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Dalla ricerca a Internet: Italia quart’ultima per innovazione
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1. Dalla ricerca a Internet: Italia quart’ultima per innovazione
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da Il Corriere della Sera
Martedì, 7 Gennaio 2003

Rapporto della Fondazione Rosselli sui principali Paesi industrializzati. Trionfa la Svezia, che batte gli Usa

Dalla ricerca a Internet: Italia quart’ultima per innovazione

Un solco profondo separa l’Italia dalle altre nazioni industrializzate in fatto di innovazione tecnologica e, dunque, di competitività complessiva del sistema. Ed è un solco destinato ad allargarsi, con il rischio di condannare il Paese al declino. Sono le conclusioni del rapporto «Innovazione di sistema» realizzato dalla Fondazione Rosselli per il Corriere della Sera . La classifica finale segna il trionfo della Svezia, che supera anche gli Usa. L’Italia è al quart’ultimo posto, seguita da Grecia, Portogallo e Russia. In Italia sono poche le risorse per ricerca scientifica ed educazione universitaria, pochissime le connessioni Internet, zero commercio elettronico. Abbiamo tantissimi telefonini, ma gli italiani spendono in telecomunicazioni meno di americani, inglesi o francesi. Segno che il telefono serve per conversare, mentre gli altri lo usano per scambiare dati, studiare, lavorare.

«In Italia tanti telefonini, ma poca innovazione»

Siamo al quart’ultimo posto fra i Paesi industrializzati nella capacità di recuperare competitività


Oltre i telefonini, il deserto. Poche risorse per ricerca scientifica ed educazione universitaria, pochissime connessioni internet, zero commercio elettronico: un vuoto tecnologico figlio dei vecchi mali del sistema, con lo Stato che non funziona, le infrastrutture inadeguate, le lobbies di potere (politico, economico, ma anche sindacale e accademico) che bloccano ogni via di cambiamento. E il futuro promette peggio. Le scarse conoscenze tecnologiche, la poca attenzione allo sviluppo delle risorse umane e l’esiguo numero di brevetti prefigurano la prospettiva di allargare il gap che ci separa dagli Usa e dal resto d’Europa. E’ un’Italia che rischia di precipitare nelle retrovie del mondo industrializzato quella che esce dal rapporto «Innovazione di sistema» (sottotitolo: «Analisi comparata del potenziale innovativo dei principali paesi industrializzati») realizzato dalla Fondazione Rosselli per il Corriere della Sera . Un Paese che oggi appare arretrato e che, domani, la poca propensione alla conoscenza tecnologica minaccia di condannare a un inesorabile declino. Siamo i campioni mondiali nella diffusione di cellulari, ma la nostra spesa media in telecomunicazioni è meno della metà di quella dei grandi Paesi europei, segno che per noi i telefonini sono un giocattolo per chiamare mamma e per inviare messaggini ai compagni di scuola, mentre gli altri usano le linee per scambiare dati, per studiare, per lavorare. «Scontiamo l’eredità pesante lasciata dalla classe dirigente passata - osserva Riccardo Viale, presidente della Fondazione Rosselli e docente di Politica della ricerca e dell’innovazione presso la Scuola Superiore della Pubblica amministrazione di Roma -. E per classe dirigente intendo sia i governi, sia i sindacati e gli industriali, tutti responsabili di aver reso il Paese difficilmente riformabile. Anche chi ha cercato di introdurre cambiamenti, come Giuliano Amato quand’era premier, si è sempre trovato di fronte al muro delle resistenze conservatrici».
L’indagine della Fondazione Rosselli ha cominciato a prendere forma sulla scia del vertice europeo di Lisbona, nel marzo 2000, quando i capi di governo dei Quindici lanciarono la sfida per trasformare l’Unione, grazie alle tecnologie dell’informazione, nella «più competitiva e dinamica economia mondiale» nel giro di un decennio. Da qui sono stati fissati i criteri per misurare il «potenziale innovativo delle nazioni», basandosi sui dati statistici ufficiali (Ocse ed Eurostat) e valutando sia gli indicatori classici (spesa per la ricerca e numero dei brevetti, per esempio) sia indicatori più mirati (dalle risorse umane alla creazione e trasmissione di nuova conoscenza). Così, a quasi tre anni di distanza dal summit europeo, quella che emerge oggi è una mappa continentale a due velocità. Con la Gran Bretagna (grazie soprattutto all’iniezione di competitività che 11 anni di governo Thatcher hanno introdotto nel sistema), con i piccoli Paesi del Nord (soprattutto Svezia, Danimarca e Olanda) che corrono al ritmo degli Usa. E con i grandi (Germania, Francia, Italia e Spagna) che non riescono ad accelerare.
Per l’Italia, il bilancio è allarmante. Nella classifica complessiva sull’«innovazione del sistema» messa a punto dalla Fondazione Rosselli il Belpaese occupa le posizioni di coda. La Svezia trionfa, superando anche gli Usa. Noi invece, fra le nazioni Ocse, siamo al quart’ultimo posto, davanti soltanto a Portogallo, Grecia e Russia. E, in prospettiva, rischiamo di precipitare ancora più giù. Secondo Viale, i maggiori rischi di declino sono legati a due elementi: conoscenza e finanza. «La scarsa conoscenza tecnologica è il risultato di un sistema scolastico e universitario inadeguato - spiega il presidente della Fondazione -. Per quanto riguarda il secondo punto, invece, scontiamo il fatto di avere un sistema finanziario e bancario incapace di individuare e premiare la capacità innovativa delle imprese».
Ma l’indagine della Fondazione Rosselli sfata anche una serie di luoghi comuni nazionali. Non è vero, per esempio, che in Italia manchino le infrastrutture di base (ferrovie, strade). Il punto è che sono poco efficienti. Un altro luogo comune è la fuga dei cervelli. «In realtà il numero dei "cervelli" che lasciano il Paese è limitato - spiega Viale -. Il problema è dato dalla bassa qualità di quelli che rientrano. Torna in Italia chi non è riuscito a trovare una collocazione stabile negli Usa o altrove». Stiamo viaggiando verso il declino? «Purtroppo non vedo segni di svolta -dice Viale -. Dal governo ci si aspettava molto, invece ci troviamo con una Finanziaria 2003 che riduce risorse alla ricerca e senza individuare priorità».

Giancarlo Radice


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Date: 07 Jan, 2003 on 07:20
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