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«Ricerca, legame più forte con il mercato»
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1. «Ricerca, legame più forte con il mercato»
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da Il Corriere della Sera
2 febbraio 2003

Continuano le proteste dopo il varo del riordino degli istituti. L’Ulivo: scenderemo in piazza. Berlusconi: innovazione da eseguire senza indugio

«Ricerca, legame più forte con il mercato»

La Moratti difende la riforma del Cnr: «Nasceranno centri d’eccellenza». Prodi: un suicidio ridurre i fondi

ROMA - «L’obiettivo è creare centri di eccellenza in grado di competere meglio a livello internazionale, rafforzando il legame tra scienza e mercato». Letizia Moratti, ministro dell’Istruzione, difende la riforma degli enti di ricerca che genera la protesta durissima di vasti settori del mondo scientifico. E, all’indomani del Consiglio dei Ministri che ha azzerato i vertici del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e ridisegnato assetti e linee guida di molti altri istituti, risponde agli scienziati in rivolta: sarete «consultati» nei processi decisionali. Una linea della fermezza che si rispecchia nelle parole del presidente del Consiglio: ieri, nel discorso pronunciato a Todi, Silvio Berlusconi, ha inserito anche questa, oltre a quella della scuola e dell’università, tra le «riforme da fare senza indugio». Anzi, a volere imprimere la forte accelerata al progetto, secondo indiscrezioni, sarebbe stato proprio il capo del governo, come segnale di fermezza. Ma la riforma non piace alla comunità scientifica, che promette battaglia. Domani verrà decisa la data della protesta delle provette che verranno restituite di fronte a Montecitorio. E L’Ulivo offre solidarietà: «scenderemo in piazza per la ricerca, come abbiamo fatto per la giustizia». E accusa: «dietro le chiacchiere di modernizzazione si nasconde il nuovo clientelismo». Mentre Romano Prodi, presidente Ue, aggiunge: «la riduzione dei fondi alla ricerca è un suicidio». IL MINISTRO - Letizia Moratti si difende. E spiega, in una nota, i suoi intenti: «La riforma - afferma - è un grande cambiamento che dà centralità ai ricercatori nella programmazione e nella gestione della ricerca». Mai più finanziamenti «a pioggia», dunque, ma mirati alle «eccellenze». Rafforzando il «legame con il mercato per avere ricadute positive sulla qualità della vita dei cittadini e sulla competitività del sistema Paese. Tutte le componenti del mondo della ricerca - aggiunge il ministro - sono chiamate a partecipare attivamente a questo cambiamento e saranno consultate sui processi decisionali».
POLEMICHE - «La mia preoccupazione sulla ricerca è molto profonda», dichiara Romano Prodi. «Sta diventando evidente - sottolinea - che o noi cresciamo nella capacità di elaborare il nuovo, oppure abbiamo perduto». Per questo il presidente Ue stigmatizza il taglio delle risorse in Italia e in Europa: «un’ingiustizia nei confronti delle nuove generazioni». L’Ulivo attacca la Moratti. «Non si vergogna?», chiede Albertina Soliani (Margherita), ex sottosegretario all’Istruzione. «Dopo le risorse - protesta - la maggioranza sta togliendo dignità a chi nella ricerca dà il meglio di sé, poco remunerato e poco riconosciuto». Il Verde Pecoraro Scanio parla di «attacco premeditato al principio della sua indipendenza».
IL CNR - Ci vorrà almeno una settimana di adempimenti burocratici per l’insediamento ufficiale del neo-commissario: Adriano De Maio, uomo di fiducia di Letizia Moratti, da un mese passato dal Politecnico di Milano a dirigere la Luiss, università della Confindustria. Ed è già iniziato il toto-vicedirettori. Ne deve nominare tre. Tra i nomi che circolano ci sono Fabio Pistella, presidente dell’Istituto Nazionale di Ottica applicata, ora confluito nel Cnr, ed Enzo Boschi, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Il presidente, Lucio Bianco, e l’intero consiglio direttivo, formalmente sono ancora in carica. E domani si presenteranno pronti a ricevere il benservito formale. Un atto che Bianco intende subito girare ai suoi legali per un ricorso al Tar basato su un principio: il vertice del Cnr non poteva essere rinnovato giacché non è mai stata creata l’Assemblea della Scienza (indicata nella legge del ’99 come titolare delle nuove nomine), ma il suo mandato aveva una scadenza precisa, il 29 Marzo. Non ci sarà invece un nuovo Consiglio direttivo. Al posto dei quattro membri di nomina governativa e dei quattro di area scientifica la riforma prevede un Consiglio di Amministrazione con tre membri nominati dal governo, uno dalla conferenza Stato-Regioni, uno dalla conferenza dei rettori e uno dall’Unioncamere.

