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L’ultima sfida in libreria Catturare i lettori leggeri
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1. L’ultima sfida in libreria Catturare i lettori leggeri
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da Il Corriere della Sera
25 gennaio 2003

Dall’artigianato ai gruppi commerciali, così cambia una professione

L’ultima sfida in libreria Catturare i lettori leggeri
Le grandi catene e i megastore dominano il mercato E i piccoli puntano su tecnologia e specializzazione

di STEFANO BUCCI


Diceva Umberto Saba: «Un libraio è un genio dentro un buco». Ma erano altri tempi. Oggi quel «genio» non può più permettersi di rimanere snobisticamente asserragliato nel suo «buco», tra scaffali ricolmi di volumi raffinatissimi ma esclusivi, riservando le proprie grazie soltanto a chi è capace di vincere quella «sindrome da soglia» che da sempre impedisce a molti di trasformarsi da semplici curiosi in veri lettori. Il libraio («l'ultima frontiera, l'avanguardia dell'esercito del libro» lo aveva definito Umberto Mauri delle Messaggerie e della Scuola di Venezia) ora deve, insomma, scegliere. Può rimanere piccolo, investendo nella specializzazione (viaggi, arte, bambini, animali, scienza) e in quella tecnologia a base di computer, Internet, Web in grado di assicurare servizi rapidi ed efficienti. Oppure può arrendersi e cedere definitivamente le armi ai megastore, maxi spazi di oltre mille metri quadrati dove è possibile trovare di tutto: l'ultimo romanzo di De Carlo, Hesse in versione pocket ma anche l'ultimo disco di Ligabue oltre a magliette, dvd e molto altro ancora. Questo, in sintesi, il panorama delle librerie italiane, un panorama comunque «non molto diverso da quello degli altri Paesi europei», assicura Giovanni Peresson, dell'Associazione italiana editori, tutte (piccole, medie, maxi) ugualmente impegnate in una battaglia comune: attirare sempre più lettori e cercare di trasformarli nei lettori «forti» del futuro.

LE CIFRE Secondo i dati della Bibliografica (dati sostanzialmente confermati dall’Associazione librai italiani) sarebbero 1.827 le librerie «pure» d'Italia. In testa alla classifica per regioni, la Lombardia (366) seguita da Lazio (203), Emilia Romagna (178) e Veneto (166). In coda Molise (5), Valle D’Aosta (6), Basilicata (8) e Calabria (19). Ma per Giuliano Vigini, anima della Bibliografica, «sarebbero soltanto trecento quelle economicamente rilevanti» ovvero quelle con un fatturato apprezzabile. Sempre per Vigini, il 20 per cento dei clienti acquisterebbe «da solo» lྌ% delle circa 100 milioni di copie vendute nel 2001 (quelle stampate e immesse dai nostri 4.226 editori erano state 267 milioni suddivise in 55mila titoli tra novità e ristampe). Per quanto riguarda invece le spese, gli ultimi dati dell'Istat parlano di una spesa media in libreria per il 2001 di 130,53 euro all'anno per famiglia (erano 13,03 nel 1975), dato rimasto in pratica invariato rispetto all'anno scorso. I ricavi dalla vendita tra libreria e canali di vendita al dettaglio sono invece quantificabili, per gli editori, in 1.045 milioni di euro (il 44,6% del loro fatturato totale). Per concludere, un dato positivo: Demoskopea ha registrato, nell'ultimo quadrimestre del 2002 un incremento delle vendite in libreria (e nei canali di vendita al dettaglio) del 10,3, superiore a quello rilevato nel 2001 (»8%). Tra le ragioni dell’incremento, le vendite record del fenomeno Harry Potter e de La Rabbia e l'Orgoglio di Oriana Fallaci.


LETTORI SEMPRE PIU' LEGGERI Crescono i lettori occasionali, diminuiscono i lettori forti (quelli da più di dodici libri all'anno), lettori che oltre tutto invecchiano e che non vengono sostituiti dalle nuove generazioni. «Il nodo irrisolto dell’editoria italiana continua a restare quello del ristretto mercato della lettura e dei frequentatori della libreria», dice Peresson, «ma quello che colpisce è la scarsa capacità delle librerie di trasformare un lettore debole e occasionale in un lettore forte». E’ dunque vero che soltanto la metà degli italiani legge almeno un libro all'anno (il 51,3%) ma altrettanto vero è che tra il 1998 e il 1999 era stato registrato un aumento del «parco lettori» di 4,5-4,8 milioni di persone. Un aumento che si è rivelato soltanto occasionale visto che nel 1999 i lettori sono tornati a scendere, dal 54,9 al 51,3%. Testimonianza concreta che le librerie non sono state capaci di trasformare quei clienti attirati dalla curiosità, da un disco o da una maglietta in acquirenti di libri. E a chi cercasse di giustificare questa «sconfitta» con la scarsa familiarità degli italiani con il libro, Demoskopea ricorda che nellྒྷ,6% delle famiglie esiste comunque «una qualche parvenza di biblioteca».


