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IN TUTTO IL MONDO SI SPERIMENTA IL VOTO ELETTRONICO
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1. IN TUTTO IL MONDO SI SPERIMENTA IL VOTO ELETTRONICO
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da La Stampa
30 aprile 2003

IN TUTTO IL MONDO SI SPERIMENTA IL VOTO ELETTRONICO: TRA SOGNO E INCUBO, UN SISTEMA A RISCHIO

E’ il sogno della democrazia diretta nelle società di massa. È un modo per interessare di più i giovani alle competizioni elettorali. È l’incubo dei brogli elettorali su scala industriale. Il voto elettronico si sperimenta un po’ dovunque. E genera i commenti più diversi. Domani, per esempio, un milione e mezzo di elettori britannici potranno scegliere di esprimere il loro voto per le amministrazioni locali usando il computer e Internet oppure addirittura inviando un piccolo messaggio con il cellulare. L’obiettivo dichiarato è quello di aumentare il numero dei votanti: «Sappiamo che molti elettori, specialmente i più giovani, non votano per le elezioni locali. Questo esperimento pilota serve a portare il processo di votazione nelle case degli elettori invece che imporre loro di andare fisicamente al seggio», dicono al Vale Royal Council, come riferisce il quotidiano locale elettronico CheshireOnline. Che ha anche intervistato alcuni elettori, come Sheila Holroyd: «Trovo che Internet sia il modo più comodo per pagare le bollette e non vedo perché non dovrebbe essere altrettanto comodo per votare - spiega -. Non ho nessuna preoccupazione per la sicurezza. Non sarà certo meno sicuro dell’urna elettorale». Certo, nei paesi in cui una quota crescente della popolazione si fida di Internet per compiere operazioni bancarie, comprare e vendere azioni, acquistare computer e software, pagare, appunto, le bollette, l’opzione di votare online non può che riuscire come una gradita estensione del concetto. In Europa per esempio, secondo Datamonitor, ci sono attualmente 60 milioni di persone che si affidano a Internet per accedere ai loro conti in banca. E questo induce a pensare che potrebbero essere pronte anche a votare via Web.
Hanno ragione o confidano troppo nella qualità dei sistemi elettronici? Finora gli esperimenti di voto elettronico si sono di solito limitati all’informatizzazione del seggio elettorale. Nello Stato di San Paolo in Brasile, e altrove, il sistema è già stato sperimentato con successo, ed è servito essenzialmente per ridurre i tempi di conteggio dei voti. Ma per gli elettori cambiava poco: dovevano comunque andare al seggio a votare e l’unica differenza era che digitavano un segno invece di tracciarlo con la matita sulla scheda. Il vero cambio di registro avviene con il passaggio al voto elettronico a distanza. Via Internet, appunto.
Le prime elezioni online sono state quelle che si sono tenute in Arizona, negli Stati Uniti, nel marzo del 2000, per le primarie democratiche in vista delle elezioni presidenziali. In seguito ci sono state sperimentazioni in Gran Bretagna e in Francia. Anche l’Italia ha già provato: il 7 ottobre 2001, ad Avellino, per un referendum, alcuni elettori hanno potuto votare da speciali seggi elettronici collegati al sistema centrale. Non era ancora il voto effettuato con il computer di casa, ma era comunque un esperimento di voto a distanza, avvenuto nel quadro del progetto «E-Poll» finanziato dall’Unione Europea e realizzato da un consorzio internazionale con il Ministero dell’Interno, la Siemens, l’Ancitel, France Télécom, Aquitaine European Communication e Municipium. Come racconta Enzo Moretti nel libro La casa dei diritti (ed. l'Ancora del Mediterraneo), il problema affrontato in quel caso era il riconoscimento elettronico dell’identità degli elettori, che è avvenuto con smart card sulle quali erano memorizzate le impronte digitali di chi doveva votare. Lo stesso concetto è stato poi sperimentato a Campobasso, a Cremona e a Mérignac, in Francia. Il risultato dell’esperimento è stato giudicato positivo: in quattro minuti i dati definitivi sono stati inviati al Ministero dell’Interno e l’85 per cento di coloro che hanno scelto di usare il nuovo mezzo per votare ha giudicato positiva l’esperienza del voto elettronico.
Ma il sistema sperimentato ad Avellino deve migliorare molto prima che si possa arrivare al voto via Internet vero e proprio. Una soluzione potrebbe essere «True Vote», un progetto guidato da Postecom, del gruppo Poste Italiane, anch’esso sostenuto dall’Unione Europea, al quale partecipano partner finlandesi, francesi e britannici, ed è in fase di sviluppo: consente di votare da casa o da postazioni pubbliche, con la garanzia della sicurezza del voto, grazie a uno speciale sistema di crittografia. I promotori, tra i quali l’Università di Milano, la Rete civica milanese e l’associazione Smile, promettono di certificare l’identità del votante, garantirne la privacy, facilitare i conteggi. E potrebbe essere usato per le elezioni, ma anche per le votazioni sicure in consigli di amministrazione, per sondaggi di opinione e per l’elezione a cariche societarie, specialmente quando gli azionisti sono in gran numero.
È chiaro che però le democrazie occidentali sembrano andarci con i piedi di piombo con il voto elettronico. Per passare dalle sperimentazioni alle votazioni online su larga scala si devono ancora superare importanti perplessità. Mentre la questione della garanzia dell’identità dei votanti e della privacy è in fondo un tema analogo a quello che tutti stanno affrontando per consentire l’allargamento dell’uso di Internet per svolgere transazioni economiche, le votazioni online presentano anche problemi specifici. Il più importante e difficile da risolvere consiste nella possibilità, per nulla remota, che un gruppo di terroristi elettronici decida di attaccare i sistemi di comunicazione online proprio nel giorno delle elezioni per boicottarle, usando il sistema del bombardamento di messaggi automatici che intasa le linee e rende impossibile l’accesso alla Rete e il funzionamento dei collegamenti. «Anche un ragazzino può mettere in atto un attacco di questo genere» dice Avi Rubin della Johns Hopkins University di Baltimora. A questi problemi tecnologici, che restano indubbiamente significativi, si aggiungono quelli che riguardano gli effetti del voto elettronico sulla qualità della vita democratica. Si è discusso a lungo in materia. Molti hanno sostenuto che, supponendo una generalizzazione del sistema, si avrebbe la possibilità di votare molto più spesso, a costi molto meno elevati. Il che potrebbe indurre a moltiplicare le consultazioni avvicinando i sistemi, appunto, alla democrazia diretta ma contemporaneamente mettendo in discussione la democrazia rappresentativa. Il che porterebbe a tutta una serie di problemi, relativi da un lato alla gestione dell’informazione degli elettori sulle materie più diverse, ma anche alla strutturazione della discussione pubblica prima delle elezioni. Per Stefano Rodotà la creazione di un sistema elettorale permanente in Rete è interessante ma presenta aspetti preoccupanti. «Il processo democratico non va ridotto al solo momento della scelta finale» - scrive il Garante sulla rivista online Caffè Europa - ma deve tener conto del lavoro di creazione dei testi sui quali occorre decidere, altrimenti si rischia di «rinvigorire l’antico vizio plebiscitario». E l’altro rischio, secondo Rodotà, è che si accentui la «riduzione della politica a marketing politico». La tecnologia, insomma, non può certo diventare un motore di democrazia: la democrazia deriva dal processo, interminabile, di maturazione sociale e civile di un popolo. E come in altri campi, anche nel sistema elettorale Internet non è che uno strumento.

Luca De Biase


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Date: 30 Apr, 2003 on 09:23
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