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Google, il vero potere di un motore
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1. Google, il vero potere di un motore
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da Il Corriere della Sera
9 novembre 2003

Monopolista delle ricerche su Internet, pronto a quotarsi in Borsa
Google, il vero potere di un motore

di BEPPE SEVERGNINI

Una volta, prima di un’assunzione, qualcuno domandava informazioni al parroco: adesso cerca su Google. Un tempo, per trovare un medico specialista, chiedevamo agli amici: ora andiamo su Google. Se non sappiamo qual è l’età di Madonna o come si scrive «metempsicosi», non apriamo un’enciclopedia o un vocabolario: diamo un’occhiata a Google. Prima di visitare una città, un ristorante o un argomento, la prima cosa da fare, ormai, è: Google. Che cos’è Google? Il principale motore di ricerca su Internet. Un successo strepitoso nato dai soliti due studenti di un’università in California.
Sergey Brin e Larry Page, dell’Università di Stanford, intendevano organizzare l’enorme quantità di informazioni presente su Internet. Hanno giocato col vocabolo «googol» (dieci elevato alla centesima potenza) ed è saltato fuori Google, che in pochi anni ha sbaragliato la concorrenza.
Ora esistono siti in varie lingue, e i maggiori portali (Yahoo, Aol) se ne servono. Google è uno dei pochi giganti di successo di Internet, insieme a eBay e Amazon.
In vista della quotazione in Borsa - la prima di quest’importanza dopo il crollo delle «dot.coms» - si parla del valore: 15 miliardi di dollari. Troppi? Forse. Microsoft sta per lanciare il suo motore di ricerca, e tenterà di giocare a Google lo scherzo che gli è riuscito con Netscape (browser) e Real (filmati, suoni): stendere l'avversario sfruttando il dominio dei sistemi operativi. Ma questo, forse, accadrà domani. Oggi comanda Google, dai cui algoritmi passa il 75% delle ricerche sulla rete. Scrive l’Economist, che gli ha appena dedicato un lungo servizio: «Questo è potere». Vero, ma è anche qualcos’altro. E’ una rivoluzione culturale, la cui portata ancora ci sfugge. Non credo che mai, nella storia, tanta gente cercasse tante informazioni dalla stessa fonte. Le enciclopedie sembrano di colpo dinosauri, perché Google è potente, aggiornato, versatile e democratico: in fondo non offre informazioni, rimanda a chi ne ha. Basta un computer in rete e sappiamo quanti e quali siti si occupano di Francesco Toldo e di Francesco d’Assisi, di caponata e di capoera (danza brasiliana), di panificazione e di Panariello.
Le conseguenze sono enormi. Pensate all’importanza di finire tra i primi risultati della ricerca, per un’azienda o una località turistica. Quando cerco «Yakutia» (fascinosa repubblica della federazione russa: vale il viaggio) ottengo 51.000 risultati (= siti internet) in 0,17 secondi. Non a caso, da qualche tempo, nella pagina dei risultati appaiono - in alto a destra - anche i «collegamenti sponsorizzati». Altra conseguenza: Google è diventata una classifica delle notorietà. Imperfetta (per via delle omonimie): ma affascinante, e internazionale. Questo provoca virulenti attacchi di narcisismo virtuale, e permette confronti attraenti quanto inutili. Attraverso Google possiamo dirimere la contesa politica tra Umberto Bossi (42.400 siti) e Gianfranco Fini (60.100); risolvere il duello contabile tra Giulio Tremonti (29.900) e Antonio Fazio (39.800); studiare la rivalità televisiva tra Bruno Vespa (29.900) e Maurizio Costanzo (45.500); ridimensionare il primadonnismo musicale di Adriano Celentano (48.400) in favore di Vasco Rossi (66.700).
L’aspetto più impressionante, tuttavia, è un altro. Per chi fa un mestiere pubblico, Google è una sorta di serbatoio della memoria: dentro ci sta la nostra vita, con informazioni, immagini, suoni. Prima di scrivere quest’articolo ho girovagato tra gli 8.080 siti che mi riguardano: ho ricordato viaggi dimenticati e convegni di cui vorrei dimenticarmi, ho riletto articoli, visto fotografie, ascoltato interviste. La mia anima pubblica è lì, insieme a quella di moltissimi altri. Chiunque abbia voglia di passare un’ora su Internet partendo da Google, saprà di me più di tutti i miei parenti.
Certo: il giorno in cui smetterà d’essere divertente, la faccenda potrebbe diventare inquietante. Ma non ci sarà nulla da fare. Il genio di Google è fuori dalla bottiglia, dentro l’universo parallelo della rete. Indietro, non torna.

Beppe Severgnini


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Date: 09 Nov, 2003 on 10:13
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