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NON ESISTERANNO PIU´ LE CATTEDRE A VITA
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1. NON ESISTERANNO PIU´ LE CATTEDRE A VITA
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da La Stampa
24 gennaio 2003

NON ESISTERANNO PIU´ LE CATTEDRE A VITA, GLI INCARICHI SARANNO PER TRE ANNI RINNOVABILI
La Moratti: «Il sistema di reclutamento dei docenti non premia la mobilità. E´ troppo locale» L´opposizione: «Il ministro smetta di presentare i piani all´esterno prima che in Parlamento»

ROMA - Non esisteranno più cattedre a vita e baroni fieramente arroccati nei loro dipartimenti universitari, mentre per i giovani ricercatori si potrebbero aprire nuove chances di carriera nelle università italiane, senza la necessità di «fughe all´estero». Queste almeno sono le ambizioni della proposta di legge che il ministro dell´Istruzione e dell´Università, Letizia Moratti, ha presentato ieri mattina alla conferenza dei rettori delle università italiane (Crui). L´idea è antica, ma non aveva mai trovato una formulazione legislativa. La rivisitazione della carriera universitaria, secondo la Moratti, prevede che il primo gradino di accesso alla carriera universitaria, sia la presentazione dei titoli accademici e scientifici ad una commissione, la quale è chiamata a dare una valutazione di merito. Chi passa a questo vaglio, finisce in una lista nazionale di «idonei» a cui poi le singole università devono attingere. I professori «prescelti», comunque, non entrano automaticamente in servizio, ma avranno un contratto triennale alla fine del quale l´università deciderà se rinnovarlo al massimo per altri tre anni. Solo alla fine dei due trienni il docente può essere assunto a tempo indeterminato. Il meccanismo è stato illustrato ieri dallo stesso ministro: «Abbiamo analizzato quelle che sono le criticità del sistema: il sistema di reclutamento attuale non premia la mobilità ed è troppo locale. Stiamo quindi cercando di avviare un sistema di reclutamento - ha affermato - che porti a un'idoneità scientifica nazionale, a un concorso ogni due anni - uno per professori ordinari ed uno per professori associati, sulla base appunto di un'idoneità scientifica nazionale - e poi saranno le singole università a chiamare i professori che usciranno idonei da questa lista nazionale». Il ministro ha inoltre rilevato che «c'è una grande condivisione da parte della Crui della necessità di rivedere lo stato giuridico e il reclutamento dei professori e di puntare una particolare attenzione al problema dei giovani». L'ipotesi, ha spiegato il ministro, è quindi quella di «un incarico ai professori universitari per tre anni, incarico rinnovabile per altri tre anni; poi le università decideranno se rinnovare l'incarico a tempo indeterminato o se farlo decadere». È una «flessibilità - ha commentato Moratti - che viene data alle università, perché queste possano decidere anche sulla base di una valutazione che avranno potuto effettuare negli anni di incarico svolti dai docenti. Saranno cioè le singole università, nella loro autonomia, a valutare se e quando trasformare il contratto del docente in contratto a tempo indeterminato». La novità del progetto Moratti sta nell´introduzione del «principio della valutazione dei professori fatta, però, dalle singole università». Insomma i docenti non saranno più inamovibili baroni, anche se il sistema di valutazione sarà del tutto «autoreferenziale»: un po´ come dire che se il vino è buono lo diranno sempre e comunque gli osti. Da qui molte critiche alla proposta. Scettici si sono dichiarati illustri scienziati come Margherita Hack, Franco Pacini e Alberto Oliverio, i quali temono fortemente il carattere «tutto interno della valutazione», che rischia di vanificare ogni intento di selezione oggettiva. Bocciatura senza mezzi termini, ovviamente, da parte delle forze di opposizione. Per Enzo Carra, responsabile Cultura della Margherita, il ministro Moratti, «dopo aver rimediato in extremis all'inedito atto delle dimissioni di tutti i Rettori delle università corre ai ripari, sottoponendo a questi ultimi, prima che al Parlamento, una riforma dell´insegnamento universitario». Certo, afferma, «non si potrà continuare a lungo in questa tecnica extraparlamentare da parte del Ministro, che illustra i sui piani all'esterno prima che in aula». La proposta Moratti «precarizza i docenti e punta a controllare la ricerca», rincara la senatrice Ds Vittoria Franco. Per il momento tace invece il mondo accademico istituzionale: la conferenza dei rettori, infatti, si è riservata alcuni giorni per valutare e decidere.

r. mas.

