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Dallo Stato sì al software «aperto»
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1. Dallo Stato sì al software «aperto»
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da Il Sole 24 Ore
13 Giugno 2003

Dallo Stato sì al software «aperto»

R.R.

ROMA - Si apre un'altra breccia nello strapotere di Microsoft. E si apre direttamente nella pubblica amministrazione italiana. Il gigante dei programmi informatici dovrà fare i conti con l'"open source", il software a codice aperto non protetto dai diritti del produttore originario. L'indicazione viene dalle conclusioni dell'«Indagine conoscitiva sul software a codice sorgente aperto nella Pubblica Amministrazione» condotta da una commissione ministeriale costituita nel gennaio scorso da Lucio Stanca, ministro per l'Innovazione e le Tecnologie, con l'obiettivo di approfondire appunto la praticabilità dell'utilizzo dell'open source nella pubblica amministrazione. Un freno a Microsoft? Niente affatto. Si tratta semmai - come chiarisce una nota ministeriale - di un'apertura a tutte quelle verifiche imposte da un regime di corretta concorrenza sul mercato. Tant'è che il Governo dispone contestualmente che le scelte di soluzioni e di servizi siano effettuate solo sulla base di un'attenta analisi del rapporto tra costi e benefici. E una risposta positiva alla nuova impostazione viene dalla stessa Microsoft. «Il principio di una rigorosa analisi sull'efficienza complessiva in termini di costi e prestazioni non può che vederci favorevoli» commenta Mauro Meanti, amministratore delegato di Microsoft Italia. «Per la prima volta in Italia si è affrontato a livello istituzionale il tema dell'open source analizzandolo in un contesto applicativo complesso quale quello dei sistemi informativi della Pubblica amministrazione» puntualizza il ministro Stanca presentando il lavoro della commissione presieduta da Angelo Raffaele Meo (Politecnico di Torino). «Sentite anche le amministrazioni regionali e locali - spiega Stanca - contiamo di emanare una direttiva che renda obbligatorio per le Pubblica amministrazione l'uso di almeno un formato aperto dei dati per consentirne l'accesso e la tutela del patrimonio informativo. Contestualmente nella scelta dei sistemi e delle soluzioni informatiche, le stesse amministrazioni dovranno considerare prodotti open source, ma sempre sulla base di un rigoroso criterio di analisi costi-benefici». Secondo il ministro, inoltre, «ulteriori indicazioni verranno fornite per promuovere condizioni contrattuali con le aziende leader nel settore delle tecnologie della informatica e delle comunicazioni tali da garantire l'accesso ai codici sorgente dei pacchetti acquisiti su licenza dalla Pubblica amministrazione nel rispetto dei diritti di proprietà intellettuale». Dall'indagine della Commissione del Mit è emerso che nel 2001 la Pa centrale e locale ha speso per l'acquisto di software 675 milioni di euro. Di questi, il 61% si è concentrato sullo sviluppo, manutenzione e gestione dei programmi custom, ossia sviluppati su commessa per una specifica amministrazione. Il restante 39% è stato impiegato per acquistare licenze di pacchetti software.


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Date: 13 Jun, 2003 on 08:16
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