Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


Edscuola Board
Edscuola Board Discussion Forum.
Index / Educazione&Scuola© - Archivio Rassegne / Educazione&Scuola© - Rassegna Stampa (Archivio 2)
author message
Scuola, amore e crudeltà
Post a new topic Reply to this Topic Printable Version of this Topic
edscuola
Administrator
in Educazione&Scuola

View this member's profile
posts: 13944
since: 23 May, 2001
1. Scuola, amore e crudeltà
Reply to this topic with quote Modify your message
da La Stampa
Domenica, 3 novembre 2002

Scuola, amore e crudeltà

di Barbara Spinelli

UN villaggio da cui è stato necessario fuggire, e che gli abitanti guardano da lontano, come i discendenti di Lot in fuga da Sodoma, stipati in una delle tante tendopoli di cui è fatta ormai l’Italia degli innaturali disastri naturali.

Tutti gli edifici che reggono il terremoto tranne uno - la scuola - che per definizione è il fabbricato più importante visto che in esso si custodisce il futuro delle nostre famiglie, della nostra civiltà. E infine noi - la stampa che non ha saputo indagare, i politici che hanno omesso di informare e prevenire, i costruttori che hanno disimparato un mestiere semplice e nobile, i sismologi che conoscevano le nuove zone a rischio e non hanno parlato più forte: tutta una classe dirigente è alle prese con quella che per eufemismo vien chiamata fatalità, e tuttavia non è solo fatalità.

Che è peccato anche, e principalmente peccato di omissione. Non era fatale che l'unico edificio cui nessuno aveva prestato le cure necessarie fosse proprio la scuola, scrigno dove vien depositata la nostra discendenza.

Non era fatale che una generazione intera di San Giuliano di Puglia - la classe degli alunni nati nel 1996, appena entrati in prima elementare - venisse d’un sol colpo inghiottita da cemento e mattoni perché il tetto era stato prima costruito e poi sopraelevato nella fretta, nell’incuria, nell’indifferenza, nell’imprevidenza. Anche questi vizi sono corruzione, e forse il grado più alto della corruzione.

Il Sud, come sempre, è la sua terra prediletta: tanto non vengono che afflizioni e lutti da lì, e correggere la politica non è considerato remunerativo, in primo luogo nel Sud stesso. Il resto d’Italia è comunque abituato a veder tutto uno sconquasso, laggiù. Quando una classe dirigente non sa affrontare altro che l’ultima emergenza, quando non è esperta di altro che di riti espiatori e di funerali, vuol dire che le menti già sono guastate. Si vantano di saper guardare in faccia il terrore, la morte o la guerra, ma in realtà non sanno fare altro che questo.

Hanno smesso di indagare, di pensare, e quel che manca non è solo la cultura della prevenzione. È la cultura dell’edificare, e dunque anche dell’abitare sulla terra.

È il legame fra queste due attività che viene meno: fra il costruire e l’abitare, fra il progettare e il dimorare. Importante è che i nostri figli siano parcheggiati in qualche luogo provvisorio, non che abitino quel luogo e lo trasformino in un'abitudine che rassicuri e dia forza. È come se non vi fosse nulla, fra la nascita dell’uomo e il suo fatidico disastro.

Come se non vi fosse una vita da costruire prima della morte, con le armi del buon senso e della ragionevolezza e della pietas. Come se le parti comuni che costituiscono la cosa pubblica - la scuola, il parco, le scale di casa, le piazze, i mezzi di trasporto - fossero spazi che non ci riguardano, e di cui la politica non ha da prendersi cura.

Ci riguarda il cimitero invece e ci riguardano gli obitori, perché nell’arte dell’emozione necrologica i politici e anche i giornalisti sono maestri. Sono talmente sicuri di sé e segretamente necrofili che spesso neppure si accorgono di esser spregiati, dalle popolazioni prima trascurate, poi vessate dalle tasse, poi tenute all’oscuro sulle nuove mappe sismiche, poi ripagate da disastri frettolosamente denominati naturali.