Virginia Piccolillo


UNIVERSITA’
Nello scorso ottobre scatta l’allarme sullo stato degli atenei . Il presidente della Conferenza dei rettori, Piero Tosi , scrive una lettera al premier, Silvio Berlusconi, in cui denuncia la mancanza di 350 milioni di euro per l’Università: «Se la Finanziaria non verrà modificata, l’università non potrà neppure pagare gli stipendi »

LE DIMISSIONI
Due mesi dopo, a dicembre, i rettori minacciano di dimettersi in massa per protesta contro la Finanziaria: «Mancano i soldi , ce ne andiamo». Per risposta, il ministro dell’Economia Tremonti propone un maxi emendamento con cui aumenta i fondi per la ricerca degli Atenei. Ma la protesta non rientra

FUGA DEI CERVELLI
La scelte del chirurgo Ignazio Marino di lasciare l’Italia per gli Usa riaccende il dibattito sulla «fuga dei cervelli» . Il ministro della Salute Sirchia accusa: «Gli atenei sono in mano ai baroni , nepotismo e gerontocrazia bloccano la ricerca». Dure le reazioni da parte dei rettori: «Sirchia faccia i nomi»

IL CNR
Il ministro Moratti ha approvato venerdì i decreti che ridisegnano le finalità e le dirigenze degli enti di ricerca, fra cui il Cnr . Dovranno essere gestiti in modo manageriale , rifondando le reti di ricerca , integrandole fra loro e con il sistema produttivo . I decreti dovranno ora essere esaminati dalle Camere

I RICERCATORI
Ma c’è fermento anche nel mondo della ricerca . Contro la riforma degli enti si schierano 3 mila ricercatori. Le accuse: è una riforma «aziendalista» e «lesiva dell’indipendenza della ricerca di base» . Il ministro Tremonti reagisce e ai ricercatori dice: «Tiratevi su le maniche , troppi fondi Ue vanno sprecati»

LA RIFORMA: OPINIONI A CONFRONTO

LA POLITICA Il progetto di riforma degli enti è «un’invasione della politica nel campo della ricerca» per Rita Levi Montalcini. Per Adriano De Maio «la ricerca non è né di destra né di sinistra, ma un interesse primario del Paese»

LA PROTESTA
Per la Montalcini «bisognerebbe che tutti i ricercatori, per protesta, fermassero la propria attività». Per Di Maio «utilizzare in modo più efficace le risorse può fare solo piacere»

IL MERCATO
Per la Montalcini nella riforma «si parla solo di ricerca applicata. Quella di base resterà esclusa». Per De Maio «usare in modo efficace i soldi significa poter chiedere un aumento dei fondi con più forza e credibilità»

LEVI MONTALCINI
E’ un’invasione della politica nella scienza

ROMA - «Un’invasione della politica nel campo della ricerca. Un fatto nuovo se guardiamo al nostro recente passato. Per trovare altri esempi, in verità molto più gravi, bisogna tornare parecchio indietro nel tempo». Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la medicina nel 1986, giudica negativamente sia il commissariamento del Cnr sia il progetto di riforma degli enti di ricerca italiani. Perché, professoressa?
«Basta leggere le parole del ministro Moratti».
Quali?
«Lei dice che l’obiettivo è rafforzare il legame tra scienza e mercato per migliorare la qualità della vita e la competitività del sistema Paese».
Cosa c’è che non va?
«Si parla solo della ricerca applicata. Cioè di quella che serve a creare nuovi prodotti da vendere sul mercato. Insomma, ricerca sì, a patto che sia finalizzata al guadagno economico. Ma si mette in secondo piano una parte molto più importante».
Quale?
«La ricerca di base, quella non legata a un guadagno diretto ed immediato. Ed è proprio questa che fa davvero progredire il mondo».
Qualche esempio?
«Il primo che mi viene in mente è proprio il lavoro sul Ngf, il nerve growth factor con cui ho vinto il Nobel».
Quali sono le conseguenze di un approccio di questo tipo?
«Questa è una visione di corto respiro, che danneggia il futuro del nostro Paese».
E cosa si può fare per cambiare direzione?
«Bisognerebbe che tutti i ricercatori, per protesta, fermassero la propria attività. Ma purtroppo non si può fare».
Perché?
«Perché i ricercatori, come tutti, vivono del loro salario. E non possono certo rinunciarvi».
Lei, tra le altre cose, è anche senatrice a vita. I decreti di riforma passeranno in Parlamento per un parere. Anche in quella sede è possibile fare opposizione.
«Figuriamoci! E’ passata la legge Cirami, è passata quella sul falso in bilancio, quella sulle rogatorie. Passerà anche questa».
Sembra delusa della sua attività in Senato.
«Sì e lo ammetto con dolore. Perché c’è una vera e propria prevaricazione della maggioranza, una maggioranza nella quale io non mi riconosco. E chi la pensa diversamente esprime le sue opinioni già sapendo che non avranno peso e spazio».
Le leggo una sua frase del 1992: «In Italia si fa poca ricerca scientifica e con pochi mezzi. Nelle università e nel Cnr vige un sistema impiegatizio che non riconosce sufficiente premio al merito». Una riforma serviva, quindi?
«Sicuramente sì. Ma lo ripeto, non in questa direzione. Qui è il vertice politico che impone la sua visione».
Il ministro Moratti dice che la riforma è aperta al contributo dei ricercatori .
«In quali sedi, mi chiedo. E poi bisognava collaborare anche prima di preparare quel testo approvato dal Consiglio dei ministri».

