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Commercio elettronico l'Italia ancora indietro
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da Repubblica.it

Il rapporto dell'Associazione Impresa Politecnico di Milano ha analizzato migliaia di siti, centinaia di questionari e interviste

Commercio elettronico l'Italia ancora indietro

Nel 2002 nel nostro Paese 700 milioni di euro di ricavi soprattutto nei settori assicurativo, informatico e turistico

di CLAUDIO ZAMBONI

ROMA - Analizzati 7060 siti, 200 questionari compilati, oltre 100 interviste: un'indagine approfondita per fotografare lo stato di vitalità dell'e-commerce in Italia e fornire consigli per l'uso, per chi ha già investito sulla vendita attraverso Internet e chi è sul punto di farlo. Anche se dalla ricerca emerge che nel nostro Paese il settore è ancora marginale.

Tre anni dopo l'ultimo rapporto, è stato recentemente pubblicata l'attesa indagine dell'Osservatorio per l'E-commerce B2C (per il mercato "business to consumer" dedicato al consumatore finale) dell'Associazione Impresa Politecnico di Milano, interlocutori tutti i principali protagonisti del commercio elettronico in Italia.

Dalla ricerca emerge che l'Italia è ancora un passo indietro, rispetto agli Stati Uniti, il cui fatturato da e-commerce (78 miliardi di dollari nel 2002) pesa circa il 3% del totale sul mercato cosiddetto "retail" dedicato al consumatore finale, e rispetto all'Europa (32 miliardi di euro nel 2002, 1,7% del fatturato complessivo).

I ricavi delle aziende italiane attraverso il commercio elettronico raggiungono infatti i 700 milioni di euro nel 2002, sia all'interno dei confini nazionali che all'estero. L'attuale crescita è certamente inferiore a quella registrata durante gli anni 1999-2000, ma, se è vero che dal 2001 (anno che ha segnato il crollo di moltissime attività sul Web) siamo entrati in una fase di maggiore sostenibilità dei modelli di business attuati sulla rete, allora si può confidare in un ritmo di crescita del fatturato complessivo che si attesta intorno al 40% annuo.

Un'analisi delle attività di maggior successo, in questa chiave di lettura, ci conduce a individuare tre aree merceologiche più "pesanti": assicurazioni (20%), informatica ed elettronica (19%) e turismo (17%).

In termini di numero di siti, ad oggi sono stati censiti più di 7000 negozi virtuali. Anche qui la crescita complessiva sul triennio 2000-2003, del 200% circa, è stata nettamente inferiore a quella registrata negli anni 1999-2000 (100% ogni sei mesi), ma va tenuto conto del fatto che il Web italiano è stato caratterizzato da altissimi indici di natalità e di mortalità: basti pensare che il 60% dei siti monitorati tre anni fa oggi non sono più in attività. Questo dato è giustificato in gran parte dal fallimento di un modello che negli anni passati era considerato tra quelli destinati ad avere maggior successo: il "cybermall", un centro commerciale virtuale che, attraverso la sua home page, dà visibilità a moltissimi negozi virtuali al proprio interno.

Un ulteriore aspetto della ricerca si concentra sulla tipologia dei modelli di business presenti oggi sulla rete. Vengono individuate tre principali categorie: il "Formicaio" (imprese che presentano un basso grado di innovazione), i "Veri Multicanale" (aziende che operano attraverso più canali di contatto con il cliente e che utilizzano il Web come integrazione dei canali tradizionali) e i "Pure Players" (operatori internet con alto grado di innovazione, posizionandosi sul web in maniera differente dalle imprese tradizionali). Proprio da quest'ultima analisi emergono le più interessanti indicazioni: la multicanalità viene considerata come un percorso da seguire per molte aziende che già operano attraverso i tradizionali canali di vendita: l'integrazione tra una rete commerciale "fisica", il call center, la casella di posta elettronica, la possibilità di acquisto via web con più modalità di pagamento, viene vissuta come una reale opportunità di incontrare il cliente finale sul terreno a questo più congeniale, ed è sulla multicanalità che punteranno fortemente nei prossimi anni i settori bancario e della grande distribuzione.

Le proiezioni per il futuro parlano chiaro: negli Stati Uniti per il 2006 la National Retail Federation stima un fatturato relativo all'e-commerce di 180 miliardi di dollari, in Europa di 150 miliardi di euro. La situazione italiana nel breve termine prevede un andamento di crescita simile a quello registrato negli ultimi tempi, del 40-50% l'anno, ma nel medio periodo molto dipende da come sapremo innovare il nostro modo di fare impresa. In ultima analisi il messaggio che arriva dal rapporto è chiaro ed urgente: siamo ancora in ritardo, ma ci stiamo muovendo.

Da Internet non si torna indietro ed il successo di molte aziende, soprattutto gli operatori della grande distribuzione, sarà frutto della tempestività con cui entreranno in gioco, ci auguriamo il prima possibile.

(2 agosto 2003)


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Date: 02 Aug, 2003 on 20:19
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