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AMADO Addio al poeta dell’allegria e della pietà
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1. AMADO Addio al poeta dell’allegria e della pietà
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da Il Corriere della Sera
Martedì, 7 Agosto 2001

MAESTRI Il grande scrittore brasiliano è morto la scorsa notte a Salvador de Bahia. Aveva 89 anni. Tra i suoi successi «Gabriella, garofano e cannella» e «Donna Flor»

AMADO Addio al poeta dell’allegria e della pietà

Nella sua Bahia era diventato un santone


La tristezza di Bahia senza Amado. Era una delle più belle città del mondo che i problemi travolgevano nella miseria e nella paura. Amado ha portato i protagonisti della fame nella sua lunghissima commedia: tanti libri, milioni di copie in ogni lingua. Ha reinventato la prima capitale portoghese della colonia, con un entusiasmo che trasforma le tristezze in allegria. «Sorridi, sei a Bahia» c'è scritto all'aeroporto. Era difficile sorridere prima dei racconti di Amado. E Bahia l'ha ricompensato con una venerazione anche ufficiale: viale Amado, piazza Amado, fondazione Amado al Pelourinho, segnano la gratitudine di 2 milioni di persone. Ma è soprattutto l'affetto di ogni giorno. Andavo a trovarlo nella casa della città alta e non conoscevo la villetta al mare. Bastava dire «Amado» e l'autista faceva i conti: «Vediamo un po': febbraio? Deve essere in spiaggia». Prima di piegare nella strada che gira fra le case dei pescatori e segue le palme, abbassava il finestrino. Nell'ombra i pescatori mangiavano qualcosa. «È in casa?». «C'è. Sarà mezz’ora che è tornato...». Nessuno aveva fatto nomi. Devozione che coinvolge anche i ladri, suoi capitani della notte. Ripuliscono tutte le case di una certa strada mentre la folla impazzisce nel carnevale. Ma la casa di Amado è sempre salva. Ogni mattina la fila davanti alla sua porta raccoglieva facce diverse. Un po' di turisti col libro per l'autografo, mulatte con la borsa della spesa, commercianti dal gilé colorato, pescatori con la faccia lunga per qualche delusione. Andavano a consultare lo scrittore che è uno dei 12 orixa della città, uno dei santoni della religione sincretica, mescolanza di animismo e cristianesimo, Dio nero che Amado ha liberato dalla persecuzione cinquant'anni fa, quand'era deputato. La sua proposta è diventata legge e da quel momento l'Esopo della commedia bahiana si è trasformato nel consigliere al quale confidare pene e virtù.
Era nato nel 1912, a Pirangì, città dello Stato di San Salvador che lui continuava a chiamare col vecchio nome: Bahia. Era nato nella casa di un colonnello del cacao, specie di cavalierato al merito per aver coltivato bene la sua terra. La storia della famiglia è curiosa. Madre che discendeva da ebrei spagnoli riparati ad Amsterdam per sfuggire all'Inquisizione. Hanno cercato fortuna in Brasile, nella breve dominazione olandese. Quando sono arrivati i portoghesi hanno deciso di restare. Il nonno di Amado aveva un negozio, una figlia e un commesso nero. Quando la figlia gli ha chiesto il permesso di sposarlo, il padre non si è meravigliato ma ha preteso che il nome di famiglia restasse il suo. Amado mi ha raccontato la storia durante quei pranzi in campagna che trascinavano in casa degli ospiti un seguito di trenta, quaranta persone. Machado, il suo editore di Rio, lo interrompeva ogni due parole: «Dovresti raccontarla, Jorge». «Qualcosa c'è in Tocaia Grande , il resto, chissà se un giorno...».