Lorenzo Salvia

DI MAIO
Ci saranno meno burocrazia e sprechi

ROMA - «Per il momento è stato fissato solo l’obiettivo: utilizzare in modo più efficace le risorse. Questo può fare solo piacere a tutte le persone che fanno ricerca in Italia, e la fanno bene. Tutto il resto è ancora da decidere». Adriano De Maio, rettore della Luiss di Roma e in passato del Politecnico di Milano, è il nuovo commissario straordinario del Cnr. Sottolinea che il suo compito si esaurirà presto: «Me ne andrò quando finirà il commissariamento: non sarò io il prossimo presidente». Ma soprattutto si dice stupito per gli attacchi alla riforma presentata dal governo: «Intendiamoci, le critiche sono sempre benvenute. Ma se arrivano così presto, quando l’oggetto stesso della discussione non è ancora definito, allora il discorso è diverso: sono solo pregiudizi».
Vuol dire che la questione è stata strumentalizzata politicamente?
«Spero che questo non accada, sarebbe gravissimo. La ricerca non è di destra o di sinistra ma un interesse primario del Paese. E la riforma parte da una constatazione condivisa da tutti».
Quale?
«Che oggi in Italia si utilizzano male i fondi a disposizione».
Perché?
«Per tanti motivi. Le lungaggini burocratiche, prima di tutto. Ma anche una valutazione poco attenta dei progetti».
Il finanziamento a pioggia, insomma.
«Esatto: dare un po’ a tutti per non scontentare nessuno. L’obiettivo della riforma è proprio riformulare l’organizzazione per evitare sprechi e duplicazioni».
In che modo?
«E questo è il punto. Nulla è stato ancora deciso, perché si tratta di trovare gli strumenti più adatti insieme al mondo della ricerca».
Che però, almeno in alcuni settori, parla di disegno imposto dall’alto.
«Ma per carità. Nessuno è così matto da fare da solo un lavoro del genere. Per questo chiediamo la collaborazione dei ricercatori per trovare la strada migliore. Anzi, ho già ricevuto diverse adesioni».
Un’altra critica è quella di privilegiare la ricerca applicata rispetto a quella di base. In altre parole il guadagno rispetto alla progresso scientifico.
«E’ un ragionamento che non sta in piedi, legato a schemi vecchi e superati. Perché sono due attività che si mischiano sempre di più. Sono due facce della stessa medaglia. Le faccio un esempio».
Prego.
«L’unico premio Nobel italiano che ha lavorato sempre nel nostro Paese è Giulio Natta. Lo vinse nel 1963 per la polimerizzazione del polipropilene. La plastica, in sostanza. Cioè ricerca applicata ma anche progresso».
Secondo lei, l’Italia investe abbastanza in questo settore?
«Assolutamente no. Ma la riforma potrebbe essere importante anche da questo punto di vista».
In che senso?
«Usare in modo efficace i soldi a disposizione avrebbe anche un vantaggio indiretto: poter chiedere un aumento dei fondi con più forza e più credibilità».

