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Domani in vigore la legge Biagi
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1. Domani in vigore la legge Biagi
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da Repubblica.it

E' la Lombardia la regione con più lavoratori atipici
Subito dopo il Veneto e l'Emilia Romagna

Domani in vigore la legge Biagi
Nuove norme per 7 milioni
Non si applica al pubblico impiego, ma è in corso una delicata trattativa sulle possibile ricadute per i dipendenti statali

di MARCO BRACCONI

ROMA - L'esercito dei lavoratori "atipici" in Italia conta quasi 7 milioni di persone. Sono - secondo i dati forniti oggi dalla Cgia di Mestre - quelli che finora hanno avuto un contratto di formazione lavoro, i collaboratori coordinati e continuativi (Co. Co. Co.), quelli che hanno lavorato in affitto, o come apprendisti, i dipendenti part time o a tempo determinato. Insomma, sono 6 milioni e 936 mila 855 persone che da domani, con la entrata in vigore della legge Biagi, sono destinati a cambiare "pelle".

Una pelle sempre più flessibile. Troppo secondo la Cgil, in maniera accettabile per Cisl e Uil. Fatto sta che con la legge 30 il governo regolamena tutte le forme di lavoro "atipico" accelerando sul fronte della elasticità contrattuale, dal lavoro interinale al cosiddetto "lavoro a "chiamata; dal "job sharing" (un solo contratto per due persone) al "lavoro a progetto", che prende il posto dei contratti Co.Co.Co.

Dei milioni di lavoratori "atipici", circa il 35% (2,39 milioni), hanno un contratto da Co.Co.Co.); i part-time sono 1,87 milioni; i contrattisti a tempo determinato 1,56 milioni; gli apprendisti 475 mila; i lavoratori "in affitto" 375mila; i contratti di formazione lavoro 259mila. E in cifre assolute è la Lombardia a vantare il numero più alto di "'atipici" (1.339.314). Seguono il Veneto (666.764) e l'Emilia Romagna (646.225).

Quanto invece all'incidenza percentuale degli atipici sul totale dei lavoratori, secondo la Cgia emerge che la quota più ampia spetta a Trentino Alto Adige (39,11%), seguita da Valle d'Aosta (37,85%) e Friuli Venezia Giulia (36,44%). Al quarto posto l'Emilia Romagna (35,47%), poi la Toscana (33,64%) e il Veneto (33,56%). Chiudono la graduatoria il Molise (27,40%), la Basilicata (25,70%) e, in ultima posizione, la Campania (22,43%).

Una rivoluzione per tutti coloro che non hanno il cosiddetto "posto sicuro". Anche se pure il ministero della Funzione pubblica e i sindacati del pubblico impiego sono in questi giorni al lavoro. Perché con l'entrata in vigore della legge, entra nel vivo anche una delicato confronto sotto il segno di una parola prevista dal testo della legge 30: "Armonizzazione".

La legge infatti non si applica al pubblico impiego, ma nel decreto attuativo si prevede una "armonizzazione" per il settore pubblico "laddove è necessario". Un solo esempio: negli Enti Locali sono previsti contratti di collaborazione coordinata e continuativa, che però con la legge Biagi non ci saranno più. Che fare? E ancora, quelle che oggi sono le consulenze, rientrano o meno nel campo della legge Biagi?

Nei giorni scorsi Luigi Mazzella, ministro della funzione Pubblica, ha fatto sapere che invierà all'Aran una atto di indirizzo "quadro" sulla base del quale arrivare a un accordo. Dal ministero si fa sapere che da quel momento in poi ogni passaggio sarà regolato dalla contrattazione collettiva. I sindacati però restano guardinghi e non hanno intenzione di accettare eventuali ricadute "automatiche" sui contratti di lavoro del pubblico impiego. Anzi. Si fa notare che nei contratti pubblici rinnovati dopo l'approvazione della legge 30, come per esempio quello riguardante gli Enti Locali, è stato ribadito che le norme preesistenti "restano in essere". E per evitare rischi in quelli che verranno, insistono i sindacati, c'è bisogno di un confronto specifico.

E' un terreno in apparenza segnato, ma può diventare scivoloso. Le confederazioni vogliono un accordo "quadro", semplice e snello, perché - soprattutto nella Cgil - c'è il timore che dietro la parola "armonizzazione" possano invece passare processi di precarizzazione. E se il ministro spiega che "l'atto d'indirizzo intende rispettare le specificità di ciascun contratto di settore, così che la disciplina concreta possa essere adattata alle effettive esigenze dei singoli comparti", i sindacati non vogliono che si possano aprire spazi di "deregulation" senza controlli.

Ecco per esempio il segretario confederale della Cgil, Gian Paolo Patta. Che conferma il giudizio negativo della sua confederazione rispetto alla riforma del mercato del lavoro e spiega: "Siccome nel pubblico impiego la legge 30 non si applica, vorremmo una direttiva del ministro che dia la normativa di un accordo quadro che dovrà risultare snello. L'intesa servirà ad evitare contenziosi che si verificherebbero se ogni amministrazione applicasse la normativa con proprie modalità".

