Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


Edscuola Board
Edscuola Board Discussion Forum.
Index / Educazione&Scuola© - Archivio Rassegne / Educazione&Scuola© - Rassegna Stampa (Archivio 2)
author message
Devolution a scuola: poesie di Catullo in dialetto veneto
Post a new topic Reply to this Topic Printable Version of this Topic
edscuola
Administrator
in Educazione&Scuola

View this member's profile
posts: 13944
since: 23 May, 2001
1. Devolution a scuola: poesie di Catullo in dialetto veneto
Reply to this topic with quote Modify your message
da Il Corriere della Sera
18 aprile 2003

Nuova edizione di uno strano libro sulla cultura della regione promosso da un assessore
Devolution a scuola: poesie di Catullo in dialetto veneto

«Perla lustra de luce, S¡rm¡one mia / fra tute le penìsole, tute le ìsole / de mari e de laghet¡, ristreti e ¡mensi: / quanta sod¡sfaziòn, quanta alegria / te me meti int’el cuore!». L’avete riconosciuto? E’ Catullo: «Paene insularum Sirmio, insularumque ocelle, / quascumque in liquentibus stagnis». Dato che era «veronese» (come dire che Settimo Severo era libico o Sant’Agostino algerino: e vai con l’arabo!) un testo scolastico per gli studenti veneti ha pensato bene di tradurlo in dialetto: «Cossa de mejo gh’è del riposarse / infin, dal peso e dal strassinamento». A benedire l’idea è stato Ermanno Serrajotto, assessore regionale alla Cultura e alla Identità Veneta. Serrajotto saluta ora l’approvazione alla Camera della legge sulla devolution con parole di gaudio: «Sono soddisfatto perché la normativa rappresenta un immenso passo avanti per il sistema scolastico. Si delineano infatti gli ambiti delle deleghe che le Regioni avranno sia sul sistema dell’organizzazione scolastica sia sul tema della programmazione. Il Veneto si sente pronto». Auguri.
Sia chiaro: i libri di testo hanno fino a ieri colpevolmente ignorato le culture locali, raccontato per patriottismo paraocchiuto solo un pezzo della nostra storia, censurato i dubbi sui plebisciti di annessione all’Italia o la repressione del «brigantaggio», liquidato in poche righe grandi poeti dialettali e cercato di assassinare i dialetti senza mai ascoltare quanto sostiene un grande scrittore trilingue come Luigi Meneghello. Il quale gioca sì con le parole vicentine («ocio / fenocio / spuacio / spatocio») ma spiegando che la padronanza del dialetto aiuta poi a entrare più in profondità nell’italiano, e perfino nell’inglese. Insomma: nessun rimpianto per un certo modo di insegnare italo-centrico. Ma, se il modello nuovo è quello veneto, stiamo freschi.
Giusto una settimana prima del varo a Montecitorio del pacchetto bossiano, per altri aspetti perfino condivisibile, Serrajotto, che di mestiere insegna musica ai ragazzi delle medie a Treviso, aveva indetto per esempio un grande convegno a Cison di Valmarino chiamando a raccolta i professori di tutta la regione sui seguenti temi: 1) La canzone e la musica popolare; 2) La fiaba come documento storico; 3) Il dialetto e la sua grammatica nella fiaba; 4) Moda e costume: l’abbigliamento e le distinzioni sociali; 5) Alimentazione e variazione delle abitudini alimentari della popolazione veneta negli ultimi due secoli; 6) Tradizioni popolari venete.
Per carità: ottimi temi, ottimi docenti, ottima iniziativa. Un recupero su questo fronte, in una società spaesata come quella nordorientale dove la campagna e il quieto ciabattare delle città antiche sono stati spazzati via da uno sviluppo portatore di ricchezza ma anche devastante, è in-di-spen-sa-bi-le. Ma è tutta qui la «cultura» veneta? Ecco il punto. Perché, a scorrere il diluvio di comunicati stampa sull’attività del nostro assessore, solo (o quasi solo) questo si trova. Ora inventa una Festa d’armi in abiti medioevali e ora spedisce una bandiera col Leòn ai veneti di Adelaide, ora fa distribuire nelle scuole un «fantastico diario» mettendo se medesimo disegnato in copertina («Buon anno da Ermanno») e ora si congratula per la Vecia, «tradizione che affonda le radici nel Veneto autentico», ora vara il festival «Ande, bali e cante» e ora premia i vincitori del premio cultura veneta: «Na olta a bigolin», «L’Epifania porta la vecia stria», «Sercar le nostre raise drento le vecie carte».
