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Lavoro, sì al referendum sull’articolo 18
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1. Lavoro, sì al referendum sull’articolo 18
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da Il Corriere della Sera
Giovedì, 16 Gennaio 2003

Il quesito giudicato ammissibile. Marzano: governo e partiti sostengano il no. Sciopero dell’industria, scontro Cgil-Cisl

Lavoro, sì al referendum sull’articolo 18

La Consulta sui licenziamenti: i cittadini possono votare sull’estensione della tutela alle aziende sotto i 15 dipendenti

La Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile il referendum abrogativo di quelle parti dello Statuto dei lavoratori che escludono le aziende sotto i 15 dipendenti dalle tutele sui licenziamenti (articolo 18). Dichiarato ammissibile anche quello sull’obbligo di passaggio per gli elettrodotti, mentre sono state bocciate quattro consultazioni, tra cui la rappresentanza sindacale in tutti i luoghi di lavoro e la cancellazione dei contributi alle scuole private. Il referendum sull’articolo 18 è stato promosso da Rifondazione, sinistra ds, Fiom, Verdi e organizzazioni di base. Ma per il segretario dei Ds Piero Fassino, è «una iattura e la legge va cambiata per evitarlo». E il ministro del Welfare Roberto Maroni sostiene che «renderà più difficile combattere la disoccupazione». Intanto è scontro tra Cgil e Cisl sullo sciopero generale.

Sì al referendum per applicare a tutti l’articolo 18

La Consulta ammette il quesito. Maroni: occupazione a rischio estendendo la norma alle piccole imprese


ROMA - La Corte costituzionale ha deciso l’ammissibilità del referendum per estendere, di fatto, l’articolo 18 anche alle imprese con meno di 15 dipendenti. Dei sei quesiti proposti dal comitato, la Consulta ha dato il via libera anche a quello per abrogare l’obbligo di concedere il passaggio per gli elettrodotti nel proprio terreno. Bocciati invece gli altri quattro tra cui il quesito per cancellare i contributi per le scuole private e quello che chiedeva la rappresentanza sindacale in tutti i luoghi di lavoro. Entro la prima settimana di febbraio è attesa la motivazione scritta da parte dei giudici delle leggi. Se il Parlamento non varerà nuove norme, il referendum sull’articolo 18 si terrà in una domenica tra il 15 aprile e il 15 giugno. In teoria, dunque, ci sono ancora meno di cinque mesi di tempo per trovare una soluzione «giuridica» che disinneschi questa nuova bomba sociale. Se così non sarà e dovesse «essere malauguratamente approvato, l’Italia si allontanerebbe definitivamente dall’Europa». Questo l’amaro commento del ministro del Lavoro Roberto Maroni che ha poi aggiunto che «sarebbe più arduo aumentare il tasso di occupazione». Il vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini non ha voluto commentare «nel merito» la decisione di ammissibilità mentre sul referendum ha precisato che «farà di tutto perché An voti no». La Confindustria è preoccupata. Per il vicepresidente Gian Marco Moratti «così crescerà il sommerso».
L’idea di ricorrere al referendum era venuta l’anno scorso a un comitato sostenuto da Rifondazione, Verdi, Fiom, una parte della Cgil e la componente diessina che fa capo a Cesare Salvi. La missione era quella di usare l’arma del referendum come deterrente per impedire al governo la parziale abolizione dell’articolo 18, quella che prevede il reintegro da parte della magistratura nel caso di licenziamento per giusta causa. La misura venne poi depotenziata, inserita nel Patto per l’Italia e al momento non è ancora approvata dal Parlamento. «Un errore di calcolo politico», come ha riconosciuto lo stesso premier Silvio Berlusconi.
Ma ormai la macchina referendaria si era messa in moto. Il 9 agosto il comitato presentò le 700 mila firme (per legge ne bastavano 500 mila) e il 12 dicembre la Corte costituzionale, guidata dal neopresidente Riccardo Chieppa, le ha giudicate «valide» e ha nominato i relatori. Sull’articolo 18 il prescelto è stato il vicepresidente della Consulta Gustavo Zagrebelski. Una decisione che ha suscitato forti polemiche politiche essendo considerato, dalla maggioranza, «vicino» a Luciano Violante e Giancarlo Caselli.

Roberto Bagnoli


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Date: 16 Jan, 2003 on 08:24
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