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«Corsi a scuola per vincere l’antisemitismo»
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1. «Corsi a scuola per vincere l’antisemitismo»
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da Il Corriere della Sera
27 gennaio 2003

«Corsi a scuola per vincere l’antisemitismo»

Amos Luzzatto: se due milioni e mezzo di italiani vorrebbero cacciarci dobbiamo puntare di più sull’educazione

ROMA - Più di 2 milioni e mezzo di italiani ritengono che gli ebrei «dovrebbero lasciare l’Italia» e che «mentono quando sostengono che il nazismo ne ha sterminati milioni». Il 22 per cento prova «molta o abbastanza» diffidenza nei loro confronti. E il 30 per cento li ritiene in ogni caso «diversi». Il sondaggio effettuato da Renato Mannheimer per il Corriere della Sera dipinge un Paese nel quale serpeggia ancora una robusta e preoccupante vena di antisemitismo. Un atteggiamento che non sembra destinato a modificarsi, anzi: i dati di un analogo sondaggio dell’anno scorso, annota Mannheimer, sono praticamente identici. Il professor Amos Luzzatto, medico veneziano, è il presidente delle Comunità Ebraiche italiane. Professore, che sensazioni le provocano numeri come que sti?
«Non mi meravigliano affatto. Io queste cose le sto dicendo da parecchio tempo. Mi dicono che sono un allarmista, che sono un pessimista cronico. Quindi non sono affatto stupito dai risultati del sondaggio. Perché esistono delle componenti culturali profonde che predispongono a un certo tipo di giudizio, anche senza giustificazioni particolari, senza avere dei motivi razionali da poter avanzare. Sarebbe interessante fare un campionamento profondo, cioè vedere che differenza passa tra un campione di persone che leggono poco o niente e persone che hanno una media cultura. Perché certamente ci sarebbe differenza».
Ma come si ferma una marea così preoccupante?
«Non possiamo fare altro che continuare con la nostra azione di informazione, di azione culturale, di invito alla lettura, a documentarsi».
Anche Mannheimer rileva che il pregiudizio antisemita si annida soprattutto nelle fasce meno acculturate. Ma c’è anche un antisemitismo più «colto», più «democratico». Oggi specialmente come opposizione alla politica di Israele.
«E’ pur sempre antisemitismo. C’è questa caratteristica di identificare i gruppi portatori di azioni che non piacciono con la totalità. A Gerusalemme nell’anno 33 un gruppo di ebrei, secondo il Vangelo, ha chiesto a Pilato di crocifiggere Gesù e risparmiare Barabba. Ma basta vedere il luogo dove questo è accaduto per capire: a starci molto stretti, al massimo ci entrano 300 persone. Quanta gente può aver chiesto la condanna di Gesù? Eppure anche gli ebrei che abitavano a Corinto sono diventati responsabili della morte di Gesù... E anche i loro nipoti e pronipoti. A noi pare assurdo, ma è stato così per secoli. In realtà ognuno deve essere considerato responsabile delle sue azioni, non delle azioni di coloro che parlano la sua stessa lingua. Questo è un elemento di fondo che mantiene unito questo "zoccolo duro" dell’antisemitismo, quello che fomenta l’atteggiamento che si legge nella ricerca di Mannheimer».
Lei sostiene da sempre che l’unico modo per combatt ere tutto questo è parlare.
«Non ne vedo un altro possibile: informazione ed educazione. Incominciare dalla sc uol a, spiega re, narrar e chi erano queste persone, quali sono le dottrine, qual è la storia. Direi che l’educazione e la cultura sono le uniche armi serie che abbiamo a disposizione».
La ricerca dice anche che i numeri sono sostanzialmente identici a quelli dell’anno passato, che non c’è un miglioramento.
«Da un anno all’altro è molto difficile che i numeri cambino, perché questi sono fenomeni che si formano nello spazio di più anni. E quindi per smantellarli ci vuole un tempo almeno uguale a quello impiegato per il loro formarsi. Sarebbe grave se fra dieci anni fossimo ancora fermi su queste posizioni. Anche noi abbiamo commissionato un’indagine sul razzismo in genere, ma non sembra che ci siano vecchi dati confrontabili con quelli di oggi».

