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LE RADICI E IL FUTURO di LETIZIA MORATTI
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1. LE RADICI E IL FUTURO di LETIZIA MORATTI
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da Il Corriere della Sera
Martedì, 5 Novembre 2002

Riforma della scuola e convivenza civile
LE RADICI E IL FUTURO

di LETIZIA MORATTI*

Caro direttore, il punto di partenza della riforma del sistema di istruzione e di formazione in discussione oggi al Senato ruota intorno a un pilastro fondamentale: non esiste sviluppo economico possibile senza «capitale umano» che si traduca poi in «capitale sociale». Non c’è progresso senza cultura, etica ed educazione personale che poi diventi cultura, etica ed educazione sociale. La prima fondamentale emergenza nazionale è la qualità dell’istruzione e della formazione di tutti, e in particolare delle giovani generazioni. Con più istruzione e formazione di ciascuno, infatti, i sogni dei giovani possono diventare realtà, l’occupazione migliora, i livelli di reddito aumentano, si riducono le disuguaglianze sociali, diventano più umani ed efficienti i sistemi sanitari, si rafforza la sicurezza ambientale, migliora l’assistenza agli anziani e ai malati, si riducono i disagi per le fasce più deboli della popolazione, scende la criminalità, si combatte il fenomeno della dipendenza dalla droga.
Penso soprattutto all’educazione civica, sia perché aiuta a fronteggiare gravi episodi di disagio giovanile che recentemente sono sfociati in episodi di violenza. Sia perché una campagna di educazione alla sicurezza dei ragazzi a scuola e di formazione degli insegnanti possono prevenire tragici episodi come quelli di San Giuliano di Puglia.
Ecco le risposte che, sul fronte della scuola, stiamo predisponendo per affrontare l’evoluzione istituzionale, economica, scientifica e tecnologica, sociale e ambientale del nostro Paese. Ed è anche la replica alle critiche formulate da Ernesto Galli della Loggia nel suo editoriale di domenica scorsa sul Corriere («Nuova cultura senza un’idea»).
1) Chi non ha memoria non ha futuro. Dobbiamo essere aperti al nuovo, in tutte le sue forme, siano esse quelle di uno sviluppo senza frontiere, di una società multiculturale o delle nuove sfide scientifiche e tecnologiche. Si può essere aperti al nuovo, nella misura in cui non si perde la propria identità e la propria storia. Per questo abbiamo parlato della necessità di improntare i piani di studio della nuova scuola al recupero delle radici storico-giuridiche, linguistico-letterarie e artistiche che ci legano al mondo classico e giudaico-cristiano e dell’identità spirituale e materiale dell’Italia e dell’Europa. Quindi al recupero delle nostre tradizioni più profonde.
2) Le missioni affidate dall’Unesco al sistema di educazione e formazione sono tre: sapere, saper essere, saper fare. La scuola ha sviluppato negli ultimi tempi soprattutto il sapere nozionistico. Vanno quindi recuperate le altre due missioni della scuola. Una scuola che sappia educare i giovani a realizzarsi come persone, per essere domani cittadini liberi e responsabili. Occorre inoltre predisporre percorsi perché i ragazzi possano apprendere anche attraverso il saper fare. Il lavoro in una società ad alto capitale umano e sociale e ad alta tecnologia deve essere infatti intelligente, ricco di cultura e di sensibilità etiche ed estetiche. La scuola deve orientare di più e accordarsi maggiormente con il mondo del lavoro per creare opportunità diverse e con modalità di apprendimento diverse per dare risposte concrete a quei 500 mila ragazzi, su tre milioni dai 15 ai 18 anni, che oggi restano senza diploma.
3) La scuola e la formazione professionale devono essere ambienti di apprendimento nei quali i ritmi rigidi si alternano con quelli flessibili; le lezioni si accompagnano con le dinamiche dell’azione riflessiva; l’apprendimento avviene su problemi e bisogni che scaturiscono dall’esperienza e dal conferimento di senso personale; il rapporto docente-allievo si configura nelle forme del docente che sa ascoltare, motivare ed orientare piuttosto che su quello del rapporto gerarchico.
4) L’amministrazione scolastica è stata prevalentemente burocratica. Oggi dobbiamo partire dal servizio alle famiglie. Non i ragazzi e le famiglie che si adattano alle istituzioni amministrative e formative, ma il contrario; non i primi passivi consumatori di un servizio elargito, ma piuttosto protagonisti dello stesso servizio. La riforma intende portare a termine questo processo e tradurlo in atti, scelte, indirizzi culturali, ordinamenti.
5) Ognuno di noi avverte, nelle dinamiche del vivere insieme, un deficit, che non è solo di buona educazione, ma di rispetto di se stessi, degli altri, dell’ambiente, di attenzione per la propria salute e per il bene comune, in altre parole, di amore per la vita. In questa prospettiva, la riforma introduce il tema centrale dell’educazione alla Convivenza civile , intesa come educazione alla affettività, alla salute, all’alimentazione e alla gestione dei rischi. Nessuna sottovalutazione del ruolo delle discipline. Esse, se bene impostate in una strategia di integrazione e non ridotte a nozioni astratte, dando personale significato all’esperienza di ogni studente, diventano potenti occasioni di educazione alla Convivenza civile . Sì, anche nel senso di insegnare a come difendersi, in classe e fuori, dai pericoli tragici dei terremoti o dai rischi dell’alcol e della droga.

*ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca


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Date: 05 Nov, 2002 on 07:58
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