L. Sal.

Massimo Mitolo, 40 anni, aveva risposto all’appello lanciato dal governo americano per trovare docenti

«Io, ex insegnante a 1.200 euro al mese, ora sono manager a New York»

Ha lasciato l’istituto tecnico di Lauria in Basilicata nel 2001 per diventare professore di italiano nella scuola dove studiò Kissinger. «Adesso guadagno 120 mila euro all’anno»

ROMA - Un piccolo appartamento a Manhattan, la prospettiva di una brillante e rapida carriera in una società di progettazione, uno stipendio mensile vicino ai 5 mila euro e l’incarico di corrispondente dalla Grande Mela dell’ Eco della Basilicata . Con tanto di rubrica fissa che nel titolo, «Qui Nuova York», rende omaggio ad un grande giornalista di quella terra, Ruggero Orlando. Niente male per un insegnante che ha trascorso la prima parte della sua vita a spiegare come funzionano gli impianti elettrici in un istituto tecnico di Lauria, in Basilicata, portando a casa 1.200 euro al mese. Massimo Mitolo, 40 anni, una laurea in Ingegneria, aveva un sogno: andare a far fortuna in America. Capita a molti, ma lui non si è mai lasciato abbattere. Né dalle difficoltà né dalla scarsa considerazione sociale del proprio ruolo. Ha aspettato a lungo la grande occasione, preparandosi scrupolosamente per non farsela sfuggire di mano. «Sì - dice, parlando dal suo luminoso e confortevole ufficio di New York - il sogno americano esiste davvero, purché si abbiano voglia e capacità di andare avanti».
E’ successo tutto in pochi mesi. Nella primavera del 2001 su alcuni quotidiani italiani è comparsa un’inserzione del dipartimento newyorchese dell’istruzione, destinata ai docenti di materie scientifiche. L’offerta era allettante: 65 milioni di lire l’anno, oltre ai benefit, per insegnare nelle scuole medie e superiori in lingua inglese. Nell’annuncio campeggiava la Statua della Libertà. Un richiamo irresistibile, scolpito nel cuore dei Mitolo. Su un muro di Ellis Island, a poche braccia di mare dalla Statua, è c’è anche quel cognome meridionale, tra centinaia di migliaia, a ricordare i migranti venuti da tutto il mondo.
In luglio il nostro professore è a New York, dopo aver superato una prima selezione in Italia. Segue un corso organizzato dal Board of Education e ottiene l’abilitazione in matematica. I primi di agosto viene destinato al «George Washington educational college», una high school statale di buona tradizione che vanta tra i suoi ex allievi Henry Kissinger. E’ frequentata soprattutto da figli di migranti, di lingua madre spagnola.
«Il contratto prevedeva circa 32 mila euro lordi l’anno e in prospettiva il riconoscimento dell’anzianità di insegnamento maturata in Italia, pari ad altri 10 mila euro - ricorda Massimo Mitolo -. Mi è stata consegnata anche una tessera sanitaria gratuita. Se non avessi lasciato la scuola dopo gli ultimi aumenti il mio reddito si sarebbe avvicinato ai 50 mila euro lordi l’anno. A Lauria guadagnavo 1.200 euro netti al mese». Rimpianti? «Sono sistemi educativi diversi - risponde l’insegnante -. Negli Stati uniti la programmazione dell’insegnamento è individuale, da noi avviene attraverso il consiglio di classe. Qui il docente è responsabile della formazione: guadagna di più, ma se il preside non è soddisfatto può essere licenziato».
Dalla parte opposta dell’isola di Manhattan, rispetto al «George Washington», si innalzavano le Torri Gemelle. L’11 settembre Mitolo era a scuola.
«E’ stato un momento terribile, soprattutto per i ragazzi - ricorda -. Il timore di nuovi attentati è ancora vivo. Il preside mi chiese di commemorare le vittime. Ho preparato l’intervento che poi ho letto davanti a tutta la scuola, sforzandomi di dare il meglio di me». Sono passati sette mesi. Il professore di Lauria nel frattempo si è iscritto al Queen’s College per realizzare un altro dei suoi sogni: il Ph. D., il massimo livello di istruzione superiore.
Mentre presenta una sua ricerca, un dirigente della Chu & Gassman consulting engineers gli offre l’incarico di responsabile per gli studi teorici sugli impianti elettrici di potenza. «Ora guadagno quattro volte di più e naturalmente lavoro anche molto di più - spiega Mitolo -. Mi ha stupito la rapidità della carriera: dopo pochi mesi avevo già ottenuto un avanzamento di responsabilità». Siamo arrivati alla conclusione della storia.
La morale? «Non arrendersi, lavorare per il proprio futuro, pianificare - consiglia l’ex professore -. Quando mi capita di conversare con i tanti amici rimasti in Italia spesso mi sento dire: lo farei anch’ io se avessi il coraggio, se fossi ingegnere, se conoscessi l’inglese, se..., se..., se. Io questi "se" li ho risolti un po’ alla volta nel corso della mia vita. L’inglese, per esempio, l’ho studiato frequentando un corso serale, due volte a settimana».

Giulio Benedetti


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Date: 02 Feb, 2003 on 10:50
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