L´ANALISI DI VERTECCHI, EX PRESIDENTE DELL´ISTITUTO CHE VALUTA L´EFFICIENZA DELL´ISTRUZIONE

«Solo il sistema all´americana è una garanzia assoluta»
«Meglio le valutazioni esterne, con esperti che non conoscono i candidati»

ROMA PER molto tempo presidente dell´Invalsi, l´istituto che si occupa della valutazione del sistema di istruzione, Benedetto Vertecchi - ordinario di pedagogia sperimentale nella terza università di Roma - guarda con un certo scetticismo alla proposta di Letizia Moratti, non perché non persegua una giusta finalità, quella del rinnovamento del mondo accademico italiano, ma perché, affidando troppo al localismo campanilistico delle singole università e alla scarsa oggettività dei sistemi di valutazione, consente ancora e sempre il perpetuarsi di cordate, per non dire baronie, per non dire - addirittura - mafie.


Professore, valutazione nazionale per tutti i docenti. Università che possono attingere solo all´elenco degli idonei. Due «periodi di prova» di tre anni. E´ una bella selezione, non trova?

«Non trovo che sia così. Se la valutazione non è oggettiva ed è invece largamente discrezionale, se la devo fare io rispetto ai lavori di un collega che conosco da anni e anni, come vuole che sia rigorosa? Avrò sempre delle preferenze, delle simpatie, delle convenienze».

Delle logiche da barone, vuole dire?

«Non vorrei mancare di riguardo a nessuno, ma insomma parliamo di cose che sono accadute, mi pare».

E come ne veniamo a capo?

«Come hanno fatto ovunque nel mondo civile e sviluppato, e cioè con un rigoroso sistema di accreditamento, che funziona così: io sono, indifferentemente, un vecchio professore o un giovanissimo studioso, faccio un mio lavoro e lo invio ad una delle riviste accreditate per autorevolezza. Lì un gruppo di esperti "ciechi", i cui nomi sono tenuti riservati, giudica la qualità del mio lavoro e decide se pubblicarlo o no. Se lo pubblica, il lavoro ottiene una grandissima diffusione tra la comunità scientifica, e tutti si possono rendere conto se vale effettivamente o no. Ecco, questo sistema consente di valutare una ricerca, oggettivamente e da parte di soggetti esterni all´università. Poi a questo mio lavoro si attribuisce un punteggio: se esce sulla rivista "tale dei tali" di grande prestigio ha un punteggio, poniamo, 10, se invece la faccio pubblicare nella tipografia sotto casa, ovviamente vale zero».

Insomma, una valutazione esterna.

«Esterna e oggettiva. Con criteri certi e verificabili».

Ma esiste la possibilità di valutare oggettivamente un lavoro scientifico?

«Perbacco, certo che esiste. Ci sono discipline specifiche che studiano proprio i sistemi di valutazione».

E questo vale anche per la didattica?

«Ecco, ha toccato un altro punto importante: ci sono grandi studiosi ma che sono pessimi insegnanti. Anche la didattica deve essere valutata: o-g-g-e-t-t-i-v-a-m-e-n-te».

E come verrebbe scelto un docente?

«Dando un punteggio ad ogni suo lavoro e alla sua attività didattica. Diventa professore chi raggiunge una certa soglia di punteggio data. Non sto parlando di fantascienza, accade così in America, in Olanda, nel Regno Unito, insomma ovunque».

Tutto questo non è possibile anche con la riforma proposta dal ministro Moratti?

«Aspetto di vedere il disegno di legge. Ma se le informazioni sono quelle diffuse, non mi pare. Chi finirà nell´elenco dei docenti a cui le università possono attingere? Quelli che sono più capaci o quelli che sono più "spalleggiati"? Poi, è vero che gli atenei che hanno assunto un professore possono ripensarci dopo tre anni ma, creda a me che conosco l´ambiente, chi si azzarderà, se non per vendetta personale, a votare per l´allontanamento di un collega con cui lavora da anni? Subentrerebbe un senso di corporazione fortissimo: chi entra all´università ci resta per tre anni più tre anni, ma con la certezza di starci per sempre».

Con buona pace dei giovani che continuano ad andare all´estero.

«Invece, con il sistema dell´accreditamento, qualunque giovane di valore potrebbe emergere, con la forza del suo stesso lavoro. Chi non ci crede vada a vedere dove questo sistema funziona. E funziona al punto tale da attirare e premiare anche i nostri sconosciuti e non raccomandati talenti».


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Date: 24 Jan, 2003 on 07:00
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