Dalla Uil si accoglie con soddisfazione il confronto in sede Aran "per delimitare il campo di applicazione e le percentuali di utilizzo di eventuali flessibilità". A scanso di equivoci, Antonio Foccillo osserva che "il contratto flessibile nel pubblico impiego non si traduce mai in un rapporto di lavoro a tempo determinato, perché nella pubblica amministrazione si entra solo per concorso. Cosa prevista, va ricordato, dal dettato della Carta Costituzionale.

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SCHEDA
Legge Biagi
Ecco le novità

IL decreto attuativo della riforma Biagi è stato varato dal Consiglio dei ministri il 31 luglio e pubblicato in Gazzetta ufficiale il 9 ottobre. Entra in vigore domani, ma per vedere tutte le nuove norme applicate ci vorrà ancora del tempo. Solo alcune parti della legge, infatti, sono immediatamente operative: quelle su part-time, "job on call", "job sharing", "lavoro a progetto", tirocini estivi. Per altre, saranno necessari ulteriori decreti e circolari interpretative e in qualche caso si rimanda ad accordi interconfederali. Per il 30 ottobre è fissato un nuovo incontro tra governo e parti sociali. Ecco le novità nel dettaglio.

Servizi per l'impiego. Arrivano gli uffici di collocamento privati. Si ampliano le possibilità attualmente permesse dalla legge per svolgere attività di intermediazione consentendola, tra l'altro, anche alle società per la fornitura di lavoro interinale (per queste ultime viene infatti abolito il vincolo del cosiddetto oggetto sociale esclusivo). Accanto ai centri per l'impiego, altri organismi privati o privato-sociali potranno svolgere, a determinate condizioni e con una specifica autorizzazione, tutti i servizi per il mercato del lavoro. A svolgere attività di intermediazione potranno essere anche enti locali, camere di commercio, università, istituti di scuola secondaria di secondo grado, consulenti del lavoro, enti bilaterali, sindacati e organizzazioni imprenditoriali firmatarie di contratti collettivi nazionali.

Borsa del lavoro. Servizi pubblici e privati di collocamento saranno collegati tra loro, con il ministero del Welfare e con gli enti previdenziali attraverso il Sil (Sistema informativo del lavoro). Nasce così la borsa del lavoro: una banca dati dei lavoratori attivi e in cerca di occupazione con lo scopo di agevolare l'incontro tra domanda e offerta.

Lavoro interinale. Diventa più elastico il ricorso al lavoro interinale. Le aziende potranno affittare lavoratori, per un determinato periodo di tempo, non solo nei casi previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, ma anche in situazioni strutturali di carattere produttivo e organizzativo. Saranno i contratti collettivi a porre dei "paletti", stabilendo limiti quantitativi. Ai lavoratori in affitto spetterà un trattamento economico e normativo non inferiore, a parità di mansioni, a quello dei dipendenti dell'azienda utilizzatrice. Ma l'interinale non potrà essere utilizzato per sostituire lavoratori in sciopero o licenziati collettivamente nei sei mesi precedenti.

Staff leasing. D'ora in avanti i lavoratori potranno essere affittati anche a tempo indeterminato. Con la riforma, infatti, si introduce in Italia il cosiddetto "staff leasing" o leasing di manodopera, finora vietato nel nostro ordinamento, ma già usato in altri Paesi. Le aziende potranno quindi ricorrere alla somministrazione di manodopera non solo a termine, ma unicamente per particolari ragioni tecniche e organizzative. Sarà possibile in una serie di casi, tassativamente indicati dal decreto: consulenza e assistenza nel settore informatico; servizi di pulizia, custodia e portineria; trasporto di persone e merci; gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi e magazzini; attività di marketing e analisi di mercato; call-center; costruzioni edilizie all'interno di stabilimenti e installazione impianti, per particolari attività produttive.

Ramo d'azienda. Le aziende potranno trasferire un ramo della propria attività, purchè sia funzionalmente autonomo nel momento in cui viene trasferito. I lavoratori adibiti all'attività ceduta mantengono tutti i diritti acquisiti: il trasferimento, infatti, non può comportare un peggioramento delle condizioni dei dipendenti. Previsto inoltre un regime di particolare solidarietà tra appaltante e appaltatore per le ipotesi in cui a una cessione di ramo d'azienda sia connesso un contratto di appalto.

Lavoro a chiamata. E' il "job on call", detto anche "lavoro intermittente". Il lavoratore si mette a disposizione del datore e aspetta la sua chiamata. La prestazione viene quindi svolta in maniera discontinua e l'attesa del prestatore ricompensata da una sorta di "indennità di disponibilità" corrisposta dal datore oltre alla retribuzione per le ore effettivamente lavorate, la cui misura è stabilita dai contratti collettivi. Questo vale solo per il lavoratore che contrattualmente si obbliga a rispondere alla chiamata del datore.
L'eventuale rifiuto potrà, infatti, in questo caso, comportare la risoluzione del contratto, la restituzione della quota di indennità e il risarcimento del danno.