Non ha avuto vita facile. È diventata facile nella maturità: «Quando ho capito che si può avere un'idea politica, ma non è obbligatorio ispirare ogni racconto a questa idea, e non è necessario innamorarsi di una donna che la pensa come te». Forse solo una difesa per eventuali guai. Forse è il motivo che l'ha spinto ad appoggiare un candidato a sindaco della città. Al telefono ha spento la mia meraviglia: «Ama Bahia più di me. A questa età meglio un amore che l'ideologia...». Zelia Gattai, la moglie alla quale ogni giorno ha passato i foglietti scritti a mano perché lei li trascrivesse nel computer, è nipote di anarchici italiani. L'ha sempre seguito in ogni disavventura. Prima di Gabriella, garofano e cannella , Donna Flor e i suoi due mariti o la guida appassionata scritta per Bahia di tutti i santi , ha dovuto scappare e lottare. I romanzi sociali ai quali deve la fama Il cammino della fame , Terre del finimondo , Cacao - lo hanno messo tante volte nei guai. Non piacevano ai papaveri del latifondo. C'è un romanzo a noi incomprensibile, Alte uniformi e camicie da notte , che lo ha costretto a lasciare Rio, la politica, casa e libri per nascondersi prima in Amazzonia e poi chiedere rifugio in Francia. Erano gli anni di una prima dittatura militare: restava incantata dal mito della Germania di Hitler: «Volevano trapiantare la stessa fermezza in Brasile». I nomi dei protagonisti in caricatura sono gli stessi dei signori in divisa, allora al potere.
Poi scopre che l'Europa e Parigi non sono le terre promesse della libertà sognata. Assieme a Pablo Neruda vivono in qualche modo, aiutati da Sartre, Eluard, Simone de Beauvoir, Aragon. Ma guardati male dagli amici di De Gaulle. Vanno a trovare Picasso: sta per nascere l'associazione "Partigiani della Pace" ispirata da Mosca. Picasso si arrabbia: «Non ne voglio sapere di politica. Mi restano pochi anni per dipingere. Lasciatemi lavorare». Accompagna alla porta Amado, Neruda ed Aragon, la regista Wanda Jacubowaska (polacca che ha i polsi segnati dai numeri incisi dai nazi nel lager). «Picasso vede quei numeri, si commuove ma non cambia idea. "Vi regalo un disegno", risponde». «E il giorno dopo sono andato a prendere una colomba. Così è nata la colomba della pace...». Me lo ha raccontato a Lisbona dove stava per presentare il libro che racconta la sua vita: Navigazione di cabotaggio . Zelia, la moglie, interviene: «La bambina che sta per nascere la chiameremo Paloma, colomba, ho detto a Jorge appena fuori da Picasso».
Subito Parigi li butta fuori: devono scappare a Praga con Neruda e gli altri. E i poveri profughi dai colonnelli fascisti capiscono che il comunismo funziona allo stesso modo. Purghe, censura. Disperazione profonda. «Con Neruda avevamo deciso: andiamo in Italia. Conoscevo Moravia, Nenni, Togliatti, e un editore elegantissimo: il conte Bompiani. Ma proprio in quei giorni ricevo il premio Stalin. Un colpo al cuore. Devo accettarlo? Ricevo una lettera di Bertolt Brecht: "Sei la mia salvezza. Qui a Berlino stanno per affossare il mio teatro. Troppo borghese, per i soliti dogmatici. Il tuo premio è un paracadute". Così ho accettato».
E poi tante altre storie che Amado raccontava a pranzo, al mattino, sul mare, onde che si rompevano contro le dune di sabbia davanti alla casa; tuoni che coprivano le sue parole. Le riascolto con malinconia: una biografia raccontata che ho voluto ricordare solo ricucendo gli incontri, al di fuori delle schede ufficiali. L'ultima volta ci siamo visti a Parigi, nella piccola mansarda di fronte all'Ile de Saint Louis. Jorge scriveva i suoi foglietti, Zelia batteva il computer. «La tua vita non cambia: scrivi sempre», gli ho detto. «Fino all'ultimo momento». Amado e la moglie sono scoppiati a ridere.


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Date: 07 Aug, 2001 on 10:16
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