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Sicurezza a scuola, la legge rinviata cinque volte
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da Il Corriere della Sera
Venerdì, 1 Novembre 2002

Sicurezza a scuola, la legge rinviata cinque volte

Il termine ultimo per la «messa a norma» doveva essere il ’93. E’ stato fatto slittare fino al 2004

MILANO - Una legge che slitta da undici anni, dal 1993 al 2004, come se la sicurezza a scuola fosse un dettaglio, una precauzione rinviabile ad oltranza. La prima data è il 28 marzo 1993, «termine ultimo per la messa in sicurezza degli edifici scolastici» è scritto nella legge del 1990 che ha per titolo «Norme per la sicurezza degli impianti». Doveva essere un ultimatum, invece quel 28 marzo 1993 non succede niente: sono troppi i problemi della scuola, troppi gli edifici fatiscenti, senza scale e uscite di sicurezza, senza piani di evacuazione, senza certificati di agibilità statica, igienico sanitaria, prevenzione antincendi. Serve più tempo per i lavori, occorre una proroga per non mettere i presidi in guai civili e penali e la proroga arriva: 31 dicembre 1996. Altri tre anni per rimboccarsi le maniche e rendere le scuole sicure. Ma ancora non basta, così si arriva con leggi successive alla seconda proroga (31 dicembre 1998), poi alla terza (31 dicembre 1999), infine alla quarta: 31 dicembre 2004. Bisognerà aspettare ancora due anni per tagliare un traguardo che avrebbe già dovuto essere raggiunto nel 1993, condizione minima per mandare i ragazzi a scuola (o lavorarci, nel caso di insegnanti e personale amministrativo) con la serenità di chi ha fatto il possibile a tutela di tutti. Al 2004 è fissata anche l’applicazione di un’altra legge importante per la sicurezza a scuola: la 626 del 1994. Dieci anni per renderla operativa. Di chi è la colpa se in Italia le scuole non sono ancora sicure? Degli enti locali che mettono in bilancio finanziamenti insufficienti, accusano i sindacati. L’ultimo rapporto sulla condizione dell’edilizia scolastica elaborato dalla Uil a partire da dati del ministero della Pubblica istruzione confronta le percentuali degli edifici con strutture e impianti precari (dal tetto scadente ai pavimenti sconnessi) registrate nel 1999 con quelle del 2000: un anno di lavori di adeguamento ha prodotto miglioramenti tanto risibili che «continuando di questo passo - recita il rapporto - occorreranno tra i dieci e i venti anni per mettere a norma tutte le strutture edilizie scolastiche». Se non ci sarà un’accelerazione, il nuovo ultimatum del 31 dicembre 2004 potrebbe avere dunque il destino di quelli che l’hanno preceduto: essere scavalcato dall’ennesima proroga.
Ma non è solo questione di soldi e lo dimostra ciò che sta succedendo su un altro versante della sicurezza scolastica: i piani di prevenzione, evacuazione e pronto soccorso in caso di incendio, alluvione o terremoto, misure sulle quali il 15% delle scuole italiane è inadempiente. Percentuale che sale al 25% se si esaminano i soli certificati di prevenzione antincendio.
Non servono soldi per stendere il «documento sul rischio», fotografia delle magagne dell’istituto scolastico da cui partire per pianificare i rimedi. Eppure nel Molise, messo in ginocchio dal terremoto, quasi una scuola su cinque non ha il suo «documento sul rischio»: manca nel 18,6% degli istituti, un valore più che doppio rispetto alla media nazionale del 7,45%. E non servono soldi per predisporre il piano di evacuazione: eppure manca quasi nel 10% delle scuole, con un picco in Sardegna del 26,94%. E lo stesso per la nomina del responsabile della sicurezza scolastica (in Calabria manca in una scuola su quattro) o per la formazione delle «figure sensibili», che frequentano corsi specifici di prevenzione e strategie di fuga, per poi insegnarle a colleghi e studenti. Serve piuttosto buona volontà, quella sì, da parte del direttore scolastico, «cultura della sicurezza», che nelle scuole italiane fa così fatica ad attecchire. Non c’è multa né sanzione per i presidi che non mettono in atto queste procedure di prevenzione dei rischi: i controlli sono delegati al direttore scolastico regionale, che al più manda una lettera di sollecito.
«Ci troviamo con edifici senza piani di evacuazione, senza nullaosta sanitario, senza certificato antincendio. Dovrebbero chiudere - dice a denti stretti Ferdinando Mancini, sindacalista Uil a Campobasso -. E la realtà è peggiore di quanto appare perché ci sono scuole che bleffano, dicono di avere i piani di prevenzione per non allarmare le famiglie e non fargli iscrivere i figli da un’altra parte. Ma sono piani fittizi, inutili, che restano sulla carta».

