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«Basta con i vestiti griffati A scuola di nuovo in divisa»
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1. «Basta con i vestiti griffati A scuola di nuovo in divisa»
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da Il Corriere della Sera
19 agosto 2003

«Basta con i vestiti griffati A scuola di nuovo in divisa»

A Berlino gli abiti in classe diventano un caso politico. Partiti spaccati «No ai diktat della moda e alle diseguaglianze». La replica: «Non servirà»

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

BERLINO - Sui banchi di scuola di nuovo vestiti tutti uguali? L’antico obbligo della divisa in classe, come antidoto contro la dittatura delle griffe e gli eccessi della moda della pancia scoperta? Nella Germania delle vacanze estive brevi (6 settimane) e intelligenti, le lezioni in alcuni Länder sono ricominciate la scorsa settimana.
Ieri per esempio è stata la volta di Berlino, del Brandeburgo e della Pomerania. Lunedì prossimo toccherà a Sassonia, Bassa Sassonia e Sassonia-Anhalt. Ma l’inizio del nuovo anno scolastico riaccende con inattesa virulenza il dibattito, in verità sempre latente, su come devono andar vestiti, nelle ore dell’insegnamento, i 12,5 milioni di studenti delle classi inferiori e medie della Republica Federale.
Nell’agosto più caldo degli ultimi cento anni, si lacera trasversalmente la classe politica, si mescolano fino a confondersi le linee divisorie fra destra e sinistra e la Schulkleidung , l’uniforme scolastica, diventa oggetto di una vera e propria Kulturkampf , battaglia culturale, questa sì tipicamente tedesca, che impegna autorevoli commentatori, docenti, genitori e corporazioni della scuola.
Ad aprire il fuoco sono state, in un’alleanza fin qui inedita, le due portavoci federali per i problemi della scuola dei Verdi e della Cdu, Grietje Bettin e Katherina Reiche. «Le classi - secondo l’esponente ecologista - diventano sempre più una passerella di moda, le cui conseguenze sono spesso la dittatura dei marchi e l’emarginazione sociale per molti studenti», colpevoli semplicemente di non essere vestiti secondo tendenza. Bettin propone il lancio di un progetto pilota, per verificare «se l’introduzione di un abbigliamento uniforme riesca a far cessare l’ossessione delle griffe». Contro il parere di molti esponenti del suo stesso partito, anche la Reiche pensa che «le divise siano in grado di concentrare nuovamente tutta l’attenzione sulle lezioni».
Concretamente, si tratterebbe di introdurre l’obbligo dell’uniforme per almeno un anno in alcune scuole. E che il terreno sia favorevole, o quanto meno non ostile, lo conferma un sondaggio online della Kinderhilfswerk , l’Opera tedesca per l’assistenza ai bambini, secondo cui, se il 44% degli studenti rimane ancora contrario alla divisa, il 33% è favorevole e il 15% si dice pronto a indossarla, purché sia sufficientemente di moda.
Favorevole si dichiara il ministro dell’Educazione di Berlino, il socialdemocratico Klaus Boeger, che definisce l’uniforme scolastica «giusta e ragionevole» perché «rafforzerebbe il senso di appartenenza» e metterebbe fine al «feticismo dei marchi».
Boeger però si dice contrario a ogni imposizione per legge. Dovrebbero cioè essere le singole scuole a modificare i loro regolamenti. «Va da sé - aggiunge il senatore berlinese - che la cosa potrebbe funzionare solo se tutti vi aderissero». Boeger comunque preferirebbe camicie, maglioni e t-shirt a giacche, cravatte e gonne.
La divisa in classe incontra però l’inaspettata opposizione dei cristiano-sociali bavaresi. «Io non credo affatto che possa fermare la competizione per gli abiti di marca», dice il ministro della Cultura e dell’Istruzione della Baviera, Monika Hohlmeier. «Semplicemente - aggiunge - questa si sposterebbe ad altre occasioni». Secondo la Holhmeier, gli esempi dall’Inghilterra o dalla Francia «dimostrano che l’uniforme scolastica non impedisce il mobbing in classe». Contrario è anche il presidente della Federazione tedesca dei professori, Josef Kraus, il quale fra l’altro non crede alla possibilità di obbligare gli scolari a indossare una divisa.
Non è la prima volta che la polemica sulla Schuluniform impazza in Germania. Due anni fa, un ginnasio berlinese e una scuola privata in Renania, iniziarono l’esperimento, senza patemi ma anche senza far proseliti. La differenza è che, allora, il dibattito si svolse ancora all’ombra della Storia: così, i nemici dell’uniforme agitarono lo spettro della Hitlerjugend , invocando la libertà di scelta e l’individualismo. Oggi, invece, il progetto della divisa scolastica si veste dei colori della sinistra, contro «il terrorismo del consumo» e l’ostentazione delle disuguaglianze. E si salda con le pudibonde preoccupazioni dei conservatori cattolici, che vedono l’uniforme come un mezzo per fermare il dilagare nelle classi delle pance scoperte, quella che il Senatore all’Istruzione di Brema, Willi Lemke, definisce la Sexbomben-Invasion dei cortili scolastici.
Come proseguirà il dibattito, dipenderà molto probabilmente anche dal clima. E dopo l’ondata tropicale delle scorse settimane, anche il prossimo fine settimana, in Germania, si annuncia torrido.

