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«Pochi giovani in cattedra, si rischia un futuro senza insegnanti»
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1. «Pochi giovani in cattedra, si rischia un futuro senza insegnanti»
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da Il Corriere della Sera
22 settembre 2002

Allarme dell’Ocse, troppi maestri vicino alla pensione. Tra qualche anno nelle scuole milanesi mancheranno docenti di lingue straniere e materie scientifiche

«Pochi giovani in cattedra, si rischia un futuro senza insegnanti»

Presidi e professori: il nostro lavoro non attira più e i neolaureati cercano altro. I trentenni aspettano per anni una cattedra

Aumenti di merito e anzianità. Professori bravi, «professori in bolletta», professori pronti alla pensione e che difficilmente saranno sostituiti. Mentre il ministro Moratti annuncia gratificazioni nella busta paga per i docenti più brillanti, l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) lancia un allarme: è l’Italia ad avere la classe di docenti più anziana, con un’assenza quasi totale della fascia di insegnanti sotto i trent’anni. Basti pensare che - stando all’indagine Ocse 2003 sull’istruzione - la metà dei professori della scuola secondaria ha oltre 50 anni, mentre l’altra metà si divide tra i 40-50enni e i 30-40enni. Meglio, dunque, gli aumenti di anzianità, o una scuola basata sulla meritocrazia, come auspica il ministro Moratti?
«Non spetta a noi - commenta Mirella De Carolis, preside del liceo classico Carducci - valutare i colleghi. Il rapporto tra docente e discente deve essere libero e non ci possono essere parametri in un terreno così delicato come quello delle relazioni. Quanto all’età, qualche giovane da noi c’è e sono ottimi professionisti. Ma io la vedo come il senato romano: gli anni in più non fanno che migliorare la classe insegnante».
Insomma, è sempre più difficile trovare maestri e professori che abbiano meno di trent’anni: se sono pochi alle elementari, alle medie e alle superiori sono un numero insignificante.
«Il fatto - racconta Grazia De Gennaro, maestra all’elementare di via Dal Verme con 33 anni di esperienza alle spalle - è che adesso c’è anche la laurea in scienze della formazione. Poi ci sono i corsi di specializzazione (le ormai famose Siss), e il tirocinio a scuola che noi facevamo durante le magistrali, ora si fa durante l’università. Il tempo di fare qualche supplenza, ed è facile arrivare ai trent’anni».
Questione di formazione, ma anche dello scarso interesse nei confronti del mestiere di insegnante. Lo spiega Maria Ferrario, professoressa di scienze al magistrale Agnesi, la prima cattedra di ruolo a soli 25 anni: «I neolaureati cercano altri lavori prima di arrivare a insegnare. La nostra non è più una professione allettante: troppa burocrazia, poco spazio per la didattica e pochi riconoscimenti». Proprio quelli che vorrebbe dare il ministro.
«Bisogna capire però - continua la maestra De Gennaro - chi valuta. Comunque sono d’accordo sull’idea di una "carriera interna": per queste cose ci vorrebbe un riconoscimento. Penso alle mie 150 ore di aggiornamento all’anno, per esempio. Un incentivo non farebbe male».
Intanto, però, l’Ocse lancia l’allarme: quando, tra qualche anno, i «vecchi» insegnanti andranno in pensione, si presenterà il problema di come sostituirli. Soprattutto quelli che insegnano materie scientifiche e lingue straniere. «Certo - commenta Chiara Bonetti, preside dell’istituto comprensivo Cadorna di via Dolci - se non fanno assunzioni da anni è difficile avere giovani docenti in ruolo. La verità è che i colleghi sotto i trent’anni si trovano, ma sono tutti supplenti che premono per avere una cattedra. Con pochi risultati, purtroppo». E sulle qualifiche ai prof migliori, la preside Bonetti non ha dubbi: «È un argomento difficile da trattare. Anche se tutti sanno quali sono gli insegnanti più bravi. Perfino i bambini lo sanno. Per ora si riconoscono solo gli straordinari. Arrivare a riconoscere la qualità dei professori sarà un processo lentissimo».

Annachiara Sacchi


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Date: 22 Sep, 2003 on 09:29
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