Daniela Monti


IL CASO
«Due istituti su 10 hanno un tetto scadente»

ROMA - L’allarme risale all’inizio di settembre. A rileggerlo mentre si estraggono dalle macerie i piccoli scolari di San Giuliano fa venire i brividi: più di due edifici scolastici su 10 in Italia hanno un «tetto scadente». Lo aveva lanciato la Uil-Scuola in un rapporto che sottolineava un dato preoccupante: 15 edifici su 100 non sono a norma. Un dato che va riletto con attenzione dopo il crollo dell’istituto «Francesco Jovine». Ieri a fronteggiare l’emergenza terremoto il ministero dell’Istruzione ha messo una task-force coordinata dal sottosegretario Stefano Caldoro e dal direttore generale Michele Di Pace. La prima direttiva impartita ai responsabili delle scuole di Abruzzo, Basilicata, Campania, Molise e Puglia è stata perentoria: «Verificare immediatamente» eventuali «situazioni di inagibilità delle scuole»; «problemi di trasferimento, anche temporaneo, di aule e classi»; «intese con gli enti locali per trovare soluzioni di emergenza» che possano garantire, lunedì prossimo, una ripresa delle lezioni priva di rischi per alunni e insegnanti. Una circolare diramata mentre il direttore regionale del Molise, Giuseppe Boccariello, a San Giuliano, spulciava i documenti scolastici per compilare l’elenco degli alunni intrappolati sotto le macerie.
Ma chi si occuperà delle altre regioni e di quelle scuole nelle quali l’emergenza è quotidiana? Secondo quel rapporto, il 42,98% degli edifici scolastici è privo del certificato di agibilità statica. Questo significa che i responsabili della loro stabilità ufficialmente «non sanno» qual è la situazione reale. Gli interventi da compiere sarebbero molti: il 22,7% ha un tetto da rifare, il 22,9% ha un impianto elettrico non a norma, il 20,6% ha il riscaldamento guasto e il 18,2% ha le fogne da rifare. Una scuola media su cinque necessita di un intervento strutturale.
Dopo il terremoto il sindacato rilancia l’allarme e accusa il ministro Letizia Moratti di inerzia: «Contro il terremoto c’è poco da fare - ammette il segretario della Uil-scuola Massimo Di Menna - ma che gli edifici scolastici siano a rischio soprattutto al Sud è fuor di dubbio. Vorremmo sapere dalla Moratti perché gli standard di sicurezza che risalgono a 27 anni fa non sono stati ancora aggiornati. E perché l’Anagrafe dell’edilizia scolastica prevista dalla legge del ’96 non è mai stata istituita?». Dal ministero si replica che la mappatura è già in fase avanzata. E da questo monitoraggio emerge che, nella messa a norma delle strutture scolastiche, il Molise non è tra i fanalini di coda. Anche se un quinto delle scuole della regione non ha ancora redatto il documento sui rischi, l’indice di «inadempienza» qui è nella media nazionale (14,06 per cento), contro il 22,21 per cento della Sardegna e il 21,27 per cento della Calabria. Le scuole materne più «insicure» si trovano a Cagliari (le migliori a Verbania). Le elementari più fatiscenti sono a Reggio Calabria (le più sicure a Biella). Le medie in peggiori condizioni a Vibo Valentia (le più efficienti a Sondrio). A Cagliari, Crotone e Reggio Calabria anche il primato negativo delle scuole superiori.

Virginia Piccolillo


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Date: 01 Nov, 2002 on 10:21
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