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Decapitare la lingua burocratica: parte un’altra Rivoluzione francese
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1. Decapitare la lingua burocratica: parte un’altra Rivoluzione francese
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da Il Corriere della Sera
Sabato, 4 Agosto 2001

INIZIATIVE Una commissione di intellettuali studierà Oltralpe la semplificazione del linguaggio ufficiale. Da noi ogni tanto c’è chi (inutilmente) ci prova

Decapitare la lingua burocratica: parte un’altra Rivoluzione francese


«La lingua è da sempre strumento del regno. E la burocrazia ha sempre usato un linguaggio enigmatico perché fa comodo al fine di mantenere il potere. Se il cittadino capisce, potrebbe obiettare», dice il critico Cesare Segre alla notizia che un comitato di linguisti francesi ha avuto l’incarico da parte del ministro della Funzione pubblica Michel Sapin di studiare la semplificazione del linguaggio amministrativo. La Francia rivoluzionaria e illuminista ha tagliato la testa ai re e riformato la lingua «staccandola dal francese antico», aggiunge Segre, «mentre l’italiano attuale è frutto di stratificazioni a partire dall’epoca di Dante. Di qui gli arcaismi di avvocati, giuristi e burocrati, i quali usano per esempio il "dicesi", che nessuno più si sognerebbe di pronunciare. Per non parlare della terminologia zeppa di latinismi». I francesi - che pure hanno già ripulito d’imperio il gergo amministrativo instaurando la burocrazia prima giacobina e poi napoleonica - ammettono che i formulari dei loro uffici sono pieni di formule incomprensibili, contorte e antiquate; ma la pulizia dell’italiano sarebbe ancora più urgente da noi proprio per via di quelle secolari stratificazioni.
In due secoli, comunque, anche il francese è invecchiato: in pochi, per esempio, sanno che devono scrivere il cognome quando la dicitura sul modulo chiede pomposamente «nom patronymique»; così come per i più resta misteriosa la dizione «nom d’usage» per indicare quello del «genitore che non trasmette il cognome». Così, nel Comitato di orientamento per la semplificazione del linguaggio amministrativo (Cosla), il ministro ha riunito linguisti, esponenti della cultura come Julia Kristeva e Bernard Pivot, giornalisti, artisti come il cantante Cheb Mami, rappresentanti dei consumatori e della stessa burocrazia. L’operazione vuol buttare a mare anche i rimandi ritenuti non più proponibili come «titre 1, alinea 3» (titolo uno, capoverso tre) oppure convenevoli barocchi del tipo «ho l’onore di portare alla Sua conoscenza che...», che del resto ritroviamo anche nelle comunicazioni ufficiali dei nostri amministratori.
In Italia, comunque, qualcuno ci aveva già pensato, ricorda Omar Calabrese, studioso della comunicazione. «Fra il ’93 e il ’94, governo Ciampi, il ministro Sabino Cassese aveva creato una commissione di esperti, fra cui il linguista Tullio De Mauro, per riformare il burocratese. Ne è uscito un libro, Manuale di stile (Il Mulino), sottotitolo «come non scrivere i formulari», che indicava gli strumenti per semplificare il linguaggio della pubblica amministrazione. Il volume uscì nel 1997 con il patrocinio del ministro per la Funzione pubblica Bassanini. «Da quella vicenda - ricorda Calabrese - nacque l’idea di una riforma complessiva, della lingua e della stessa burocrazia. Dalle parole alle cose, insomma».
Un «Manuale», però, è un insieme di istruzioni che possono essere disattese: nei fatti, non implica alcun cambiamento per il cittadino. Calabrese, però, non è convinto delle riforme imposte dalla sera alla mattina: «Non è solo questione di rivedere questionari. Perché le riforme si radichino, occorrono tempi lunghi; altrimenti ricordano quella fascista del ’27 che eliminava d’acchito il lei e le parole straniere. Forse i francesi agiranno d’imperio, perché sono abituati alle proibizioni: per difendere la prima lingua nazionale d’Europa, talora rischiano il ridicolo, come quando vietando l’inglese al Roland Garros, cambiando il "game" in "jeu"».
La lingua è viva e funziona, secondo Calabrese, solo se si evolve con la società, «non perché si legifera». Senza contare che i cambiamenti frettolosi e d’autorità comportano il rischio di coniare termini artificiosi, magari altrettanto lontani da come si parla.

Cesare Medail


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Date: 04 Aug, 2001 on 08:56
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