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I ricercatori: un posto, poi verifiche severe
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1. I ricercatori: un posto, poi verifiche severe
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da Il Corriere della Sera
11 novembre 2003

Parlano i vincitori di concorso. «Servono garanzie. O stipendi come negli Usa»

I ricercatori: un posto, poi verifiche severe

«Precaria da un decennio, basta». «I progetti hanno bisogno di anni». La Moratti: la Banca europea degli investimenti finanzierà il settore


ROMA - C’è chi ammette di volersi sistemare. Ma solo perché «dopo dieci anni e passa da precario, non ce la faccio più». Chi accetterebbe una vita fatta di contratti a termine, «a patto che la paga non sia da fame come ora». E chi spiega che la stabilità serve sì, ma alla ricerca: «Si dimentica che i progetti ambiziosi hanno bisogno di tempo per dare risultati». Il popolo dei ricercatori non ci sta. E respinge le critiche di chi, come Geminello Alvi ieri sul Corriere , li vede come una categoria che pensa troppo al posto fisso. I più agguerriti sono proprio loro, i 1.700 che hanno vinto il concorso negli ultimi due anni. Ma che il posto lo aspettano ancora per il blocco previsto in Finanziaria. Il governo cerca i 100 milioni di euro necessari per assumerli. E da Bruxelles arriva un’importante novità: per la prima volta l’intero settore sarà finanziato dalla Banca europea degli investimenti. «E’ una vittoria della presidenza italiana dell’Ue», dice il ministro dell’Istruzione, Letizia Moratti, che sottolinea come in Europa siano necessari 700 mila ricercatori.
Francesca Bodega, 34 anni, biologa, il concorso da ricercatrice l’ha vinto alla Statale di Milano. Studia il funzionamento dell’apparato respiratorio. «Mi sono laureata nel 1995. Poi ho fatto un dottorato di 4 anni e vinto un assegno che mi copre fino al 2005». Ha un figlio di due anni. E questo ha cambiato un po’ le cose: «Arrivata a questa età sì, vorrei il posto fisso. Non per stare senza far niente. Ma per continuare, con un po’ di tranquillità, il lavoro che amo e non cambierei mai: meglio precaria qui che ministeriale a vita».
Marco Bellabarba, 43 anni, aspetta la chiamata a Trento, facoltà di Storia. Si occupa dei rapporti fra Italia e Germania. E ha le idee chiare: «Il posto statale non è un pericolo per la produttività. Ma una cosa va cambiata: servono delle verifiche serie sull’attività. Oggi sono all’acqua di rose. Devono essere severe, invece, magari con una commissione esterna. E chi non supera la prova non deve avere più finanziamenti».
Ignazio Blanco, 32 anni, studia la degradazione dei materiali plastici usati in aeronautica. Il concorso l’ha vinto a Catania, Ingegneria: «Si dice che vogliamo un lavoro stabile. E invece il problema va rovesciato. I progetti, almeno quelli di un certo peso, hanno bisogno di 5 o 6 anni per dare i loro frutti. E’ la stabilità dei ricercatori a costruire una ricerca senza il fiato corto».
Maximiliano Sioli, 33 anni, si dedica alla fisica, a Bologna. E la pensa diversamente: «Oramai stiamo andando verso il modello americano, cioè solo contratti a termine. Va anche bene, a patto che sia copiato pure il livello della paga, tre volte la nostra. Temo che sceglieranno un sistema misto: niente posto stabile e stipendi da fame».
Da Bologna a Cosenza. Elisabetta Della Corte, 36 anni, è ricercatrice (anche lei in pectore ) in Sociologia economica. Ha lavorato in mezza Europa. Ma ha scelto di tornare in Calabria. E’ una di quelle che ci credono davvero: «Voglio lavorare qui, perché concentrare le nostre energie al Sud vuol dire aiutare lo sviluppo della nostra terra. Se ho scelto questo lavoro, non è stato certo per stare tranquilla o fare soldi. Altrimenti sarei rimasta a Bruxelles come le mie amiche che prendono 5 milioni al mese e alle sei vanno a casa».
Barbara Mastropietro, 33 anni, si è laureata in Giurisprudenza nel 1993. Da allora ha fatto un dottorato e tanta gavetta. Poi ha vinto il posto da ricercatore (che ancora non c’è) alla Sapienza di Roma. «Sono stata precaria per 10 anni. Come dire, ho già dato. E poi nel nostro Paese serve qualche garanzia per chi vuole fare ricerca: è un settore che conta così poco. Se continua così, quasi quasi faccio l’avvocato».

Lorenzo Salvia


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Date: 11 Nov, 2003 on 08:06
I ricercatori: un posto, poi verifiche severe
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