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«Liberi di scegliere a che scuola andare»
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1. «Liberi di scegliere a che scuola andare»
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da La Stampa
Sabato 25 Agosto 2001

«Liberi di scegliere a che scuola andare»
Moratti:«Cambierò l’esame di maturità». 60 mila in cattedra

Mario Baudino
inviato a RIMINI

Un nuovo esame di maturità, con la commissione composta tutta dal collegio dei docenti interni col solo presidente esterno, sul modellodella scuola media inferiore; la promessa che il primo giorno di scuola si farà il possibile perché gli studenti trovino subito «tutti i docenti in classe», un’accorata difesa del vecchio liceo classico minacciato dai progetti di riforma dello scorso governo e una presa di posizioni nettissima per la parità scolastica («il dibattito è forse superato, rispetto all’Europa. In tutti i Paesi europei non esiste più il monopolio del sistema pubblico. Siamo gli unici, insieme alla Grecia ad averlo. E ora bisogna guardare al futuro»). Al ministro dell’Istruzione, Letizia Moratti, bastava anche meno per essere accolta al Meeting di Cl, prima uscita pubblica da quando è nel governo, con un entusiasmo dilagante.
Migliaia di ragazzi (studenti della scuola superiore e universitari), canti, rullare di piedi nell’anfiteatro della Fiera di Rimini, persino una lunga e insistita «ola» calcistica. Forse la sintonia con quanto pensa il movimento soprattutto sulla scuola non è perfetta, ma certo il nuovo ministro è di gran lunga il più gradito a questa importante fetta di mondo cattolico. Letizia Moratti è venuta per rispondere alle domande dei ragazzi, non necessariamente del tutto inattese, e ha chiarito subito che per ora ha fatto moltissimi incontri e che sta ancora studiando il mondo della scuola: «per cambiarlo insieme a voi», dice alla platea.
Chiamata in causa sull’esame di Stato, ammette che lei preferisce chiamarlo «maturità», come è sempre stato. «E’ una tappa - spiega - che prepara al futuro. Obbliga in qualche modo a gestire il proprio tempo, a concentrarsi sull’obbiettivo. Ha molti aspetti positivi in sé, ma ne ha acquisiti anche di negativi. Resta un esame molto mnemonico, con troppe materie, 17 discipline, e questo non funziona. Così si finisce per strutturarlo con clemenza e criteri troppo soggettivi che gli tolgono rigore e serietà. Quest’anno c’è stato un recod: 97 per cento dei promossi. Inoltre costa 300 miliardi».
Una riforma «va pensata», dice il ministro. E pur facendola precedere da un «probabilmente» annuncia una nuova versione dell’esame, «con una commissione composta da colleghi insegnanti appartenenti allo stesso istuituto, e un presidente, com’è giusto, proveniente dall’esterno. Questa è solo una prima riflessione, ma già così si eliminerebbero molti aspetti negativi». La seconda riflessione riguarda il vecchio, glorioso liceo classico: a uno studente che ha fatto una esperienza in America di cui non è particolarmente soddisfatto, ricorda che la scuola negli Stati Uniti ha anche aspetti positivi, insieme ad altri negativi. «Sarebbe comunque sbagliato pensare di risolvere i nostri problemi importando modelli da altri paesi», dice ottenendo vasti consensi in una platea che non ha per nulla amato i progetti del ministro Berlinguer e del suo successore De Mauro.
Scatta in questo passaggio del suo discorso l’elogio del liceo classico, «una tradizione fondamentale». «Non è giusto rinnegare il passato, bisogna inserire il nuovo sull’esistente, evitare le scuole dell’ultima moda dove si insegnano solo cose recentissime». L’unico passato da cancellare sembra quello rappresentato dal dualismo scuola pubblica-scuola privata. «E’ un dibattito ormai superato, in Europa, dove il monopolio del sistema pubblico non esiste più. Noi siamo un’anomalia». Cita i Paesi Basi, il Regno Unito, la Francia «dove la costituzione prevede che le scuole private siano finanziate dal pubblico secondo una scala di valori»; ricorda che «tutte le costituzioni scritte all’Est dopo l’89 nei paesi ex-comunisti prevedono la libertà di scelta del modello educativo», e che la Russia stessa contempla dal ’92 questo sistema.
«Non possiamo essere europeisti per le cose che ci vanno bene, e anti-europeisti quando ci fa comodo», insiste il ministro. Certo, ammette, la nostra situazione ha una radice storica, nello Stato laico costretto a difendersi dall’ombra di uno Stato confessionale, ma questo è il passato, ed è un passato superato. «Pensiamo al futuro e alla libertà che ogni singolo cittadino deve avere rispetto alla scelta nel campo dell’educazione». L’entusiamo, come si può immaginare, è alle stelle, tanto che il ministro confessa di essere «emozionata» per una simile accoglienza. Così fa una promessa: l’amministrazione, dice, ha reagito benissimo alle mie sollecitazioni. Stiamo mettendo in cattedra oltre 60 mila docenti. Forse il primo giorno di scuola non tutto sarà perfetto, ma ci proviamo».


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Date: 25 Aug, 2001 on 08:40
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