Paolo Valentino

Alleati Spd, Verdi e parte della Cdu

LA PROPOSTA DI VERDI E CDU
Le portavoci federali per i problemi della scuola di Verdi e Cdu hanno proposto il lancio di un progetto pilota per verificare «se l’introduzione di un abbigliamento uniforme riesca a far cessare l’ossessione delle griffe» che spesso rischia di trasformare le classi in una «passerella di moda»
LE REAZIONI DI POLITICI E STUDENTI
Il ministro dell’Educazione di Berlino (Spd) si è dichiarato favorevole, ma senza che vi sia una imposizione per legge. Contrari, invece, i cristiano-sociali bavaresi («L’uniforme scolastica non impedisce il mobbing in classe»). Un sondaggio online rivela: il 33% degli studenti è favorevole, il 15% la indosserebbe «purché sufficientemente di moda»

E la Sicilia voleva riavere il grembiule

La circolare dell’assessore non ha convinto i presidi, unici a decidere in materia


Neri con fiocco blu o con colletto bianco, a quadretti rosa o azzurri, con la zip o i bottoni: nelle aule italiane, dalla vecchia scuola materna (oggi dell’infanzia) alle elementari, o primarie, se ne sono viste davvero di tutti i colori. Anche perché non è mai esistita una legge per l’uso dei grembiuli sui banchi di scuola. Forse per questo fece scalpore l’iniziativa dell’assessore alla Pubblica istruzione della Regione Sicilia, Fabio Granata (An), quando nell’estate del 2001 diffuse una circolare che imponeva il ritorno di casacchine nere e fiocco candido. Peccato che l’autonomia scolastica vanificasse di fatto l’iniziativa, delegando la scelta al singolo istituto. Granata, però, crede fermamente nella divisa scolastica come «icona» di uguaglianza sociale. E pochi giorni fa ha annunciato: l’indicazione sarà ribadita nella circolare di inizio anno scolastico. Ma si tratta, appunto, solo di indicazioni. Anche perché l’Italia, che pure è stato tra i primi Paesi a seguire, a fine Ottocento, l’esempio francese introducendo i grembiuli nelle scuole, non ha mai reso esplicito l’obbligo alla divisa. Né nel Regio Decreto del 4 maggio 1925, che parlava genericamente di «obbligo morale» a un abbigliamento consono all’ambiente scolastico. Né tantomeno nello Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria del 24 giugno 1998, che invita al rispetto formale per l’istituto, ma si guarda bene dal nominare grembiuli o divise. Oggi sta alle singole scuole reintrodurli nel proprio regolamento. Ma se per materne e elementari la casacchina, nera o colorata, è vista come un irrinunciabile baluardo contro inchiostro e pennarelli, il discorso si complica per medie e superiori: qui la divisa, scomparsa negli anni ’60, resiste solo negli educandati femminili e nelle scuole militari.

Gabriela Jacomella

SANREMO (Imperia), SETTEMBRE 1996
Il regolamento «anti-minigonne»
All’Istituto professionale per il commercio e turismo viene approvato un regolamento che impone di evitare abiti «sconvenienti»: minigonne, magliette «nude look», pantaloni con gli strappi, scollature eccessive. Gli studenti (in maggioranza ragazze) rispondono con tre giorni di sciopero

MORBEGNO (Sondrio), APRILE 2003
Linea dura contro piercing e «creste»
Prima di Pasqua il preside del liceo artistico «Ferrari» firma una circolare che impone di «presentarsi con acconciature e abiti formali»: chi arriva a scuola con jeans strappati, creste colorate e piercing eccessivi rischia di non essere ammesso in classe. Gli studenti protestano, ma poi il nuovo regolamento viene rispettato

URUGUAY
I bambini uruguaiani, sia maschi che femmine, indossano un grembiule bianco durante l’orario scolastico. L’obbligo è stato stabilito da un decreto governativo che ne impone l’utilizzo in tutte le scuole primarie statali. L’abitudine di portare il grembiule è particolarmente radicata nei Paesi di tradizione cattolica

TURCHIA
Nelle scuole pubbliche bambini e bambine indossano un grembiule blu. Per gli studenti più grandi, camicia, giacca blu e cravatta, mentre le ragazze portano la gonna e una blusa bianca. Nelle scuole religiose la divisa femminile prevede che il capo sia coperto dallo chador, che però è vietato nelle università

SVIZZERA
Non è mai esistita una legge nazionale sull’adozione dei grembiuli nelle scuole. Negli anni tra il 1930 e il 1960 nei Cantoni di lingua francese la divisa scolastica era obbligatoria. Il grembiule era diffuso anche nella Svizzera italiana e tra i bambini di lingua tedesca che vivevano in villaggi a maggioranza francese

FRANCIA
La prima legge al mondo che impone il grembiule nelle scuole risale alla Terza Repubblica (1870): la divisa, nera con bottoni sulla schiena, serve a sottolineare la democraticità dell’istruzione. A inizio ’900 per i maschi si aggiunge il basco scuro. Oggi nelle scuole francesi il grembiule non è più obbligatorio


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Date: 19 Aug, 2003 on 08:07
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