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«Più concorrenza e produttività per i docenti»
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1. «Più concorrenza e produttività per i docenti»
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da Il Corriere della Sera
29 novembre 2003

«Più concorrenza e produttività per i docenti»

MILANO - Boccia la produttività dei professori italiani, invoca l'eliminazione dei concorsi e del valore legale del titolo di studio e auspica atenei in concorrenza che possano scegliere corsi e docenti pagandoli con forme innovative. E’ la ricetta per rilanciare l'università italiana che Alberto Alesina, nato a Broni, laureato con Mario Monti in Bocconi e ora direttore del Dipartimento di Economia ad Harvard, ha proposto ieri nel corso dell'inaugurazione dell'anno accademico della Bocconi, davanti ad autorità e rettori degli atenei statali assai critici. Meno privilegi e più ricerca, dunque. «Per la Bocconi ci vuole velocità di cambiamento ma senza che ciò causi rigetto», ha detto il commissario Ue, Mario Monti, che ha applaudito l’ex allievo. Mentre il rettore Carlo Secchi ha proposto «un network che raggruppi i laureati con posizioni di rilievo all’estero». Sulla base di quali dati professor Alesina «boccia» l’università italiana?
«Partiamo dall'analisi dei dati elaborati dal professor Roberto Perotti. Un professore inglese attualmente in cattedra ha prodotto in media il doppio di pubblicazioni di un italiano, 11,2 contro 5,6. E questo, nonostante la spesa universitaria divisa per numero di docenti è di 162.532 dollari in Italia contro i 138.977 in una università inglese».
Ma i docenti italiani hanno più studenti.
«Non è vero che i docenti italiani sono oberati di peso didattico: seguono 11,2 studenti contro gli 11 di una università inglese».
Dove risiede il problema?
«Innanzitutto nella cooptazione dei docenti: i concorsi devono sparire e i docenti devono essere chiamati dall'esterno. In Italia, su 32 concorsi con due idonei 35 vengono aggiudicati a candidati interni».
Con buona pace di chi ha più pubblicazioni.
«Esatto. Ho calcolato che se un esterno ha 13 pubblicazioni e un interno zero, questi partono più o meno alla pari in un concorso»
Per questo non si fa buona ricerca?
«I cattivi risultati di questo trend si vedono dal numero di premi Nobel in Economia: 39 sono stati assegnati per ricerche svolte negli Usa, zero in Italia. Dunque, il sistema italiano non produce ricerca paragonabile a quella di altri Paesi, promuove candidati mediocri e fa laureare a 27,8 anni».
Perché avviene questo?
«Per mancanza di concorrenza, di incentivi, di controllo dell’utente e per una certa ideologia "populista" che tende a uniformare la qualità degli atenei».
Quali le soluzioni?
«Abolizione di concorsi e chiamata libera con salari differenziati. Sarà il mercato, ovvero la scelta degli studenti, a premiare le università».
Si tratta, in sostanza, di spostare il finanziamento dal contribuente all'utente.
«Ciò permetterà lo svilupparsi di università private con un sistema di tenure all'americana, con abolizione della carriera a vita per i docenti e del valore legale del titolo di studio».
Pensa che la sua ricetta possa essere attuata?
«Non credo che l'Italia attuerà una riforma così, a causa della lobby dei professori e di un certo conservatorismo».
Qualche aspetto positivo del sistema italiano?
«La nascita dell'Istituto Italiano di Tecnologia, già contestato da numerosi rettori delle università statali».
Suggerimenti?
«Alla Bocconi di schierarsi senza ambiguità nel sistema anglosassone, facendo offerte in blocco ai cervelli all’estero per richiamarli in Italia, adottando il nuovo metodo di reclutamento suggerito e potenziando solo i centri di eccellenza. Ma bisogna aumentare le risorse disponibili».
Come?
«Facendo fund-raising», ovvero cercando donazioni private: «In Usa molte cattedre sono sponsorizzate, senza alcuna influenza per la ricerca».

Pierluigi Panza


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Date: 29 Nov, 2003 on 08:02
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