Job sharing. E' il cosiddetto "lavoro ripartito": un contratto atipico che introduce il principio della condivisione del lavoro, secondo il quale due o più persone in accordo con il datore assumono "in solido" un'unica obbligazione di lavoro. Ciò significa che ciascuno sarà indifferentemente tenuto nei confronti del datore all'esecuzione della stessa prestazione. Il contratto di "job sharing" prevede quindi due intestatari, che possono liberamente concordare come ripartirsi gli incarichi e come suddividersi in due o più fasce orarie un lavoro a tempo pieno. Se uno dei due si dimette o viene licenziato, si estingue l'intero vincolo contrattuale a meno che, su richiesta del datore, l'altro sia disponibile ad assumersi l'intera obbligazione e il contratto si trasformi in rapporto subordinato.

Part time. Si prevedono fasce orarie più elastiche e la possibilità di ricorrere al lavoro supplementare. La durata dell'attività potrà essere modificata con il consenso del lavoratore e dietro una maggiorazione retributiva. Una possibilità prevista solo per il part-time "orizzontale", in cui le ore supplementari sono svolte nell'arco della giornata lavorativa, mentre per rendere più flessibile il part-time verticale e misto basterà aumentare la durata della prestazione. Il datore dovrà in ogni caso specificare nel contratto le ragioni di natura tecnica, organizzativa o produttiva che rendono necessaria l'elasticità della prestazione.

Apprendistato. Riordino in vista anche per i cosiddetti contratti "a contenuto misto", che uniscono alla prestazione lavorativa attività di formazione e di riqualificazione professionale. Diverse le modalità di applicazione. Se utilizzato per adempiere al diritto-dovere di istruzione, l'apprendistato dura fino a tre anni ed è finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale. In tutti i settori, poi, può essere usato l'apprendistato professionalizzante, per conseguire una qualifica attraverso la formazione sul lavoro. In questo caso, è rivolto ai giovani fino a 29 anni e può durare da due a sei anni. Un'altra possibilità è prevista per conseguire titoli di studio universitari, di livello secondario o di specializzazione tecnica superiore. La regolamentazione è rimessa alle Regioni: forma scritta, compenso, recessione, orario, tutor.

Contratto di inserimento. Il contratto di formazione lavoro è sostituito dal contratto di inserimento, che ha l'obiettivo di adattare le competenze professionali dei lavoratori alle esigenze dell'impresa che lo assume. E' destinato a giovani tra i 18 e i 29 anni, a disoccupati di lunga durata fino a 32 anni, a lavoratori con più di 45 anni privi di occupazione, a chi non abbia lavorato per due anni, alle donne residenti nelle aree più svantaggiate, ai disabili. I contratti di inserimento durano da 9 a 18 mesi e possono essere stipulati da enti pubblici, imprese e gruppi di imprese, associazioni professionali, fondazioni, enti di ricerca.

Lavoro occasionale accessorio. Si potranno svolgere lavori occasionali, ma solo se muniti di appositi "voucher", veri e propri buoni che consentiranno poi di essere retribuiti. La prestazione occasionale non potrà però durare più di 30 giorni in un anno e il compenso non potrà superare i 3 mila euro. Prestazione occasionale è anche il lavoro accessorio, come lavori domestici (compresa la baby-sitter o badante), ripetizioni private, piccoli lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici e monumenti, realizzazioni di manifestazioni sociali, culturali o caritatevoli, collaborazioni con associazioni di volontariato. Potranno svolgerli solo soggetti a rischio di esclusione sociale: disoccupati da oltre un anno, casalinghe, studenti e pensionati, disabili e soggetti in comunità di recupero, extracomunitari con permesso regolare che hanno perso il lavoro da non più di sei mesi.

Lavoro a progetto. Scompaiono i Co.Co.Co. Al loro posto arrivano i "lavoratori a progetto". Un tipo di prestazione in cui il lavoratore assume stabilmente, senza vincolo di subordinazione, l'incarico di eseguire un progetto o un programma di lavoro o una fase di esso, con lavoro prevalentemente o esclusivamente proprio, concordando direttamente con il committente le modalità di esecuzione, la durata, i criteri e i tempi di corresponsione del compenso. Quest'ultimo sarà proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito, tenendo conto anche dei compensi normalmente corrisposti per prestazioni analoghe. Il rapporto cessa nel momento in cui la realizzazione del progetto è portata a termine. Il nuovo contratto, però, non potrà essere applicato alle professioni intellettuali che richiedono l'iscrizione in appositi albi, ai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e ai membri di collegi e commissioni.

Certificazione. E' un meccanismo per certificare il tipo di prestazione svolta e intende ridurre il rischio di contenziosi nella qualificazione giuridica dei rapporti di lavoro. Una specifica procedura permetterà di certificare le tipologie contrattuali. Oltre ai rapporti di lavoro, è prevista la certificazione del regolamento interno delle cooperative, dei contratti di appalto e somministrazione. Sono abilitati alla certificazione gli enti bilaterali, le direzioni provinciali del lavoro e le università pubbliche e private. La procedura è volontaria e si attiva con un'istanza scritta delle parti.

(23 ottobre 2003)


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Date: 23 Oct, 2003 on 19:03
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