Incontri e dibattiti. Alle 11.59 in molti istituti un minuto di raccoglimento per ricordare l’ingresso delle truppe alleate nel campo di Auschwitz

Poesie, disegni e silenzio per non dimenticare gli orrori della guerra

Al classico Manzoni tutti gli studenti riceveranno un opuscolo sugli alunni ebrei espulsi dal liceo nel ’38. Concerto al teatro Verdi

Una giornata per non dimenticare la Shoah. A Milano e nelle scuole di tutto il Paese. Dalle elementari alle superiori, dal centro alla periferia, oggi gli studenti della città celebreranno il giorno della memoria. Con incontri, manifestazioni, visite guidate, dibattiti in classe e spettacoli teatrali. All’insegna del monito: «Ricorda che questo è stato». Iniziative diverse a seconda dell’età e del ciclo di studi: «Perché per i più piccoli sarebbe troppo scioccante raccontare gli orrori dell’Olocausto». Ecco allora che all’elementare di via Mantegna le maestre spiegheranno il significato della parola «memoria». «Non potendo affrontare la storia dei lager - commenta la maestra Pinuccia Silicati -: faremo capire ai bambini l’importanza del ricordo. Per riconoscere quanto di brutto si è fatto e non ripeterlo più. Oltre, naturalmente, a osservare un minuto di silenzio (in molte classi, oggi alle 11.59, orario di ingresso delle truppe alleate ad Auschwitz, ragazzi e insegnanti rimarranno in silenzio per un minuto, come voluto da varie organizzazioni professionali e sindacali, e leggeranno la poesia di Primo Levi "Se questo è un uomo")».
Alla Rinnovata Pizzigoni gli alunni della quinta elementare hanno risposto alla domanda: «Se tu fossi stato in Anna Frank, cosa ti saresti portato con te?». Nella scuola di via Ariberto, invece, lo scorso sabato è stato allestito un banchetto sulla deportazione «trovando la chiave giusta per raccontare la Shoah ai bambini con messaggi poco cruenti», racconta la maestra Patrizia Passerini.
Disegni, temi, canti. Come all’istituto Montegrappa di Bussero, dove gli alunni, dalla materna alle medie, saranno coinvolti nella commemorazione. «Alle materne - spiega la direttrice Albalisa Azzariti - ci sarà una festa della pace. Alle elementari sarà presentato un progetto di valorizzazione degli uomini "costruttori", da Gandhi ai "Giusti", a Madre Teresa, mentre alle medie saranno letti i canti scritti nei lager». Cerimonie commoventi, toccanti, come quella dei 500 bambini dell’istituto Cadorna che venerdì hanno partecipato al Monte Stella all’inaugurazione del Giardino dei Giusti.
Molte classi delle medie visiteranno la mostra «I sommersi e i salvati», a Palazzo Reale. Come i ragazzi di piazza Axum, e della scuola «via Salerno - Sant’Ambrogio».
Una forma di memoria per ogni età, quindi. Soprattutto alle superiori, quando i ragazzi studiano e analizzano cause e conseguenze della Shoah. Al Parini gli studenti vedranno il film «Train de vie», mentre i ginnasiali del Berchet, nell’aula magna della Provincia, in via Corridoni, assisteranno a una lezione sulla deportazione. Al classico Manzoni verrà consegnato agli oltre 700 studenti un opuscolo sugli alunni ebrei del liceo espulsi nel ’38, e verrà ricordata una studentessa, Regina Gani, morta ad Auschwitz. Allo scientifico Volta «ogni classe - spiega il preside Ferdinando Giordano - ha deciso come commemorare la giornata». All’istituto tecnico Ettore Conti, ospiti anche i ragazzi dello scientifico Vittorio Veneto, sarà presentato il testo «Il lager nel bosco» di Pietro Tola. All’Agnesi saranno proiettati filmati e interverrà un sopravvissuto al lager, nonno di una studentessa.
Nel pomeriggio, infine, si terranno le iniziative organizzate dall’ufficio scolastico regionale: alle 15, presso il teatro Verdi di via Pastrengo, saranno presentati i lavori del concorso «Europa: dagli orrori della Shoah al valore dell’unità», cui seguiranno gli interventi di docenti universitari e il concerto di Leonardo Settimelli.

Annachiara Sacchi


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Date: 27 Jan, 2003 on 07:57
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