da Corriere della Sera
Giovedì, 31 Marzo 2005L’appello bipartisan di dodici noti accademici pubblicato su «Il Riformista» di ieri
«Basta con l’università dei no»
Il manifesto per ridare competitività agli atenei. De Maio: ormai siamo a un punto limite
ROMA - «Siamo stanchi di dire e ascoltare solo dei no: da più di trent’anni l’Università italiana non sa fare altro. O meglio: non l’università, ma quella piccola minoranza alla quale consentiamo da troppo tempo di parlare a nome di tutti, e di bloccare tutto». Comincia così l’appello bipartisan sottoscritto da 12 professori, pubblicato su «Il Riformista» di ieri. Nel mondo accademico li conoscono tutti. Sono Ernesto Galli della Loggia, Angelo Panebianco, Nicola Rossi, Giorgio Rumi, Giancarlo Cesana, Biagio de Giovanni, Gaetano Quagliariello, Giovanni Sabbatucci, Aldo Schiavone, Gian Enrico Rusconi, Claudia Mancina e Daniele Bassi .
APPELLO - L’appello suona cone una chiamata alle armi rivolta a tutti i singoli docenti che hanno a cuore le sorti dell’università. Le Istituzioni non riescono a realizzare alcuna riforma? L’alta formazione sembra destinata ad un rapido declino? Per chi lavora negli atenei, scrivono i dodici intellettuali, è venuto il momento di assumersi delle responsabilità, di uscire allo scoperto , di affermare la propria volontà riformatrice in nome dell’interesse generale».
Il nemico da sconfiggere non è cambiato: quelli «del no, senza se e senza ma», associazioni di studenti e organizzazioni di docenti che a parte dire no a tutto, a volte anche a ragione, non hanno mai avanzato alcuna proposta concreta.
La riforma dello stato giuridico dei docenti universitari è ferma da diversi mesi durante i quali si sono alternate mobilitazioni, scioperi, trattative, richieste di natura corporativa, che non hanno visto però, come accade da tanti anni, «nessuna proposta concreta nè alcun suggerimento in positivo di portata generale e destinata a durare». Ancora una volta si sta ripetendo il vecchio film.
EFFETTO - Programmi dettagliati? Questo non è il momento. Il gruppo bipartisan attende di vedere quale sarà l’effetto del suo appello. C’è un intento costruttivo. Meglio una piccola riforma di nessuna riforma. «Vogliamo batterci contro i progetti sbagliati proposti dall’alto, ma batterci anche a favore di proposte in positivo - si legge nell’appello -. Sappiamo per esperienza diretta che l’università è giunta a un punto limite: vogliamo cercare di riformarla, di migliorarla. Non ci interessa mettere alla gogna il ministro o il governo di turno». E soprattutto c’è un’idea di Università: «Il luogo dove si trasmette e si elabora la cultura. Il luogo cioè dove la nostra società acquista conoscenza e consapevolezza della sua storia, dei suoi valori».
L’idea dei dodici professori piace. Per il rettore della Luiss di Roma, Adriano De Maio il metodo è quello giusto. «Non esiste la non decisione, esiste semmai la decisione di non cambiare nulla - spiega De Maio -. Siamo arrivati a un punto limite. Come in molti altri campi anche noi dobbiamo fare i conti con la competizione globale. Se non cambiamo c’è il rischio che i migliori, che siano professori, ricercatori o studenti, non trovino piu spazio e non crescano più nei nostri atenei».
ALLE ORIGINI - Per Sabino Cassese, ordinario di Diritto amministrativo a «La Sapienza» di Roma è venuto il momento di «uscire dai piagnistei e mettersi al lavoro». Cassese cita Von Humboldt: «L’università è una comunità di studiosi e studenti, occorre tornare alle origini». «Dobbiamo entrare nel merito dei problemi - afferma Salvatore Settis, rettore della Normale di Pisa - invece di usare le so lite formule: no al precariato, via questo, abbasso quest’altro. Studiamo l’università nel confronto con le altre istituzioni. Non possiamo permetterci di non essere competitivi. Dobbiamo lavorare sui dati e confrontarci sulle cose». «Un appello condivisibile, ma generico» per il matematico Alessandro Figà Talamanca. «Non si indicano i problemi dell’università».
Giulio Benedetti
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