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Elementari, ecco i nuovi libri: lingue e il sussidiario «rivisto»
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1. Elementari, ecco i nuovi libri: lingue e il sussidiario «rivisto»
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da Il Corriere della Sera
8 giugno 2003

Elementari, ecco i nuovi libri: lingue e il sussidiario «rivisto»
Il ministero: ci sarà un testo d’inglese o un capitolo in quello d’italiano

ROMA - Un libro per imparare a leggere e a scrivere e, al tempo stesso, per cominciare a prendere confidenza con l’inglese. Da utilizzare per i primi tre anni della primaria o ex elementare. L’evoluzione del libro di lettura potrebbe chiamarsi «libro della lingua». E’ l’ipotesi sostenuta al ministero dell’Istruzione sulla quale Letizia Moratti non si è ancora pronunciata. Gli esperti, invece, sostengono che funziona meglio un libro di lingua straniera autonomo per ciascuno dei cinque anni della primaria. L’inglese è diventato una materia ufficiale sin dal primo anno di scuola. L’apprendimento contemporaneo di due lingue, così diverse tra loro, sarà comunque una sfida non facile per le nostre scuole. «Il libro di prima elementare - spiega il pedagogista Benedetto Vertecchi - ha come scopo quello di consentire ai bambini associazioni tra simboli grafici e suoni». «In inglese - aggiunge Vertecchi - la corrispondenza tra parlato e scritto è molto più aleatoria. Insomma in uno stesso libro troveremo due diverse logiche di apprendimento».
Per fare un testo scolastico di qualità gli editori hanno bisogno di un anno abbondante. Nei prossimi giorni il ministro dell’Istruzione dovrebbe emanare un decreto sulla tipologia dei testi. Dunque a settembre, sia che i primi due anni della nuova scuola partano attraverso una maxisperimentazione o che diventino parte dell’ordinamento dell’istruzione, non avremo i volumi della nuova generazione. I maestri tutor lavoreranno sui testi adottati lo scorso mese e messi in cantiere un anno fa.
Sempre nel settembre del 2004 dagli zainetti dei bambini della quarta e quinta classe della primaria - le materie arriveranno solo in quel momento - potrebbe uscire il nuovo sussidiario che sarà ribattezzato «libro degli insegnamenti o delle discipline». Dopo le proteste degli editori e di An sembra definitivamente caduta l’ipotesi di un testo realizzato per unità di apprendimento, ovvero attraverso un intreccio di discipline. Il sussidiario conserverà la tradizionale ripartizione per materie (matematica, storia, geografia, scienze e via dicendo). Naturalmente il singolo docente è libero di seguire la metodologia che ritiene più opportuna.
Il «libro delle discipline» si presenterà meno carico di nozioni: oggi le conoscenze si apprendono da molteplici fonti, dentro e fuori la scuola. Sarà anche più comprensibile. Dovrà essere modellato sugli obiettivi nazionali, ossia su ciò che un bambino alla fine di una certa classe non può non sapere. In estrema sintesi: cose essenziali, esposte con chiarezza. E che potranno diventare oggetto di valutazioni nazionali.
E’ ancora da stabilire se gli verrà affiancato un «libro della lingua». O se l’inglese sarà una delle diverse sezioni. Ragioni di ingombro, di peso e di numero di pagine farebbero apparire più probabile la prima ipotesi. Anche per questi testi l’adozione in tutta Italia dipenderà dal cammino della riforma. Non è ancora chiaro se nel settembre 2004 coinvolgerà le ultime classi della primaria sotto forma di sperimentazione o con tutti i crismi dell’ufficialità.

Giulio Benedetti

LA STORIA

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E’ Gentile nel 1923 che introduce la svolta decisiva: si punta sulla «creatività del fanciullo»

