 aprile;
2. Socializzazione delle linee di indirizzo e dei materiali, a livello ragionale, nei gruppi tecnici di lavoro costituiti a supporto della riforma per pianificare gli interventi successivi, avvenuta per la maggior parte entro fine aprile;
3. Incontri/conferenze di servizio rivolti/e a tutti i Dirigenti Scolastici della scuola primaria e almeno a un “docente referente del processo di innovazione” (individuato come? designato da chi?) delle scuole dell’infanzia e delle scuole primarie statali e paritarie (entro metà maggio);
4. Attività di informazione/formazione da attuare entro giugno nelle singole scuole.
La nota pianifica anche il tempo da dedicare in questa fase alla formazione: 20 ore. E pianifica pure l’attività formativa per l’anno scolastico 2003/04. “La partecipazione attiva delle scuole è assicurata dal coinvolgimento diretto di Dirigenti Scolastici e docenti in percorsi di analisi, riflessione, approfondimento, contestualizzazione dei contenuti e dei materiali” tramite l’ormai consolidato modello di e-learning integrato realizzato in collaborazione con l’INDIRE. E’ prevista anche attività di aprofondimento/riflessione in presenza nella quale giocherà un ruolo fondamentale il docente tutor/facilitatore (è una nuova figura professionale? Ancora le stesse domande: scelto come, individuato da chi?).
La comunicazione di servizio pensa proprio a tutto, anche a quantificare e a come reperire i finanziamenti necessari per l’attività di formazione: 1.500 € per gruppi fino a 40 docenti da trovare tra le risorse residue dell’E.F. 2002 o utilizzando i fondi della Direttiva 36 del 7 aprile 2003 sulla formazione. E per i moduli successivi (quelli dell’anno scolastico 2003/04) saranno utilizzate “le risorse finanziarie… indicate nell’emendanda direttiva sull’individuazione degli obiettivi prioritari e criteri di ripartizione della legge 440/97”.
Ciò che sta avvenendo merita alcune considerazioni.
1. Le scuole sono chiamate a “formarsi sull’impianto, sui principali profili ordinamentali e nuclei tematici: continuità, anticipo, flessibilità organizzativa, didattica laboratoriale, obiettivi generali e specifici di apprendimento e obiettivi formativi, piani personalizzati, equipe pedagogica, articolazione della funzione docente, profili culturali e professionali, portfolio delle competenze individuali”. Ma i decreti esplicativi di tutto ciò non appaiono all’orizzonte. Le scuole devono formarsi su un decreto che a tutt’oggi non esiste. Intanto, dovranno “adottare” l’assetto pedagogico, didattico, organizzativo previsto dal D.M. 100/2002 sulla sperimentazione che però conclude la sua validità con il corrente anno scolastico. Per ora l’unica cosa certa è la legge 53/03 che non introduce alcuna delle innovazioni su cui le scuole sono chiamate a formarsi.
2. L’aggiornamento viene imposto dall’alto, senza apposita delibera formale del Collegio dei Docenti.
3. Non sono state reperite risorse finanziarie ad hoc come prevederebbe l’art. 7 della legge 53/03 ma si “costringono” le scuole a dare destinazione diversa ai fondi che riceveranno per la formazione del personale, previsti dalla Direttiva n. 36 del 7. 4. 03 e a quelli per il potenziamento dell’offerta formativa (L. 440/97), nonostante la prerogativa delle scuole autonome di decidere in autonomia le priorità di spesa.

E se, alla fine, dati i tempi ristretti, il MIUR optasse per una sperimentazione ampia, si ricorda che l’adesione ad essa deve essere spontanea, volontaria, deliberata dal Collegio dei Docenti.

4. La scuola che cambia
L'indagine di Legambiente sulle scuole italiane
Il 30,6% delle scuole deve rinunciare all'organico funzionale, nel 70% delle scuole medie e superiori aumenta l'orario di lavoro, minata l'autonomia scolastica ma informatica e inglese sono già realtà della scuola italiana
Informatica e inglese le materie che la Ministra Moratti vorrebbe estendere alle scuole elementari sono già una pratica diffusa nella scuola italiana. Per la prima ben il 92,6% delle scuole dichiara di praticare già questa didattica, il dato è confermato dall'esplosione degli accessi ad internet, il 93,6% dichiara di averlo attivato, anche se non si coprono ancora tutti gli edifici e i plessi che fanno capo alla stessa scuola (solo il 56% delle scuole riesce a coprire tutte le sedi). Ma nel 40% dei casi l'attività è delegata all'orario extracurricolare. Un dato significativo è anche il fatto che nella grandissima maggioranza dei casi le attività sono coperte dagli insegnanti d'istituto, solo il 9% delle scuole si avvale di personale esterno. E anche questo dovrebbe essere un segnale di fronte ai tentativi di privatizzazione. Per quanto riguarda lo studio dell'inglese nelle scuole elementari, cavallo di battaglia della riforma Moratti, solo l’ 1,4% delle scuole ancora non ne fa uso e il 70% ha già inserito l'insegnamento in tutti e cinque gli anni del percorso elementare, di questi il 20% lo fa da più di cinque anni e il 51% da almeno tre anni. Non solo: il 62% degli istituti lo fa per tre ore alla settimana.
Prima vittima dunque l'organico funzionale, ovvero quei docenti appositamente nominati per determinati progetti o per svolgere attività didattiche particolari. Complessivamente il 51,3% degli istituti viene decurtata di questa importante figura, (addirittura nel 30% degli istituti è stata completamente eliminata). È proprio l'organico funzionale, tra l'altro, a garantire l'autonomia scolastica che verrà man mano ridotta accrescendo la dipendenza delle scuole e dei dirigenti dal governo della Regione. Ma le penalizzazioni all'autonomia scolastica non sono l'unica conseguenza di questa decisione.
Tornando all'inglese infatti il 4,6% delle scuole ha dovuto diminuire l'offerta proprio per i tagli all'organico funzionale.
Anche l'aumento di orario per gli insegnanti oltre le 18 ore previste è un tasto dolente, ne è toccato il 70% delle scuole dove il 5% degli insegnanti di scuole medie e superiori ha subito un aumento dell'orario lavorativo, di questi la stragrande maggioranza (73,6%) tra le due e quattro ore di lavoro settimanali in più.
Sono questi solo alcuni dei dati di un'indagine spot effettuata da Legambiente Scuola e Formazione, che ha inviato un questionario alle scuole al quale hanno risposto più di 1300 istituti distribuiti su tutto il territorio (prossimamente sarà reso noto l’intero dossier).
Ciò che emerge da quest'indagine è proprio la criticità della qualità del lavoro nelle scuole. Non servono a nulla nuovi piani orari ma investimenti in formazione e soprattutto la possibilità di lavorare in piccoli gruppi, esattamente la direzione opposta a quella assunta dal Governo. L'indagine infatti rileva che la politica dei tagli comincia a mietere le prime vittime e che si è avviata una politica di sostanziale restringimento delle risorse, e per ora si possono solo rilevare i tagli della Finanziaria 2002. Cosa succederà in settembre quando entrerà in vigore quella dell'anno in corso?


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Date: 26 May, 2003 on 23:54
LEGAMBIENTE: SCUOLA NEWS N. 15, MAGGIO 2003
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