Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


Edscuola Board
Edscuola Board Discussion Forum.
Index / Educazione&Scuola© - Archivio Rassegne / Educazione&Scuola© - Rassegna Stampa (Archivio 2)
author message
DALLA GENETICA ALLA PRIVACY
Post a new topic Reply to this Topic Printable Version of this Topic
edscuola
Administrator
in Educazione&Scuola

View this member's profile
posts: 13944
since: 23 May, 2001
1. DALLA GENETICA ALLA PRIVACY
Reply to this topic with quote Modify your message
da La Stampa
2 aprile 2003

DALLA GENETICA ALLA PRIVACY: POSSIAMO CERCARE NELLA NOSTRA NATURA I LIMITI E I CRITERI PER DECIDERE SULLA MORALITÀ DELLE SCELTE?

POSSIAMO cercare nella «natura umana» criteri e limiti per decidere sulla moralità o meno delle nostre scelte? E' una domanda che si è fatta sempre più urgente nel mondo, spesso troppo demonizzato, della scienza-tecnica moderna che ha cambiato tanti aspetti della nostra condizione di esistenza. Anche chi ha una profonda dimestichezza con il pensiero critico moderno e con le sue implicazioni storicistiche, si trova spesso orientato (diremmo noi, tentato) a ritornare a una nozione normativa di natura; della quale appunto i pensatori critici degli ultimi secoli (da Marx a Nietzsche a Freud a Adorno) ci avevano insegnato a diffidare. Troppo spesso quello che ci è spacciato per «natura umana» da questa o quella dottrina è solo un ideale di umanità corrispondente a certe condizioni sociali o addirittura a certi interessi contingenti: se c´è da andare alla guerra, vi si dirà fatalmente «sii uomo», con il sottinteso che ovviamente l'uomo, per natura, deve essere pronto alla guerra. Eppure, quando si riflette su problemi come la manipolazione genetica, ma anche sul più tradizionale problema dell'aborto, la natura sembra fare sempre di nuovo capolino. L'embrione va rispettato perché, per natura, l'uomo possiede una dignità fin da quando esiste anche in quella forma del tutto iniziale? O solo in vista del fatto che sarà un giorno un essere libero di decidere di sé? (Ma allora, si intende, se accertiamo che, per malformazioni varie, non può diventare un soggetto di libertà, e cioè di dignità umana, potremmo anche sopprimerlo). Sono nati di recente casi anche legali da brivido, su temi come questo: così il caso di un cittadino francese che, nato con troppi handicap per poter vivere in maniera decente, umana, dignitosa, ha fatto causa alla sanità pubblica che non aveva voluto aiutare sua madre ad abortire. Finora, tuttavia, cioè prima della possibilità tecnica di diagnosi prenatali, era diventato chiaro che la nascita «naturale» di un nuovo individuo umano tanto naturale non era, veniva scelta e decisa; ciò naturalmente è sempre stato vero per qualunque generazione - anche e soprattutto quando per inesperienza o imprudenza una coppia generava un figlio non desiderato. Ma non si era mai ancora visto qualcuno che facesse causa ai suoi genitori per averlo messo al mondo nonostante non fossero sposati, fossero poveri, vivessero in una società totalitaria o comunque poco attraente; o addirittura sapendo di essere portatori di gravi malattie ereditarie. Fin dove si spinge la responsabilità dei genitori per la dotazione genetica del figlio che hanno generato? Una madre accanita fumatrice, o un padre ubriacone, potranno un giorno essere perseguiti penalmente, e magari chiamati a rispondere in sede civile, dei danni di cui si trova vittima la loro creatura? Facciamo esempi estremi perché sia più chiaro il problema. Di recente, si è occupato di questi temi - con l' ampiezza e profondità che lo caratterizzano - Jürgen Habermas, l'ultimo grande esponente della Scuola di Francoforte, nei saggi raccolti e tradotti in modo eccellente da Leonardo Ceppa (Il futuro della natura umana, Einaudi), che fanno seguito a una serie di opere dedicate a riflettere sui problemi della legittimazione nelle condizioni della società post-moderna (di cui Habermas ha sempre diffidato). E' significativo che proprio in questi saggi più recenti, Habermas si induca a usare di nuovo un termine, come quello di «natura umana», che, se non sbagliamo, non era tra quelli più frequenti nei suoi scritti, che ricordavamo piuttosto orientati a esaminare le condizioni di una «vita buona», identificate più o meno (ma qui l'espressione è di John McIntyre) con quelle in cui ciascuno è libero di decidere su che cosa sia per lui la vita buona. Una posizione, questa, che sembrerebbe dover far pendere la scelta dei criteri dal lato della libertà-dignità, e non da quella del valore della vita pura e semplice (le alternative a cui ci riferivamo per il giudizio sull'aborto). Oggi, però, proprio considerando i casi di possibile manipolazione