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LA SCUOLA E LE FEDI
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1. LA SCUOLA E LE FEDI
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da Il Corriere della Sera
1 novembre 2003

LA SCUOLA E LE FEDI

La scuola, le fedi e il vuoto pedagogico
Un’istruzione monotematica è incompatibile con un pacato rispetto di identità e di radici

di GASPARE BARBIELLINI AMIDEI

La scuola tace. Ora che la vicenda del crocifisso rimosso sembra superata, almeno dal punto di vista giudiziario, resta più spazio e più razionalità per il vero problema di fondo. Nelle aule di tutta Italia nessuno parla ai ragazzi, cattolici, cristiani di diverse Chiese, ebrei, musulmani, buddisti, induisti, animisti, nessuno racconta la storia dei mille modi con i quali gli uomini hanno da sempre regolato il loro rapporto con l’invisibile. Da quando è crollato il muro di Berlino, non ci sono più neppure molti professori disponibili a spiegare che cosa intendesse Marx per alienazione religiosa, che per negazione era pur sempre un modo di parlare di Dio. Pesa in modo dannoso sulla lucidità della nostra convivenza multietnica il vuoto pedagogico intorno alle risposte che le popolazioni del mondo danno alle grandi domande esistenziali. Sappiamo insegnare ai bambini come è fatto l’ultimo sistema arrivato dalla California per il loro computer, ma non sappiamo spiegare loro il significato delle preghiere recitate dal compagno straniero.
L’intolleranza si giova dell’ignoranza propria e di quella altrui sui simboli, sui riti, sulle vicende della pietà, sui santi e sui paradisi delle diverse fedi. Una istruzione monotematica è incompatibile con un pacato rispetto di identità e di radici.
Non entro qui nel merito dell’ora settimanale di insegnamento della religione cattolica e del quadro fissato per essa dalle norme concordatarie. In ogni caso con tutta la migliore buona volontà non è possibile inserire in questo schema una soddisfacente e ponderata conoscenza delle altre religioni. Prendo in mano uno dei migliori libri utilizzati a scuola dai docenti di religione: su 790 pagine soltanto 30 sono dedicate al capitolo «Una terra, molte religioni, un Dio». Basta il 5 per cento dello spazio per sapere chi è l’altro Dio oggetto delle preghiere del compagno di banco? Se un’ora alla settimana di «lezione concordataria» agli ultralaici pare già eccessiva per il Dio dei cristiani, che cosa dire di quell’ora l’anno dedicata a «tutto il resto»?
«La meno ovvia fra le realtà universali», per usare il felice minimalismo di un grande studioso del sacro, lo svizzero Walter Burket, merita almeno il tempo lasciato dalla scuola al funzionamento dei cellulari. Se i ragazzi non vengono informati dei modi con i quali le genti mettono a bilancio l’eterno, si spianano le strade parallele del fondamentalismo e dell’ebetudine materialistica. Il tema è difficile perché tocca molte suscettibilità. La Chiesa cattolica del passato non ha favorito una conoscenza matura delle verità altrui. Questo Papa ha grandissimi meriti in materia, le assemblee di Assisi sono una universale pedagogia di fratellanza.
Un piano scolastico pubblico dovrebbe partire dalla Bibbia, ma non solo. Il patrimonio religioso dell’umanità non è riducibile al ceppo monoteistico. Ci sono tanti rischi in un progetto educativo improvvisato. Facile è sbriciolare frettolosi insegnamenti in un minestrone di teosofia e di New Age. Il tema difficile della parità degli spazi per le diverse tradizioni confluisce poi nella generale scommessa di inserire con pieno diritto dentro la realtà scolastica italiana centinaia di migliaia di ragazzi extracomunitari, con le loro fedi e i loro simboli da non rimuovere, neppure se finissero alla parete di un’aula.

Gaspare Barbiellini Amidei


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Date: 01 Nov, 2003 on 07:50
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