MEGASTORE MA NON SOLO I dati dell'Aie, dati tra loro sovrapponibili in quanto riferiti ai «punti vendita dove è stato acquistato almeno un libro nell’ultimo anno», parlano di un 40% dei libri che viene venduto nelle grandi librerie di catena (Feltrinelli, Mondadori, Fnac, Demetra, San Paolo), il 48,8% nelle grandi librerie indipendenti (come la Hoepli di Milano), il 27,8% nella piccola libreria, il 32,4% nella grande distribuzione (supermercati, spazi commerciali e altro). Secondo Giuseppe Antonini, amministratore delegato della Feltrinelli che, dopo gli acquisti delle catene Rizzoli e Ricordi occupa la fetta maggiore del mercato librario italiano, «il megastore rappresenta soltanto una delle tante strade percorribili per trasformare i lettori occasionali in lettori stabili». Antonini sottolinea poi che «è sbagliato pensare che gli acquirenti dei megastore siano soltanto giovani: si tratta infatti di un pubblico trasversale per età, per interessi, per formazione». Disco verde per i megastore anche da Rodrigo Diaz, presidente dell'Ali (l'Associazione dei librai italiani): «I megastore non tolgono clienti alle piccole librerie, anzi possono piuttosto farli aumentare». Sottolineando come «nessuna libreria, nemmeno quella più piccola può ormai permettersi di non offrire servizi e tecnologia ai propri clienti: se un libro non è sugli scaffali, il libraio deve oggi essere in grado di dire subito al lettore se è disponibile oppure se è esaurito».


PICCOLO O GRANDE «Certamente le librerie sono cambiate e sono cambiate in meglio: è cresciuta la tecnologia ed è cresciuta la professionalità di chi ci lavora»: questa è l'opinione di Diaz. Insomma per Diaz, il pubblico (anche quello meno preparato) non è più abbandonato a se stesso e spesso si ritrova a essere coccolato con tanto di caffè e di buona musica a fare da sottofondo. Da Diaz (che parla di un possibile consorzio tra librerie indipendenti) arriva anche una precisione sul concetto di piccola e grande libreria («spina dorsale della cultura libraria italiana»): «Una libreria da 300 metri quadrati è piccola per una città come Milano o Roma ma è enorme per una piccola città». Chiosa Giuliano Vigini: «La libreria boutique oggi può esistere soltanto in un piccolo paese». Un esempio? Il Becco Giallo di Oderzo in mano a quel Giovanni Zaghis che dice: «Tante volte ho pensato di smettere ma poi come faccio: i miei clienti sono devoti, all'antica, fedeli. Sono clienti che fanno sperare nell'invincibilità del libro».


VENT'ANNI La nuova generazione dei librai (quelli sempre più preparati e sempre più in grado di offrire professionalità) deve certamente molto alla «Scuola per librai Umberto e Elisabetta Mauri» di Venezia che quest'anno compie vent’anni e che, per Roberto Cerati (presidente della Einaudi), «è diventata il punto di riferimento per il mercato librario italiano, tenendo vive la dignità e la passione per un mestiere che la crescita editoriale, una voglia mercantile facile e le sollecitazioni di marketing cercano costantemente di modificare».
La «Scuola» è nata ufficialmente il 19 settembre del 1983 al Circolo della stampa di Milano alla presenza di Inge Feltrinelli, Giulio Einaudi, Valentino Bompiani («alle lezioni sfogliava una margherita dicendo: vendo, non vendo. Era questa la sua idea di editore» ricorda Silvana Mauri Ottieri, figlia di quell'Umberto che ha ispirato la «Scuola»). Dalla Fondazione Cini sono passati seicento allievi e docenti come Furio Colombo, Umberto Eco (che per un convegno della Scuola aveva coniato il titolo «Il nome della Resa»), Rita Levi Montalcini, Hans Magnus Enzensberger, Amartya Sen, Ralf Dahrendorf, Tommaso Padoa-Schioppa. Lì sono nati molti di quei nuovi librai «duttili, spregiudicati, che sanno intuire i confusi bisogni di un cliente» che, secondo Silvana Mauri, «magari pensa che un libro di Calvino sia un trattato sulle calvizie». Ma per essere un «grande libraio» (come i mitici Aldovrandi e Branduani) non c'è forse nemmeno bisogno di filosofeggiare su piccole e grandi librerie. In fondo si può essere «un genio nel buco» come voleva Saba ma anche un giovane con le trecce da rasta che furiosamente digita sulla sua tastiera alla ricerca di quel Diario di Georgi Dimitrov tanto agognato dallo sconclusionato lettore di una megalibreria.


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Date: 25 Jan, 2003 on 08:35
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