Il potere oggi domina soprattutto le apparenze, ha scritto ieri sulla Stampa Filippo Ceccarelli, in un bell’articolo sulla corruzione italiana che si nutre di terremoti: «Ecco perché l´altra notte Berlusconi ha sostenuto di non aver sentito gli insulti rabbiosi di quei poveretti, sulle macerie». In Italia lo chiamano menefreghismo, che è parola cui gli squadristi ricorrevano nel ventennio fascista.

Me ne frego, dicevano, e dopo di loro potevano venire catastrofi o guerre. Di questa corruzione non ci siamo liberati, ancor oggi. Di questo disinteresse modernista verso tutto ciò che si costruisce nel tempo lungo, e che immette il nostro presente nel futuro: nel futuro di un figlio, nella sua educazione. Dicono che l’Italia sia il paese delle mamme affettuose, dei padri premurosi, dei figli coccolati. Eppure in uno dei nostri villaggi proprio la scuola elementare era l’edificio più pericolante e trascurato di tutti.

Ci deve essere qualcosa di marcio nelle anime, se mammismo si coniuga così perfettamente con menefreghismo. Ha detto su questo giornale Alessandro De Stefano, professore al Politecnico di Torino e ingegnere esperto in terremoti, che «tutti gli edifici sono anti-sismici, se partono da un buon progetto».

Sicché non mancava che questo, a San Giuliano: il buon progetto, il buon senso che vieta di sovrapporre un tetto di pesante cemento su fragili strutture di mattoni forati. Chi avesse voluto pensare al futuro e non solo a se stesso e alla rapidità delle proprie incombenze non doveva possedere speciali conoscenze esoteriche: l’abc delle costruzioni sarebbe bastato, purché il costruttore avesse immaginato che quell’edificio andava anche abitato da scolari e maestre.

È quel che insegna il filosofo Heidegger, in un saggio scritto quando ebbe inizio il vizio delle male-costruzioni, negli Anni 50: edificare deve già essere un abitare, ha senso solo se permette all’uomo di sentirsi ancorato in una dimora, e precisamente questa condizione si è perduta.

L'edificare «non è al servizio dell’abitare», non dà garanzie che un abitare sia possibile, ma serve ormai altri scopi. Serve a far presto soldi, a risparmiare sui materiali. Serve a soddisfare un’avidità speculativa, non a dare un tetto ai sangiulianesi della classe 1996.

La corruzione comincia quando l’uomo, volubile schiatta, pensa di poter vivere in case come quelle descritte da Brecht: «in case che credemmo indistruttibili». In «città di cui non resterà che quel che le ha attraversate: il vento».

Nei terremoti futuri, «io spero che non si spenga il mio Virginia, a causa dell’amarezza: io, Bertolt Brecht, sbattuto nelle città d’asfalto dai boschi neri, nel grembo di mia madre, in tenera età». Quando la politica della cosa pubblica degenera, l’unico orizzonte è la catastrofe o il crimine o la guerra.

Il terrore si allea spontaneamente alla corruzione, nel piccolo villaggio del Sud come nel mondo. Nella città d'asfalto ci sentiamo a casa nostra, «muniti fin dall'inizio d’ogni sacramento di morte: di giornali, tabacco, ed acquavite».

Diffidenti, pigri, e tuttavia contenti - dice ancora la poesia - sappiamo di essere effimeri e dopo di noi ci sarà: niente degno di nota. Sempre pronti a dire, d’un sol fiato: poveri bimbi svaniti come angeli, e «chi se n’importa», frani tutta la città e come prima cosa l’edificio che meno ci sta a cuore: la scuola elementare.


http://www.edscuola.it
http://www.edscuola.com
Mail: redazione@edscuola.com
Date: 03 Nov, 2002 on 09:48
Scuola, amore e crudeltà
Post a new topic Reply to this Topic Printable Version of this Topic
All times are GMT +2. < Prev. Page | P.1 | Next Page >
Go to:
 

Powered by UltraBoard 2000 Personal Edition,
Copyright © UltraScripts.com, Inc. 1999-2000.

Archivio
Archivio Forum
Archivio Rassegne