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«In questa scuola siamo gli ultimi ad essere ascoltati»
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da La Stampa
Sabato, 15 Settembre 2001

«In questa scuola siamo gli ultimi ad essere ascoltati»

La protesta sale nelle aule. Gli studenti: una riforma che non ci riguarda La nostra preparazione è pessima, troppi abbandonano prima del diploma

Raffaello Masci

ROMA Vista dalla parte degli studenti - soprattutto di quei 2 milioni e 400 mila delle superiori - la realtà della scuola è ancora molto conflittuale. Intanto è certamente «multietnica» in quanto ci sono oltre 150 mila stranieri iscritti e integrati, che quindi hanno diritto a vedere la loro cultura accolta e rispettata. Poi c’è l’emarginazione sociale e didattica che spinge circa il 13% dei ragazzi ad abbandonare la scuola nei primi due anni delle superiori, ma con diversificazioni a seconda dell’indirizzo di studi, per cui nei licei non abbandona quasi nessuno, ma nei professionali si arriva a quasi un terzo. Ma soprattutto, questa scuola, formalmente molto democratica, di fatto non tiene in alcuna considerazione gli studenti e le loro opinioni.
Per amore di statistica converrà aggiungere ancora alcuni dati di «scenario»: primo, che il tanto decantato liceo classico resta un indirizzo del tutto minoritario, scelto dal 9% degli studenti che, invece, in ragione del 40% puntano sugli istituti tecnici. Secondo, che uno studente italiano costa alle patrie casse 6.284 dollari l’anno (15 milioni circa) una cifra ben più generosa di quella investita da paesi come Inghilterra, Svezia, Olanda, ma assai inferiore agli oltre 8 mila dollari dell’Austria e i 7 mila degli Stati Uniti. In ogni caso si tratta di soldi mal spesi se - come avverte l’Istituto per la valutazione del servizio scolastico basandosi su raffronti con altri Paesi Ocse - i nostri studenti hanno una preparazione assai precaria in generale e decisamente pessima nelle materie scientifiche e tecniche.
Ma, sul piano soggettivo, gli studenti delle superiori soffrono soprattutto per un disagio da emarginazione. Brutalmente: non se li fila nessuno.
Formalmente mai nella scuola italiana c’è stata tanta democrazia come ora: gli studenti dispongono di rappresentanti di classe e di istituto, ma anche di Consulte provinciali, che sono dei «parlamentini» territoriali con due rappresentanti per istituto superiore. I 105 presidenti delle Consulte, infine, sono raccolti in una conferenza nazionale che interloquisce direttamente con il ministro.
Le associazioni studentesche sono riunite in un Forum che costituisce una specie di «Cgil, Cisl e Uil» degli studenti e come tale viene (o dovrebbe) essere ascoltato.
Insomma circa 150 mila studenti italiani delle superiori ha un incarico di rappresentanza. Inoltre almeno il 20% partecipa attivamente alle nuove forme di aggregazione politica. Gli studenti di sinistra si riconoscono nell’«Unione degli studenti» e in «Studenti.net», quelli di Forza Italia in «Autonomia studentesca», quelli di destra in «Azione studentesca».
Dal 27 luglio 1998 - inoltre - è entrato in vigore «lo statuto delle studentesse e degli studenti» che, a cominciare dalla denominazione (con le donne citate prima degli uomini) è la quintessenza della democrazia. Ciò detto, gli studenti lamentano di non contare niente.
«Paradossalmente - dice Rossella Mengucci che per conto del ministero ha seguito fin dall’inizio la partecipazione degli studenti all’interno della scuola dell’autonomia - questa complessa architettura della partecipazione, ha sortito il risultato di emarginare gli studenti dalle decisioni che possono e debbono prendere. Sia chiaro, non debbono entrare nel merito della didattica, che spetta agli insegnanti, né della gestione della scuola che compete ai dirigenti, ma ci sono molti argomenti sui quali sono chiamati a dire la loro. Per esempio: i criteri di valutazione, il calendario scolastico, l’orario delle lezioni, i tempi di vita degli studenti, i piani dell’offerta formativa. Ne sono invece esclusi? Formalmente no, ma tutto è demandato alla discrezionalità della classe docente che, purtroppo (io sono un’insegnante e posso dirlo) non ha la cultura della partecipazione».
«In realtà - spiega Alessandro de Troja, presidente uscente della Consulta di Lecce, una di quelle che funzionano meglio - se ci si organizza si può anche essere ascoltati. Noi, per esempio, abbiamo costituito un sito Internet, ci coordiniamo e facciamo pressione per ottenere degli obiettivi che consideriamo importanti. Ma dobbiamo anche ammettere che a volte veniamo consultati a decisioni prese. E allora non bisogna meravigliarsi se scoppiano proteste e occupazioni. A volte questi atti di forza sono indispensabili per ottenere quell’ascolto che ci viene negato».
«I temi caldi di quest’anno saranno - secondo Walter Schepis, della sinistra giovanile - la parità scolastica e l’ipotesi di buono scuola, oltre all’annoso problema della partecipazione».
Pragmatiche - e stridenti con quelle della sinistra - le istanze di Simone Paini, leader degli studenti di Forza Italia: «Abolizione dell’esame di maturità e sostituzione con una certificazione di apprendimento; ricorso all’e-book che vuol dire scaricarsi i libri di testo da Internet pagando un abbonamento all’editore; possibilità di creare un percorso formativo personalizzato attraverso un sistema di certificazioni e - infine - sì al buono scuola».


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Date: 15 Sep, 2001 on 08:13
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