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Libertà di insegnare e cattolicesimo
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1. Libertà di insegnare e cattolicesimo
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da Il Corriere della Sera
Sabato, 1 Settembre 2001

ELZEVIRO Scuola pubblica e privata
Libertà di insegnare e cattolicesimo

di EMANUELE SEVERINO


Il ministro dell’Istruzione Moratti ha recentemente criticato il «monopolio pubblico dell’istruzione», rivendicando il principio della «parità» tra scuola pubblica e privata. Quel monopolio esiste certamente, ma soprattutto nel senso, osservo, che oggi il costo dell’istruzione, per le famiglie, è considerevolmente inferiore nelle scuole pubbliche; verso le quali confluisce quindi la maggior parte della popolazione scolastica italiana. Anche le famiglie cattoliche che vorrebbero una scuola cattolica, dunque privata, per i propri figli sono spesso costrette per motivi economici a scegliere la scuola pubblica dove quel tipo di insegnamento non è garantito. La tendenza della maggioranza di governo è di potenziare al massimo la scuola privata; sì che, al limite, quella «parità» economica potrebbe significare che lo stanziamento statale per la scuola fosse diviso in due parti uguali. Bisognerebbe modificare la Costituzione - e non sarebbe un ostacolo insuperabile - ma bisognerebbe anche esser certi che le famiglie desiderose di una scuola cattolica per i loro figli non fossero così poche da lasciare eccessivamente inutilizzato lo stanziamento reso loro disponibile, togliendo così risorse alla scuola pubblica. D’altra parte quella disponibilità inutilizzata favorirebbe l’aumento di imprenditori di scuole private, prevalentemente cattoliche.
Certo, che i genitori debbano esser liberi di dare ai propri figli un certo tipo di scuola è un principio a doppio taglio. Nella maggior parte dei casi i figli tendono a fare l’opposto o comunque qualcosa di diverso da ciò che i genitori vogliono imporre loro. Costringilo a fare il baciapile, e vedrai che, nel migliore dei casi, tuo figlio si terrà alla larga dalle chiese. Si è così sicuri che nelle famiglie italiane (e non solo italiane) il cattolicesimo sia vissuto a un così alto e nobile livello da produrre alte e nobili motivazioni nella scelta di una scuola cattolica? Pascal diceva che per arrivare alla fede è opportuno abituarsi a genuflettersi facendo il segno della croce con l’acqua santa. Può darsi che con lui la cosa abbia funzionato. Ma è molto più certo che si tratta di un cattivo principio pedagogico. I figli, per obbedire, devono sentire l’altezza, la nobiltà, l’intelligenza degli ordini dei genitori.
Ma veniamo al «codice deontologico» che - a integrazione di quanto detto dal ministro - il viceministro dell’Istruzione Aprea ha proposto per i docenti. Per costoro «ci sarà qualche richiamo al rispetto della libertà di apprendimento degli studenti e della pluralità delle idee». Forse, qui, c’è un sovraffollamento di libertà. Se i genitori devono essere liberi di dare ai figli la scuola che essi, i genitori, voglion dare, essi devono poterlo fare anche se i figli non sono d’accordo. È vero, i ragazzi sono immaturi, si dice, e non è il caso che facciano valere la loro immatura libertà, opponendosi alle ponderate decisioni dei genitori. Ma ecco che, secondo il viceministro, appena sedutisi sui banchi di scuola - della scuola pubblica - diventano rispettabili soggetti di libertà, della quale i docenti devono tener conto. Ma se sono liberi rispetto ai loro docenti, perché non dovrebbero esserlo rispetto ai genitori?
Ho detto qui sopra che i nostri ragazzi diventerebbero liberi appena si siedono sui banchi della scuola pubblica . Sì, perché sarebbe un bel guaio se la libertà dei loro genitori li avesse mandati a una scuola privata cattolica, e qui i loro docenti fossero tenuti al «rispetto della libertà di apprendimento degli studenti e della pluralità delle idee». Papà e mamma dicono al figliolo «Tu dovrai essere un buon cattolico; vai quindi in una scuola cattolica». Il figliolo ci va, ma la sua libertà, attivata dalla pluralità delle idee, lo porta a convincersi della bontà dell’ateismo o del buddhismo; e, nella scuola cattolica, il docente deve rispettare la libertà di apprendimento dello studente e la pluralità delle idee! Via, questa scuola cattolica, in Italia, non esiste!
Il fatto è che il «codice deontologico» di cui parla il viceministro non deve esistere per tutti i docenti, ma solo per i docenti della scuola pubblica . Il che vuol dire: se in una scuola pubblica capita uno studente mandato da genitori cattolici, il docente rispetti, in nome della pluralità delle idee, la fede religiosa dello studente; ma se in una scuola cattolica, mandatovi da genitori cattolici, uno studente si convince della validità dell’ateismo o del buddhismo, il docente non dovrà affatto rispettare la «libertà di apprendimento dello studente e la pluralità delle idee», ma dovrà seriamente impegnarsi a fargli cambiare idea, e qualora non gli riuscisse, la scuola cattolica dovrà chiedere agli sfortunati genitori di tenersi a casa quel loro benedetto figliolo. Giacché, come ho scritto altre volte, la «libera scuola cattolica» è una scuola vincolata all’insegnamento della Chiesa.


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Date: 01 Sep, 2001 on 07:45
Libertà di insegnare e cattolicesimo
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