CHI «CAMBIA CAMPO» IN FRETTA SI SALVA
Spoil system all'italiana

di Chiara Saraceno

SE è vero che lo «spoil system» è nato in America come «un principio del repubblicanesimo» e ha avuto fra i sostenitori il padre della patria Thomas Jeffereson (vedi La Stampa del 28 settembre, articolo di Mauro della Porta Raffo), è anche vero che, perché sia efficace, bisogna precisarne le regole e i limiti.

Altrimenti si cade in plateali contraddizioni, come mostrano due casi dei giorni scorsi. Marina Bertiglia, che è stata a lungo Provveditore agli studi di Torino e poi, negli ultimi due anni, Direttore generale agli studi per il Piemonte, è stata rimossa in ottemperanza alla logica dello spoil system.

Nessuno, neppure chi la ha rimossa, le ha rivolto un appunto circa il modo in cui ha esercitato il suo ruolo. Neppure sono state segnalate sue particolari prese di posizione politica.

L'unico, ma dirimente, appunto che le è stato fatto è quello di essere stata nominata dal ministro del centrosinistra Tullio De Mauro.

Invece Guido Bolaffi, direttore generale del Dipartimento degli Affari sociali quando era ministro Livia Turco (da lei nominato anche proprio capo di gabinetto, che è carica eminentemente politica), non solo è stato confermato, ma è stato promosso: da direttore generale di dipartimento di un ministero senza portafoglio è diventato direttore generale di due importanti dipartimenti: Lavoro e Politiche sociali.

Val la pena notare che questi due dipartimenti fanno parte di un ministero a capo del quale c’è un esponente della Lega, il partito che con più virulenza si è scagliato contro quella legge sulla immigrazione - la cosiddetta Turco-Napolitano - cui Bolaffi ha dato un importante contributo, a volte persino esagerando nelle forme di interventismo pubblico (data la sua veste di capo di gabinetto del ministro).

Ecco i due esempi di come funziona lo spoil system all'italiana. Non sembrano contare né la professionalità e l'aderenza ai problemi da trattare, né la rilevanza politica della posizione occupata.

La posizione di capo di gabinetto è certamente più politica e politicizzata di quella di direttore dell'istruzione regionale. E' anzi per certi versi sorprendente che anche una posizione come quest'ultima rientri tra quelle aperte allo spoil system.

La dice lunga su come viene considerata la scuola: terra di incursioni politiche ormai esplicitate come ovvie e legittime. Che cosa fa pendere la bilancia da una parte o dall'altra? Nasce il dubbio che contino soprattutto la prontezza e la capacità con cui si cambia campo e l'appartenenza a solide reti informali di tipo politico.

Paradossalmente è più facile farlo per chi, indipendentemente dalle proprie competenze e professionalità, deve più chiaramente la propria posizione e carriera al legame con parti e persone politiche: basta, appunto, cambiare campo.

Come succede per i pentiti, quanto più si ha da confessare, tanti più sconti si ottengono. Ci può scappare anche una promozione.