La storia del glorioso «Sussidiario» inizia nel 1923. Prima si avevano più semplicemente libri di «Letture graduate allo sviluppo progressivo del linguaggio, delle idee e della morale ad uso delle scuole elementari del popolo», con testi di storia, geografia, morale, scienze e igiene, oltre che di letteratura. Erano volumetti dal ridotto formato, stampati con piccoli caratteri, con poche illustrazioni (non a colori) e un linguaggio abbastanza complicato. Dunque il «Sussidiario», che ora rischia di scomparire, ha la veneranda età di ottant’anni. A partire dagli anni Trenta si arricchisce nella forma, si riempie via via di figure sempre più colorate e si affianca al vecchio libro di letture, con uno zibaldone di vari saperi. Giuseppe Bertagna oggi propone una sua abolizione. Infatti i nuovi libri per le elementari dovrebbero puntare a una forte interdisciplinarietà: dare meno spazio alle singole materie in sé e insistere invece di più sui meccanismi dell’apprendimento. Ma c’è aria di burrasca nella stessa maggioranza. Il senatore Valditara di Alleanza Nazionale sostiene che «la formazione dei giovani non ha bisogno di una scuola happening» e contro «l’invadente astrattezza dei pedagoghi» fa notare che le varie discipline in sé hanno «un intrinseco metodo e messaggi da cui si traggono specificità formative, abilità e competenze», su cui poi facilmente possono agire «collegamenti interdisciplinari».
Nella sostanza questo confronto di opinioni ripete ciò che è accaduto nel passato. Andiamo per sommi capi, seguendo uno studio di Patrizia Vayola. Anno 1877, legge Coppino. Lo scopo del libro di testo è quello di fornire «le prime nozioni dei doveri dell’uomo e del cittadino, la letteratura, la calligrafia, i rudimenti della lingua italiana, dell’aritmetica e del sistema metrico». Poco più di dieci anni dopo (1888) si allargano gli orizzonti. Sotto il peso della prevalente cultura positivista si impone una convinzione dell’oggettività della conoscenza e della scientificità dei saperi. Anno 1894, legge Boccelli in clima liberale. Si cambia rotta, cioè si torna indietro. Prevale una pedagogia più pragmatica. Niente più pompa: semplicità. La scuola deve «istruire il popolo quanto basta» ed «educarlo più che può»: lo scopo per uno scolaro è quello di «saper leggere, scrivere, far di conto», nonché di «diventare un galantuomo operoso».
Nel 1911, con la legge Daneo Credaro, c’è un altro avvitamento. Cade ogni velleità di «formare» il futuro cittadino e i libri delle elementari si fanno pedanti e zeppi di nozioni enciclopediche: devono soltanto preparare agli studi futuri. Nel 1923, con la Riforma Gentile, c’è una svolta decisiva. I «Sussidiari» appena nati devono essere più rispettosi della «creatività del fanciullo», quasi portare a un’autoeducazione. Per questo prendono maggiore spazio le materie artistiche che possono più delle altre favorire «l’ingenua ricerca del vero»: si fa riferimento a testi derivati insieme dalla tradizione popolare e dalla produzione dei grandi ingegni. Ma il bel progetto è pian piano soffocato dagli interventi del regime fascista che di lì a sei anni impone il «Libro unico di stato», imbottito di cultura militare e patriottica, zeppo di inviti al lavoro e alle attività manuali. Praticamente il progetto di Gentile viene snaturato.
Cade il fascismo e nel 1945, con i programmi di Omodeo e De Ruggiero, si torna alla proposta iniziale di Gentile. Si guarda a un «fanciullo tutto intuizione, fantasia e sentimento», si bada che non ci siano interventi esterni che «ne soffochino o ne forzino la spontanea fioritura e maturazione». Insomma lo scopo essenziale della scuola elementare non è tanto quello di impartire un complesso determinato di nozioni, quanto di comunicare al fanciullo «la gioia e il gusto di imparare» , perché nello scolaro «l’intuizione del tutto è anteriore alla ricognizione analitica del sapere» e la scuola ha il dovere appunto di «agevolare questo processo naturale».
Non è conquista definitiva, naturalmente. Tiene banco per quarant’anni. Negli anni Ottanta i pedagogisti scoprono nei bambini non solo intuito e fantasia, ma anche «intelligenza» e «curiosità di sapere». Praticamente nei «Sussidiari» si torna alle materie singole, su cui si invitano gli insegnanti ad operare gli opportuni collegamenti. Ci sarà chi punta sulla cronologia, chi su aeree tematiche: campagna e città, famiglia e società e così via. Fino allo scontro odierno tra Bertagna e Valditara, che interpreta e riassume l’altalena di opposti convincimenti di più di cent’anni.

Giorgio De Rienzo


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Date: 08 Jun, 2003 on 11:07
Elementari, ecco i nuovi libri: lingue e il sussidiario «rivisto»
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