Indaga l’Fbi, allarme anche in Italia. La Finanza: assalto imponente

Pirati all’attacco di Internet
Valanghe di dati hanno intasato i server di tutto il mondo

L’allarme è scattato improvviso, quando in Italia era ancora notte. Un attacco in grande stile di hacker tanto anonimi quanto invisibili, ieri, ha mandato in tilt gran parte degli snodi Internet asiatici rallentando il traffico sul web e lo scambio di email in tutto il pianeta. La situazione è degenerata in pochi istanti a causa di un virus simile al «Codice Rosso» che, nell’estate del 2001, infettò migliaia di computer negli Stati Uniti arrivando a un passo dal paralizzare i sistemi informatici della Casa Bianca. Questa volta, l’epicentro dell’infezione è stata la Corea del Sud dove, per sei ore, nessuno è stato in grado di navigare in Internet. Ma i sistemi sono stati rallentati anche in Malesia, Thailandia, Giappone, Filippine e India. In tutto circa 22 mila server, i grandi computer che gestiscono il traffico in rete, sono stati bloccati da un’azione di tipo «denial of service», ovvero l’invio ripetuto e a valanga di «pacchetti di informazioni» in grado di intasare i circuiti. Fino a bloccarli.
In Italia gli operatori Internet si sono subito allertati ma il «baco» non ha provocato disagi evidenti. Molti utenti hanno però avuto difficoltà a navigare e a inviare email. La Telecom segnala di aver evitato ogni problema grazie al suo sistema di filtri antivirus subito attivati. «Ma l’impatto è stato comunque forte - dice il tenente colonnello Umberto Rapetto, comandante del Gat, il Nucleo anticrimine tecnologico della Guardia di finanza -. E si tratta di uno degli attacchi più imponenti visti su Internet». L’ufficiale non esclude che si tratti addirittura di una «prova generale» che fa alzare il livello d’allame sul fronte del terrorismo informatico. E non a caso, l’Fbi ha subito aperto un’indagine.
C’è da dire, a questo punto, che il virus è «fastidioso», e molto. Ma non è pericoloso per i singoli utenti. Nel senso che è catalogato tra le infezioni elettroniche a bassa pericolosità. Perché non distrugge gli hard disk (la memoria fissa dei computer) né altera i programmi. Il suo unico scopo è di propagarsi facendo copie di se stesso. Ogni volta che infetta un terminale, in questo caso un server, si impadronisce di indirizzi web diffondendosi a valanga lungo le autostrade informatiche. Un po’ come una palla di neve che, scendendo a valle, si trascina dietro una massa immensa distruggendo tutto quanto si trova lungo la strada.
Un attacco di questo genere, nell’estate del 2001 paralizzò Internet in tutto il mondo. Soltanto negli Stati Uniti aveva colpito in più occasioni un totale di 650 mila computer, provocando danni per miliardi di dollari. Si era poi scoperto che l’obiettivo di pirati informatici mai individuati con precisione (ma sotto accusa erano finiti gli hacker cinesi) era in realtà il sito della Casa Bianca, www.whitehouse.gov. Ma i responsabili tecnici dell’Amministrazione americana erano riusciti a sventare il «colpo».
Nel dicembre scorso, un altro virus, denominato «Yaha.K», proveniente dal Kuwait, aveva colpito 40 mila computer in cento nazioni, diffondendosi attraverso la posta elettronica e impadronendosi della rubrica degli indirizzi per propagarsi all’infinito. Nel 2002, in media, una mail ogni 212 è risultata «portatrice» di virus.