«Sono solo, ho chiesto invano rinforzi al Csm»
Il procuratore di Larino: «Mi dimetterò se non otterrò giustizia per i bambini morti nella scuola»

Il naufrago della giustizia è un magistrato di 63 anni che per 23 ha lavorato a Bari, poi una parentesi come deputato ds, quindi presidente di Tribunale in Basilicata e dal maggio scorso fa il procuratore a Larino, dove ha trovato l’inchiesta sul crollo della scuola elementare di San Giuliano di Puglia, e dove sulla carta dovrebbe avere tre sostituti, ma in realtà uno è in aspettativa, un’altra in maternità, e quindi in servizio ce n’è uno soltanto. La definizione di naufrago, Nicola Magrone se l’è coniata da solo, ma giura di non avere nessuna intenzione di annegare tra le carte del suo ufficio. «Nuoterò finché non raggiungerò la terra», dice. E spiega che la terra è la verità sul perché la scuola di San Giuliano crollò uccidendo 27 bambini e una maestra. I genitori dei bambini dicono di aver ricominciato a sperare da quando c’è il nuovo procuratore, e questo per Magrone è uno stimolo in più. «E’ un impegno morale che ho preso e al quale non verrò meno in alcun caso. Se mi accorgessi di non poter andare avanti con quell’inchiesta, mi dimetterei».
Quindi non ritiene di essere in ritardo?
«No. Tutto quello che c’era da fare lo stiamo facendo, ma questo non esclude che se avessimo avuto l’organico che dovremmo avere, le cose in Procura sarebbero andate in un altro modo».
Avremmo già i responsabili per la morte dei bambini?
«Non dico questo. E non credo che il discorso vada fatto in questo senso. Andrebbe ampliato».
Ampliamolo.
«Allora, io ogni mattina mi sveglio e vado in ufficio con un pensiero fisso: portare avanti l’inchiesta su San Giuliano. Questo significa che quando mi siedo alla mia scrivania dovrei poter chiamare i miei sostituti e dire: "oggi facciamo questo quello e quell’altro". E invece a chi lo dico? Siamo in due, e dobbiamo occuparci di tutto. Se lei sapesse la fila che ho dietro la porta di gente che aspetta notizie».
Su San Giuliano?
«No, su tutto il resto. Io devo fare anche gli atti destinati al giudice di pace, devo andare avanti con l’inchiesta su un’alluvione che ci fu in questa zona, recentemente abbiamo sequestrato cinquanta chili di eroina, abbiamo in piedi altre indagini importanti. Ma la verità sa qual è? Che a un certo punto io devo fare una scelta».
Quale scelta?
«Se considerare tutti i fascicoli uguali, come burocraticamente dovrebbe essere, o dare priorità a una vicenda sulla quale tutta la comunità, ma in particolare i genitori dei bambini morti, aspetta giustizia».
E ha scelto?
«Certo che ho scelto. Ho fatto una scelta morale. Ho scelto San Giuliano, ovviamente. Ma bisognerebbe capire che proprio l’impegno per quest’inchiesta accentua le difficoltà di portare avanti tutto il resto. Si rischia di arrivare a una assenza di giustizia. E ha un’idea di che cosa comporta una eventualità del genere?».
Beh, sì. Un’idea sì.
«Glielo spiego lo stesso. Significa che io come procuratore della Repubblica, e quindi nel mio ruolo istituzionale, dovrei stabilire che chi ruba può continuare a rubare, chi imbroglia può continuare a imbrogliare, chi ha un diritto da far valere può scordarselo. Ma siamo pazzi?».
Però è proprio in questa direzione che si sta andando, vero? «Certo, ed è per questo che bisogna intervenire. Che poi non è che ci voglia chissà che per mettere le cose a posto».
Ci vogliono più magistrati.
«Infatti. E non mi vengano a dire che il problema è che non si possono mettere a concorso i posti di chi è in aspettativa o in maternità. Ma che significa? Si possono fare le sostituzioni provvisorie. Se in un determinato ufficio c’è bisogno di rinforzi, si prendono magistrati da altri uffici e li si spostano per il tempo necessario».
Chi dovrebbe deciderli questi spostamenti?
«Se avvengono all’interno del distretto di Corte d’Appello, che nel mio caso comprende, oltre a Larino, Campobasso e Isernia, li stabilisce il procuratore generale di Campobasso. Altrimenti, se si intende inviare magistrati da altre regioni, provvede direttamente il Consiglio superiore della magistratura. Basta volerlo».
E perché non succede?
«Non lo so, ma so che ho sollevato la questione una infinità di volte. Al Consiglio superiore della magistratura non so più quante lettere ho inviato. Nell’ultima, prima dell’estate, sono arrivato a prospettare il rischio di una chiusura per ferie della Procura durante il mese di agosto».
Invece poi ha lavorato anche quando è stato ricoverato in ospedale.
«Non ne parliamo. Mentre mi facevano le analisi, squillava il cellulare e dovevano interrompere. Roba da pazzi».
Ma lavorare mentre si è in ospedale non è mica una cosa normale, non le sembra?
«Certo, ma che dovevo fare? E se è per questo non è normale nemmeno che noi per guardare le carte su San Giuliano dobbiamo andare nell’ufficio del gip, perché in Procura non c’è nemmeno una fotocopiatrice».
Ma lei crede che in questo modo riuscirà davvero a dare giustizia ai bambini di San Giuliano?
«Se non ci riesco mi dimetto, ripeto. Però è chiaro che questo modo di lavorare è ansiogeno, perché so benissimo che da un momento all’altro per un qualsiasi motivo, da una febbre a una inchiesta urgente, potrei essere costretto a rallentare. E quest’inchiesta non può e non deve essere a rischio. Mai».

Fulvio Bufi