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AESPI: Comunicato 22 novembre 2002
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1. AESPI: Comunicato 22 novembre 2002
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Non più una riforma senz’anima

E’ con soddisfazione che accogliamo le notizie recentemente apprese dalla stampa a proposito delle “indicazioni nazionali” di insegnamento relative alla scuola primaria e al primo grado della scuola secondaria sottoscritte dal Responsabile Scuola di Alleanza Nazionale, senatore Giuseppe Valditara. In esse, infatti, il “tecnicismo” acutamente denunciato da Ernesto Galli Della Loggia sul “Corriere della sera” del 3/11/2002 è assente: vi si possono cogliere, invece, contenuti e linee di tendenza certamente perfettibili, tuttavia capaci di contribuire a vivificare la morta gora dell’istruzione italiana.
Ci interessa, in questa sede, esprimere qualche valutazione su alcuni tra gli elementi salienti delle “indicazioni”, pur correndo il rischio che l’imprecisione consustanziale alle fonti giornalistiche ci abbia in parte condotti fuori strada.

Il richiamo agli aspetti normativi dell’educazione linguistica – sul versante ortografico come su quello della sintassi della proposizione e del periodo – appare condivisibile in quanto definisce solidi punti di riferimento in una materia in cui i docenti procedevano sempre più in ordine sparso, sull’onda delle proprie inclinazioni ed idiosincrasie.
Si può dire, a costo di semplificare eccessivamente, che negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo prevalere dell’approccio semiotico-descrittivo su quello normativo-grammaticale: più Chomsky e Jakobson, meno coniugazioni. Con quali risultati? Consci del fatto che stiamo solo sfiorando una questione scientifico-didattica assai complessa, ci limitiamo a far presente ai preoccupati difensori della spontaneità espressiva che la libertà è consapevole violazione di regole. Consapevole, appunto, e non casuale. Lo stesso ordine di considerazioni dovrebbe valere per il proposto incremento dello studio del latino nella secondaria di primo grado.

L’auspicato ritorno alla memorizzazione delle poesie contenuto nelle “indicazioni”, non solo propone un esercizio mnemotecnico, peraltro estremamente formativo, bensì suggerisce anche un approccio globale al testo poetico, quel testo oggi troppo spesso sezionato in esangui lacerti secondo una moda tardo-strutturalistica non ancora tramontata.
La poesia sollecita sia l’aspirazione alla bellezza connaturata nell’uomo, sia il suo bisogno di verità profonde, quelle verità che i poeti esprimono in forma suggestiva e non logico-razionale, e proprio perciò tanto più efficace. La sua memorizzazione riconsegnerà agli studenti l’una e le altre in perpetuo possesso: non solo Ligabue (con tutto il rispetto per il serio e gradevole artigiano della canzone pop).

Si può discutere a lungo anche della riscoperta dello studio della Mitologia (ovviamente proposta agli alunni della scuola elementare ben distinta dal sapere storico). In proposito diremo soltanto che il valore esemplare ed educativo della mitologia greco-latina è pacificamente accettato, ed aggiungeremo che tutta la cultura occidentale ne è permeata, dalle sue espressioni più alte (poniamo: la Commedia dantesca) alle sue forme più popolari e disimpegnate (il cartone animato Pollon). Lo studio del mito è pertanto una ri-collocazione nel solco di una precisa tradizione culturale, ed insieme una chiave di conoscenza della realtà non solo storica, ma anche attuale.

Veniamo alla Storia. Sembra che le nuove indicazioni programmatiche prevedano una più ampia trattazione del Medioevo e del Risorgimento e un minor sbilanciamento in favore del Novecento.
Effettivamente il considerare la storia una specie di vettore avente come terminus ad quem il secolo dei genocidi è alquanto grottesco, oltre che fuorviante perché insensibilmente conduce lo scolaro ad una diffidenza, se non vogliamo dire disprezzo, per il passato.
Quanto al Medioevo, è indubbio che la sua trattazione, compressa tra quelle ingombranti e tracimanti del mondo antico e dell’età moderna, risulta attualmente inadeguata. Le indicazioni di Valditara potrebbero assicurare maggior respiro all’epoca in cui l’Europa visse la sua gestazione e la sua vigorosa infanzia. Fu una nascita con battesimo: forse anche per questo la si trascura?
Quanto poi al Risorgimento, dopo l’esaltazione acritica in uso nel ventennio fascista, dopo la più recente denigrazione di chi (a Destra come a Sinistra) ha voluto vedervi nient’altro che una guerra di conquista e una colonizzazione, è forse giunto il momento di trattarlo con quell’acribia e con quell’ampiezza che effettivamente merita questo nodo di interessi e di ideali, di generosità e di egoismi, di ingenuità e scaltrezze, di appagate bramosie e di sacrifici che fu la nascita della nostra Nazione.
E a proposito della Storia come dell’Italiano, ci sia consentito di proporre un suggerimento sia al Senatore Valditara sia al Ministro Signora Moratti: vogliano al più presto mettere fine alla cosiddetta “modularità” in uso negli istituti professionali in queste discipline.
Sono i “moduli” – per chi non lo sapesse – sostanzialmente delle tematiche più o meno vaste che il docente del Professionale deve trattare senza alcuna cura dei requisiti della successione come della completezza storica (Berlinguer statuit); per questo alla fine dell’anno il discente ritiene alcune conoscenze settoriali anche abbastanza approfondite, ma reciprocamente scollegate e come sospese su uno sfondo culturale quanto meno nebbioso. Il ritorno a programmazioni ricollegate alla storia (ma non per questo storicistiche) favorirebbe la diffusione di conoscenze più strutturate e compatte.

Per tornare alla questione dalla quale partimmo, e cercare di riassumere i motivi della nostra adesione all’iniziativa del Senatore Valditara, diremo che quest’ultima costituisce un sano contrappeso equilibratore a quel poco o tanto di aridamente tecnicistico che la riforma Moratti sembra presentare. La riduzione della scuola alle “tre i” (Impresa, Inglese, Internet) è un grave impoverimento, se significa trascurare istanze almeno altrettanto importanti (se non di più) facenti capo alla consolidata tradizione umanistica italiana. Non disconosciamo neppure, d’altro canto, che una cultura esclusivamente linguistico-umanistica, negantesi alle esigenze del mercato ed alle nuove tecnologie, correva il rischio di relegare i nostri studenti in un arcadico emarginato limbo. Modernità e classicità sembrano invece coesistere nell’ organismo scolastico che si intravede ora con maggiore chiarezza: i doni della tradizione non sono dispersi e gli strumenti per affrontare la modernità sono pure affidati a chi vorrà farne buon uso.

Per: Associazione Europea Scuola e Professionalità Insegnante
Angelo Ruggiero

Per: Circolo Europaduemila
Giuseppe Manzoni di Chiosca

Per: Consulta Regionale per i Valori della Scuola
Alfonso Indelicato


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Date: 23 Nov, 2002 on 14:36
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