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ADI: IL MIRAGGIO DELLE RETRIBUZIONI EUROPEE
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1. ADI: IL MIRAGGIO DELLE RETRIBUZIONI EUROPEE
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IL MIRAGGIO DELLE RETRIBUZIONI EUROPEE
Nel momento in cui le "retribuzioni europee" sono diventate un miraggio contrattuale, abbiamo chiesto a Norberto Bottani, Direttore del Centro di Ricerca nell'Istruzione di Ginevra, da alcuni mesi “socio onorario” dell’ADi, quale sia il suo parere su questo vagheggiato obiettivo. Riportiamo alcuni stralci dell'intervista poichè rappresenta senz'altro una voce fuori dal coro, una posizione su cui sarebbe in ogni caso opportuno riflettere.

“Il concetto di «retribuzioni europee» è una favola che circola solo in Italia. (.......) In nessun altro Paese i sindacati dei docenti o i gruppi politici che cercano di accaparrarsi il voto degli insegnanti alludono a livelli retributivi europei. (.....) Questo concetto è del tutto arbitrario e sarebbe bene smettere di servirsene perché non serve a gran che se non a seminare confusione o a coltivare illusioni. (.....)

Mi sembra quindi che sia necessario ribadire che non ci sono livelli europei di retribuzione degli insegnanti e che la media degli stipendi europei non può affatto essere presa come un termine di paragone accettabile per definire un livello europeo. Il livello di retribuzione dei docenti dipende da moltissimi fattori e da svariati elementi non monetari che concorrono a stabilirne la reale consistenza, come per esempio la considerazione che una società riserva alla scuola, il rispetto per la professione, il valore attribuito all’istruzione in una società, il livello di cultura di un Paese, oppure la capacità di mobilitazione e d’influenza delle associazioni dei docenti. (.....) I termini di paragone non possono essere che locali o regionali. Invece di fare il confronto con un fantomatico livello di retribuzione europeo sarebbe auspicabile che in una comunità si confrontasse il livello retributivo dei docenti con quello di un garagista, di un’assistente sociale, di un avvocato, di un medico, di un ragioniere o di una commessa di supermercato . (.....) Si può o magari si deve prevedere una soglia minima negoziata a livello nazionale al di sotto della quale non è concesso andare, ma nulla vieta che si stabilisca localmente la retribuzione dei docenti in funzione non degli stipendi medi ma dell’apprezzamento che una comunità intende conferire all’istruzione scolastica. Questo significa che in un regime di autonomia serio anche le rimunerazioni dei docenti possono e debbono variare da una regione all’altra. Non parlerei a questo riguardo né di mercato né di concorrenza, ma piuttosto di valorizzazione contrattuale in loco delle competenze e della professionalità degli insegnanti. Non intendo negare il rischio che si possano provocare squilibri retributivi all’interno della professione e che, senza opportuni interventi, si possano accentuare ingiustizie educative tra istituti, (.....) ma questa è una situazione che il sistema centralistico vigente di gestione del personale della scuola imperniato sul criterio dell’uniformità non ha saputo né evitare né correggere.”

Dopo queste affermazioni ha aggiunto:
”Sono comunque molto scettico sulle possibilità di cambiare il mercato del lavoro dei docenti in Italia. Ci sono troppi interessi tra loro coalizzati per difendere lo status quo . Le organizzazioni sindacali che gestiscono le trattative con il governo per la gestione del personale della scuola, da Marsala fino a Biella, non hanno nessun interesse a cambiare la situazione che concede loro una forza contrattuale considerevole e quindi un potere politico rilevante. Per ora non spunta all’orizzonte a mio avviso nessuna prospettiva di cambiamento, perché nell’intreccio di interessi coagulati nella gestione di un milione circa
di docenti non c’è nessuna forza che abbia la capacità di modificare
le regole del gioco e non ci sono ragioni per suscitare una coalizione di alleati sufficientemente forte per imporre un ribaltamento delle modalità di governo del personale della scuola. Bisogna avere bene chiaro che queste regole non derivano da considerazioni ispirate da valutazioni sulla qualità dell’istruzione o sull’equità dell’offerta formativa. Le ragioni che le legittimano sono di un altro genere e derivano dalla necessità di controllare la violenza dei conflitt simbolici tra i detentori del sapere, quelli che lo distribuiscono e le modalità che regolano le formulazioni dei discorsi. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la qualità degli apprendimenti o la liberazione delle menti. Da questo punto di vista i docenti non sono che pedine mosse a loro insaputa sulla scacchiera dei giuochi di potere che governano le popolazioni. E’ triste dirlo ma è bene non illudersi anche se è senz’altro duro privarsi di giustificazioni nobili che concorrono a costruire l’identità professionale, un modo di vita o i principi etici alla base di una scelta esistenziale.”

La questione retributiva è stato solo uno dei punti trattati nell’intervista, che ha affrontato altre questioni tra cui il disagio, l’insoddisfazione, il malessere e la sofferenza dei docenti che si manifestano in tutti i Paesi. Il testo integrale dell’intervista insieme alla relazione tenuta da Bottani alla Casa della Cultura di Milano su "La condizione dei docenti in Europa" si trova sul sito dell’ADi http://www.bdp.it/adi/

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Date: 13 May, 2003 on 01:10
ADI: IL MIRAGGIO DELLE RETRIBUZIONI EUROPEE
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