genetica, Habermas sembra assumere - del resto con molte buone ragioni - un atteggiamento che lui chiama più «aristotelico», distinguendo «lo spontaneo e l'artificiale» - il Gewachsene e il Gemachte, ciò che cresce da sé e ciò che è prodotto. La distinzione in Aristotele è chiara, ma non sempre così nettamente segnata: la téchne, che noi traduciamo sia con tecnica, sia con arte, compie spesso ciò che la natura non porta a termine ma potrebbe fare (cuocere i cibi è come produrre anticipatamente il naturale processo della digestione), e altre volta fa ciò che la natura non farebbe mai da sé. Anche in questo caso, certo, l'artista e il tecnico si riferiscono a una qualche «norma» naturale: Ma il loro orizzonte normativo è allora la natura umana - la quale però difficilmente si lascia ridurre a ciò che l'uomo è e può diventare lasciando fare alla natura. Così, Aristotele dice anche che per sapere chi è un uomo virtuoso dobbiamo andare a chiederlo a coloro che sono considerati comunemente virtuosi dalla loro comunità. Che è un criterio più storico che metafisico. E così via. E allora, come metterla con la manipolazione genetica? Habermas - anche in una recente intervista a Le Monde - ha sostenuto che se una coppia manipola i geni del figlio in formazione per garantirgli le doti di un grande musicista (vogliono fare di lui un Beethoven) viola la sua libertà perché, chissà, magari lui avrebbe voluto diventare pilota da caccia. Il problema è: che cosa c'è di "naturale" e spontaneo anche nel suo ipotetico desiderio di essere piuttosto un grande pilota? Non c'entrerà il fatto che la madre guardava troppi film di aviazione sul televisore di casa? Insomma: c'è una natura umana spontanea che «cresce» da sé, alla sola condizione che due umani di sesso diverso si uniscano e non decidano nulla (usare o no il profilattico; aspettare di aver trovato casa e lavoro; ecc.)? Forse non ad Aristotele (almeno quello di Habermas) bisogna richiamarsi, ma a Pico della Mirandola, che come si sa aveva indicato la «natura» dell'uomo nel fatto, appunto, di non avere una natura, un'essenza definita, e di doverla invece scegliere da sé. In concreto, sul piano delle leggi - perché questo importa giustamente a Habermas, e non meno a noi - la questione non sembra potersi risolvere con la distinzione tra lo spontaneo e il prodotto: infatti, è proprio spontaneamente che l'uomo produce, non lascia andare le cose come vanno. Habermas teme gli eccessi di una genetica liberale; cioè di una manipolazione senza limiti solo esposta agli interessi di mercato; e si domanda anche, giustamente, come si potranno sentire dei soggetti umani futuri che sappiano di essere nati mediante manipolazioni tecnologiche di ogni tipo. Come ci si sente ad essere un robot sapendo di esserlo? Si rabbrividisce certo, ponendo la cosa in simili termini. Ma alla fine - e forse Habermas è d'accordo - il limite che bisogna far valere non può essere «metafisico», cioè sicuramente universale (come la democrazia che oggi si vorrebbe imporre a tutti anche con la forza), ma storico. E' naturale ciò che ci appare tale in certe condizioni di esistenza - come è «naturale» rispondere al saluto per strada, anche se nessuna legge metafisica ce lo impone. Questo criterio «naturale» deve essere responsabilmente fatto valere dalle leggi in ordini politici democratici. Già ora, l'aborto è legale ma c'è la libertà per l'obiezione di coscienza dei medici . Come nel caso della privacy, pare a noi che i rischi di un uso puramente liberale della genetica, come dell'informatica e delle intercettazioni, non si vincono riaffermando semplicemente il valore metafisico di certi fondamenti, ma intensificando - diciamolo senza troppi pudori - il controllo pubblico, cioè di tutti, su tutto. Dunque, contro il «liberalismo» la buona vecchia ricetta «socialista». Da sempre, chi nasce è «gettato» - diceva Heidegger - in una condizione storica che lo determina, anche se non secondo leggi puramente meccaniche. Fino ad oggi, questo era un destino che si poteva solo accettare e basta. Oggi siamo in condizione di influenzarlo coscientemente, proprio in virtù di quella natura umana che Dio ci ha dato perché la trasformassimo liberamente. Perché rifiutarsi di assumere, eticamente e politicamente, questa naturalissima responsabilità?

Gianni Vattimo


http://www.edscuola.it
http://www.edscuola.com
Mail: redazione@edscuola.com
Date: 02 Apr, 2003 on 08:59
DALLA GENETICA ALLA PRIVACY
Post a new topic Reply to this Topic Printable Version of this Topic
All times are GMT +2. < Prev. Page | P.1 | Next Page >
Go to:
 

Powered by UltraBoard 2000 Personal Edition,
Copyright © UltraScripts.com, Inc. 1999-2000.

Archivio
Archivio Forum
Archivio Rassegne