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Università Usa a portata di liceale italiano
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1. Università Usa a portata di liceale italiano
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da Il Corriere della Sera
9 agosto 2003

Costi proibitivi negli atenei celebri. Ma tanti istituti d’eccellenza accolgono facilmente studenti stranieri

Università Usa a portata di liceale italiano

di MASSIMO PIATTELLI PALMARINI


In attesa della riapertura delle residenze per gli studenti, il 15 agosto, e del primo giorno di lezioni, intorno al 20, gli universitari americani godono gli ultimi giorni di quiete nei loro campus, calati nel torpore dell'estate. Attorno a loro piccoli drappelli di potenziali studenti, guidati da un laureando. Alcuni si iscriveranno tra uno o due anni. Molti sono stranieri. Scelgono l’America per la qualità degli atenei ma anche perché i costi non sono proibitivi come si crede in Italia
. Tra i ragazzi che cominceranno a frequentare tra dieci giorni ci sono molti di quelli venuti qui un anno fa a informarsi coi loro genitori. La scelta finale dell'ateneo, e del corso di studi, sarà ovviamente complessa per ciascuno, tenuto conto delle aspirazioni, del costo, dell'eccellenza dei diversi dipartimenti, dell'ubicazione geografica e delle prospettive di impiego dopo la laurea. In Italia vigono due pregiudizi errati sulle università americane. Il primo è che siano di costo proibitivo. Il secondo è che sia difficilissimo entrarvi. C'è, in ambedue, una parte di verità, ma solo per quanto riguarda le università private da noi più famose, per esempio Harvard, Mit, Columbia, Yale e Stanford. Il solo costo della «tuition» (iscrizione e frequenza) qui è di ben 26 mila dollari. Il costo annuale complessivo (comprensivo di alloggio nel campus, pasti, uso delle strutture) per uno studente si aggira, in queste superstar accademiche, intorno ai 40 mila dollari e la selezione è in effetti severa. Pochi italiani si rendono conto che esistono, però, anche decine di ottime università di Stato, nelle quali il costo è circa la metà e nelle quali un buon (ma non necessariamente eccellente) liceale italiano ha alta probabilità di essere accettato. In molte insegnano professori internazionalmente famosi nel loro campo, che tra uno o due anni potranno benissimo trasferirsi a Harvard, Yale o Stanford, o che magari vi insegnavano fino a uno o due anni fa. Ne cito alcune. Chiusa da un'imponente cerchia di alti monti, la University of Arizona, a Tucson, eccelle in astrofisica, neuroscienze e linguistica. Nell'anno accademico appena trascorso, ha chiesto 18 mila dollari ai non residenti, 9 mila ai residenti, inclusi una camera a due letti nel residence, due normali pasti quotidiani in mensa e un costo medio per i libri e lo sport. Noterò anche che, dopo il primo anno, qui e altrove, è possibile in alcuni casi diventare residenti dello Stato. Dal canto suo, la University of Ca lifornia, a Berkeley, lambita dalla baia di San Francisco, particolarmente eccellente in fisica e in biologia, per la stessa formula, ha chiesto 27 mila ai non residenti, 13 mila ai residenti. La University of California, a Los Angeles, a un tiro di schioppo da Beverly Hills e Rodeo Drive, centro di irraggiamento in neurobiologia e fisica del plasma, ribatte colpo su colpo con 24 mila per i non residenti e 12 mila per i residenti. La University of Michigan, ad Ann Arbor, con tanto di lago, notissima per la psicologia e il business, chiede 29 mila dollari per i non residenti, 13 mila per i residenti. Più economica la Kansas State University che chiede appena 2.961 dollari ai residenti, 10.325 ai non residenti (ma qui poi bisogna aggiungere vitto e alloggio). E ancora, la Rutgers University, nel New Jersey, a venti minuti di treno da Manhattan, è diventata leggendaria in filosofia e nelle neuroscienze (20 mila non residenti, 14 mila residenti). I settori di spicco che ho qui indicato per brevità non implicano in nessun modo che gli altri settori siano, in queste università, mediocri. La lista potrebbe continuare, ma questo basterà a dare un'idea. L'aumento annuale di questi costi, negli ultimi due anni, si è aggirato in media sul 9%, ma si prevede che raggiunga presto un tetto. Senza eccezione, ci si aspetti di trovare in ciascuna, in ciascun dipartimento, professori votati anima e corpo all'insegnamento, laboratori super-attrezzati, biblioteche ricchissime, accessi Internet ubiquitari, ogni sorta di impianti sportivi, cineclub, teatro, concerti e svariate attività artistiche e culturali. Sono, in un certo senso, istituzioni «globali» cioè avvolgenti e complete. Gli addetti alle accettazioni, così come i presidenti e i reggenti, quasi sempre, vedono con favore le richieste di isc rizione di studenti provenienti da altri Paesi. Un buon (ma, ripeto, non necessariamente eccellente) liceale italiano che volesse far domanda anche solo a quelle che ho qui sopra indicato avrebbe la quasi certezza di essere accettato da almeno una. Il genitore e lo studente italiani possono voler confrontare tali costi con le ben inferiori rette delle nostre università statali. Ma anche una modesta camera in affitto e una modesta pizzeria quotidiana a Padova, Torino, Roma o Milano, alla fine dell'anno, incidono sul bilancio familiare. Certo, lo studente americano può poi contare su un ricco sistema di borse di studio, sussidi e prestiti senza interessi agli studenti. Il governo federale eroga quasi 60 miliardi di dollari l’anno per questi interventi che sono poi materialmente gestiti dalle singole università. Lo studente italiano non dispone di strumenti altrettanto consistenti e flessibili, ma qualche forma di finanziamento è disponibile anche nel nostro Paese. Questi sono i dati del confronto economico. Il confronto, invece, sulla qualità didattica penso non possa nemmeno essere fatto. Duole dirlo, ma ciascuna di queste università americane batte le nostre. E poi? Ci si chiede che cosa succederà una volta laureati. Come si rientrerà in Italia? Come trovare un lavoro con una laurea americana? Ma questo, ahinoi, è un lamento sull'Italia, non certo sulla qualità di queste università Usa. Ci resta ragionevolmente da sperare che la nostra situazione evolva negli anni a venire. Personalmente non conosco nessun italiano che abbia a suo tempo fatto questa scelta e che se ne sia poi pentito. Tra dieci giorni ne riparleremo anche con le matricole della «classe 2007».

Massimo Piattelli Palmarini


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Date: 09 Aug, 2003 on 09:24
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