Torino, doppia denuncia del vicesindaco: respinta anche una bimba marocchina, i compagni dicono che puzza

«Un’intera classe rifiuta di stare in aula con un disabile»

DAL NOSTRO INVIATO

TORINO - Dall’inizio dell’anno in quella classe, in quella scuola, un istituto professionale della periferia di Torino, nessuno vuole sedersi vicino a un ragazzino di 15 anni con un lieve ritardo mentale. I suoi compagni lo prendono in giro, si vergognano di averlo come vicino di banco. E nella stessa scuola, in un’altra classe, una giovane marocchina è stata allontanata dai suoi stessi compagni: «Vattene, puzzi» le hanno detto. Episodi di intolleranza e di razzismo che ieri il vicesindaco della città, Marco Calgaro (Margherita), ha deciso di rendere pubblici in occasione della presentazione della manifestazione «Educare è. Colorare il domani», dedicata ai giovani e alla scuola. Non ha però voluto rivelare il nome dell’istituto, scatenando l’ira di molti presidi: «Così siamo tutti colpevoli». A raccontare l’episodio sarebbe stata un’insegnante che, dopo inutili sforzi per superare i problemi, si è lasciata andare a uno sfogo con il vicesindaco: «Alcuni si sono allontanati per scelta, rifiutando in modo categorico l’idea di sedersi vicino a quel ragazzo che vedono diverso. Altri studenti come un branco hanno imitato gli amici». Stessa cosa per la ragazzina marocchina, denigrata perché secondo i compagni di classe la sua pelle scura emanava un odore sgradevole. Il vicesindaco spiega anche perché ha voluto raccontare quello che ha scoperto: «Con la riforma che ha dato autonomia alla scuola rischiamo effetti devastanti: il divario tra gli istituti sta aumentando. Il pericolo è quello di americanizzare il sistema scolastico italiano con scuole di serie A da una parte e serie Z dall’altra».
Sui due episodi non è però mai arrivata alcuna denuncia al dirigente del Csa (Centro servizi amministrativi), l’ex provveditore, Paolo Iennasco: «E’ singolare che gli insegnanti non si rivolgano alle sedi istituzionali per denunciare certi atteggiamenti». Neppure Luigi Catalano, direttore generale del ministero dell’Università in Piemonte, ne sa nulla e ribatte al vicesindaco: «La riforma non c’entra. Episodi simili, purtroppo, sono sempre accaduti in tutte le regioni italiane. Lo stato di salute della scuola è sempre stato a macchia di leopardo, con istituti che hanno presidi e insegnanti intraprendenti e scuole emarginate. Con la riforma cerchiamo proprio di colmare il divario».
Quelli raccontati da Marco Calgaro sono due esempi. Sulla difficoltà di integrazione dice la sua anche Sued Benkhdim, educatrice marocchina che con i ragazzini ci lavora da quindici anni: «Quattro mesi fa una dodicenne straniera ha abbandonato la scuola. Era stanca delle battute cattive, degli scherzi, dell’intolleranza nei suoi confronti solo perché musulmana». E’ capitato in zona San Salvario, che, insieme con Porta Palazzo, è una delle realtà maghrebine della città. Il preside Bernardo Ascoli, dell’istituto Manzoni che comprende tre scuole in quel quartiere, parla di buona integrazione: «Oggi nelle nostre scuole gli stranieri rappresentano il 37 per cento: nove anni fa erano il sei. E a un marocchino abbiamo anche dato il premio come miglior studente». Ma succede anche che ragazzini maghrebini si ritrovino le foto di Bin Laden e quella delle torri gemelle in fiamme sotto il banco.

Cristina Marrone