da La Repubblica
Giovedì, 19 Luglio 2001 "Ma qui la situazione è disperata i migliori non vengono premiati"
Roberto Defez è il portavoce dei 1000 firmatari di un appello
IL RICERCATORE
ROMA - «Gli effetti della riforma per ora non sono visibili, né sui finanziamenti né sulla trasparenza con cui vengono erogati. Non è sempre facile sapere chi sono i "controllori" delle nostre richieste di finanziamento né conoscere i giudizi sui progetti di ricerca presentati». Roberto Defez, dell'Istituto di Genetica e Biofisica del CNR a Napoli, è il portavoce dei cosiddetti "mille", gli scienziati firmatari dell'appello per la libertà di ricerca diffuso nei mesi scorsi. Ed ha poche illusioni sulla situazione della ricerca in Italia. Che, anzitutto, non è capace di premiare i migliori.
«Nell'istituto in cui lavoro c'è un ricercatore, Antonio Simeone, che è nella lista dei candidati al premio Nobel. Ma non è dirigente di ricerca del CNR. Com'è possibile che ci sia un ricercatore del CNR in odore di Nobel che non è riuscito a raggiungere un livello di dirigenza del CNR? Evidentemente, i meccanismi di meritocrazia non funzionano».
Quindi non è solo colpa della carenza di fondi?
«Il principio generale con cui vengono erogati i fondi ora è "diamo 30 milioni a tutti quanti". Ma 30 milioni a progetto è una truffa, vuol dire "ti do pochi soldi perché poi non ti controllo", perché non posso venirti a chiedere quel che mi hai promesso di fare, visto che non ti ho dato il necessario per farlo. Ma così non si fa andare avanti la ricerca, è un contentino per non farla morire di fame».
La sua ricetta per salvarla?
«Come ha detto mesi fa Boncinelli, per migliorare il sistema della ricerca in Italia servono tre scelte secche: finanziamenti, meritocrazia e organizzazione». (cl.d.g.)
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