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Parlando a scuola con gli alunni di una tragedia senza perché
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1. Parlando a scuola con gli alunni di una tragedia senza perché
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da La Repubblica
Mercoledì, 19 Settembre 2001

Parlando a scuola con gli alunni di una tragedia senza perché

MARCO LODOLI

Il primo giorno di scuola è cominciato come doveva, tra saluti, abbracci, racconti delle vacanze e buoni proponimenti. Le ragazze dell'istituto professionale alle quali provo a insegnare qualcosa di italiano e storia erano contente di ritrovarsi insieme e in fondo anche di ritrovare me come professore. Sanno che nelle mie ore si può discutere e divagare su ogni argomento, lasciando da parte per un poco gli obblighi del programma, le interrogazioni e i voti. E oggi mi aspettavo una discussione accesa, dopo gli attentati a New York e l'angoscia che ha avvolto tutto il mondo.
Anche il ministro Moratti, del resto, aveva invitato gli insegnanti ad aprire un dibattito su quanto è accaduto, affinché gli allievi non rimanessero prigionieri di paure irrazionali e ognuno potesse esprimere le sue sensazioni, i dubbi, le speranze. C'era tanto da dire e da chiedere, e io ero pronto a raccogliere sfoghi e domande, e anche a dare qualche spiegazione, sia pure vaga e confusa. Immaginavo che ci sarebbero state accuse al mondo islamico e forse anche al mondo occidentale, agli integralisti fanatici e ai servizi segreti americani, ai palestinesi e agli israeliani, che qualche ragazza avrebbe gridato bisogna bombardare a tappeto l'Afghanistan e che qualcun'altra avrebbe difeso a oltranza la pace. Immaginavo di ritrovare in piccolo le posizioni che intellettuali e opinionisti di destra e di sinistra esprimono sui quotidiani in questi giorni. D'altronde, così si è detto, ed è vero, questo è uno scenario atroce che riguarda tutti quanti, perché la guerra e il dolore forse sono dietro l'angolo, e la catena delle violenze potrebbe srotolarsi fin dentro casa nostra.
Ebbene, so che vi potrà sembrare incredibile, ma le mie alunne, ragazze di diciotto o diciannove anni sensibili e intelligenti, non sapevano quasi nulla. Naturalmente avevano visto nei telegiornali le immagini terrificanti degli attentati, i grattacieli sbriciolati come bottiglie, i pianti degli americani e anche le esultanze di certe piazze arabe, la faccia tesa di Bush e quella enigmatica e barbuta di Bin Laden, Arafat che donava il sangue e gli israeliani che si precipitavano a ritirare le maschere antigas, gli afgani in fuga per strade polverose e le mastodontiche portaerei che si muovevano nel mare: però non sapevano assolutamente come queste immagini fossero collegate tra di loro, quale fosse il filo teso e tagliente che le univa. Hanno visto per anni gli scontri in Palestina, sassate e fucilate, attentati suicidi e case rase al suolo, eppure non sono in grado di spiegare le cause di tanta violenza, e quasi non se le chiedono. Non sanno neppure che laggiù c'è una guerra che dura da decine di anni.
Quelle immagini violente sbocciano sui loro schermi come fiori del male senza gambo né radici, una a cancellare l'altra, volatili manifestazioni di una generale follia umana. Io sono sicuro di avere spiegato almeno un paio di volte, lo scorso anno, la situazione medioorientale, ma sembra che le mie parole siano morte a mezz'aria. Oggi ho ripercorso da capo le tappe della crisi, l'invasione russa dell'Afghanistan, la guerra del Golfo, la crisi dei territori occupati, la nascita dell'integralismo islamico, ma temo che le mie affannose spiegazioni siano già state dimenticate. E' tutto troppo complicato, è un pentolone bollente di cui vedono solo il fumo e il fuoco. L'unica certezza dei ragazzi è che il mondo è feroce e incomprensibile, una macchina infernale che produce spaventose immagini televisive. Mettere un dito in quella macchina per capire quali siano gli ingranaggi, e come girino, e perché, è un'impresa impossibile, inutile, che loro non sanno e non vogliono affrontare.
A volte mi metto nei loro panni e mi sembra di comprenderli, io che pure leggo i giornali e mi sforzo di avere delle opinioni. I ragazzi non sanno mettere insieme le immagini che vedono e le parole che ascoltano, ma noi adulti non siamo capaci di spiegare veramente cosa accade, perché in fondo non lo abbiamo capito neanche noi. Parliamo, scriviamo, discutiamo, e spesso è un universo parallelo fatto di parole e di carta, dove c'è chi è soddisfatto di avere ragione e di dimostrare i torti degli altri. I ragazzi guardano e tacciono, come se la televisione li avesse abituati da sempre all'idea della catastrofe. In silenzio la aspettano e la temono da tempo, come chi è già rassegnato.


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Date: 19 Sep, 2001 on 07:43
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