Per carità, si sarà certamente occupato anche di musei e ville venete, di percorsi monumentali e di Venezia, di Giotto e dell’Archivio di Stato. Ma certo non l’ha dato molto a vedere. E se non è dipesa da lui l’esilarante catastrofe della mostra allestita nella «sua» Treviso, a Ca’ de Noal, con disegni di Van Gogh «dell’Album Japonaise dell’artista» risultati falsi o fotocopiati, certo è farina del suo sacco il libro già citato, distribuito in tutte le scuole della regione nel 2001 e ristampato per l’anno scolastico in corso con la correzione di alcuni clamorosi svarioni segnalati dagli storici più seri. Si intitola «Noi Veneti» e nella prefazione l’assessore spiega che si tratta di un libro per «approfondire gli argomenti collegati alla cultura e alla storia dei veneti».
Certo, l’uomo giusto per approfondire la storia sarebbe potuto essere uno storico più che il professor Manlio Cortellazzo, noto per la sua «Guida ai dialetti veneti» ma del tutto ignoto all’istituto centrale delle biblioteche italiane per una qualche opera storica. L’assessore, però, ha pensato anche a questa obiezione. E ha affidato la revisione didattica a un secondo professore: Daniele Cunial. Titoli accademici: insegnante di lettere alle medie, preside a Castelcucco e poi dell’Istituto tecnico di Montebelluna, autore di un libretto sulla storia di Possagno e fondatore del gruppo canoro dei «Posagnòt».
Quanto «profondo» sia il testo scolastico sulla «cultura» del Veneto è presto detto. Non una parola su pittori come Giorgione o Tintoretto, Tiziano o Canaletto, Carpaccio o Lotto. Non una parola su musicisti come Vivaldi o Albinoni, Benedetto Marcello o Cavalli, Monteverdi o i Gabrieli. Non una parola su scrittori come Pietro Bembo o Ruzante, Giorgio Baffo o Niccolò Tommaseo, Piovene, Parise o Buzzati. Zero. Solo un accenno a Carlo Goldoni. Fine. Il capitolo «Letteratura», che chiude il «tomo» dopo una lunga carrellata sui diversi dialetti locali dove si spiega che la coccinella sia chiamata qui e là con decine di nomi diversi (balotina, violeta, galineta, groleta), è così composto: poesia popolare, filastrocche, indovinelli, proverbi. Il meglio, però, è nella sezione «storia». Che parte dalle mitiche origini dei Veneti in Plafagonia e, passando per i Visigoti e l’impero Bizantino, arriva alla Repubblica Serenissima, che trattava i sudditi «con larga liberalità, tolleranza e rispetto», tesi che fa sorridere storici come Alvise Zorzi, innamorati ma non orbi, i quali spiegano che il rapporto tra Venezia e le sue terre era «come quello tra l’Inghilterra e la Rhodesia». Per finire poi «col Ventesimo secolo che si chiude con la fama di un Nordest stimato per l’intraprendenza dei suoi piccoli imprenditori».
Scusate: e l’emigrazione? La tragica epopea di quattro milioni e mezzo di persone che se ne andarono facendo del Veneto la regione italiana più dissanguata dal Grande Esodo? Otto righe: 8 righe in totale, con un accenno solo ai viaggi in Brasile e Argentina. Otto miserabili righe...

Gian Antonio Stella


http://www.edscuola.it
http://www.edscuola.com
Mail: redazione@edscuola.com
Date: 18 Apr, 2003 on 09:06
Devolution a scuola: poesie di Catullo in dialetto veneto
Post a new topic Reply to this Topic Printable Version of this Topic
All times are GMT +2. < Prev. Page | P.1 | Next Page >
Go to:
 

Powered by UltraBoard 2000 Personal Edition,
Copyright © UltraScripts.com, Inc. 1999-2000.

Archivio
Archivio Forum
Archivio Rassegne