da Il Corriere della Sera
1 aprile 2003IERI & OGGI
Esce il Sabatini-Coletti: 138 mila parole per l’Italia che cambia
L’evoluzione di uno strumento non più solo scolastico
Da «A», prima lettera dell'alfabeto e preposizione semplice, a «ZZZ», voce onomatopeica che può stare per il ronzio di un insetto o per il sibilo di chi russa con discrezione ovvero per il rumore attutito di una sega, gli studiosi della lingua Francesco Sabatini (presidente della Crusca) e Vittorio Coletti hanno catalogato 138 mila lemmi nel loro rinnovatissimo dizionario, ricco di una grafica a due colori di alta qualità che segnala le oltre diecimila parole del lessico di base, evidenziate da una cornice, e le parole straniere entrate nell'uso comune segnalate con il corsivo. Un buon dizionario sta anche nella quantità del materiale proposto. Qui i numeri sono eloquenti: 191 mila esempi, 45 mila sinonimi, 84 mila etimologie, 85 mila datazioni, 48 tavole di nomenclatura (dall'abbigliamento alla zoologia, passando per musica e sport), oltre le appendici dedicate a sigle, abbreviazioni e simboli, a espressioni latine e straniere, a nomi e aggettivi geografici. Ma soprattutto un buon dizionario sta nella qualità dell'articolazione del materiale espositivo delle sue voci. E qui ogni lemma è proposto nella variazione di significati in base all’uso grammaticale e alla pratica comunicativa e testuale.
Qualche esempio per essere chiari. Un verbo: «formare». Nei suoi significati propri può avere un valore causativo, esprimere cioè l'azione di qualcuno che opera per ottenere un effetto: significa allora «dare forma a qualcosa», «educare qualcuno», «far nascere alcunché», «comporre una certa figura». Ma può avere anche un valore copulativo ed esprimere il rapporto tra le parti e il tutto che ne risulta. Così: «Questi ragazzi formano un gruppo affiatatissimo». Ebbene, una scheda grammaticale a seguito del lemma avverte che nel primo uso si può avere una forma passiva, nel secondo no.
Un avverbio: «sinceramente». A seconda della posizione può essere riferito al solo verbo («Non so parlarti sinceramente»: non so parlarti con sincerità) oppure può costituire, da sé solo, una frase. «Sinceramente, non so parlarti»: cioè, se devo essere sincero, non so parlare con te.
Una congiunzione: «benché». Può congiungere due frasi individuabili: «Sono venuto, benché fossi stanco». Può sottintendere una frase e creare un'articolazione di periodo più complesso: «Sono venuto, benché ne avrei fatto volentieri a meno», che sta per «sono venuto, benché ne avrei fatto volentieri a meno».
Consultare un dizionario così concepito significa non solo imparare grammatica e usi, ma soprattutto entrare nella storia della nostra lingua, vuol dire acquisirne nozioni (e in qualche caso regole precise) ma ancor più ripercorrere l'avventura splendida della sua trasformazione nel tempo. Sabatini e Coletti usano metodi flessibili di classificazione come ormai è necessario in un dizionario che sappia coniugare tradizione e attualità. Non è solo questione di essere generosi con i neologismi («antiglobal», «girotondino», «ulivista»), ma anche di mantenere quelle neoformazioni linguistiche di stagione che hanno ormai soltanto un valore storico («pentapartito»). Soprattutto però la flessibilità degli autori sta nell'accogliere a rango di lemma parole composte («busta paga») e locuzioni («fatto sta che») di largo uso e nel riabilitare, se così si può dire, quelle che possono apparire «deviazioni» della nostra lingua. Un caso per tutti: l'anacoluto, modulo tipico del parlato che può avere tuttavia anche nella scrittura valori espressivi, come documentano testi letterari alti, da Dante a Manzoni, su su fino al nostro Novecento neorealista.
Il libro: «Dizionario della Lingua Italiana» (con cd-rom) di Sabatini-Coletti, Rizzoli Larousse, pagine XIII-3088, 75,60
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