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«La scuola pubblica va rafforzata»
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da Il Corriere della Sera
Giovedì, 19 Settembre 2002

Il Capo dello Stato parla agli studenti. In regalo la Costituzione: «E’ bella, leggetela e discutetene»

«La scuola pubblica va rafforzata»

Ciampi: funzione insostituibile. Moratti: il cambiamento andrà avanti, senza modifiche agli organici Il ministro annuncia il ritorno del crocifisso nelle aule. Soddisfatta la Lega. Contrari ebrei e musulmani


ROMA - In diretta tv dal Vittoriano, Ciampi ha rivolto agli studenti il messaggio per l’inizio delle lezioni. Ma il suo discorso ha fornito anche alcune indicazioni di fondo sul ruolo della scuola pubblica nel momento in cui si avvia la riforma. «Aperta a tutti». Serve una scuola «aperta a tutti», ha detto il capo dello Stato, che può essere assicurata solo da quel «sistema scolastico nazionale» che ha contribuito alla «costruzione di una Patria unita», «un sistema la cui insostituibile funzione va rafforzata». Ai giovani il presidente ha regalato copie della Costituzione: «E’ bella, leggetela e discutetene».
«Sì al crocifisso in aula». Il ministro dell’Istruzione Letizia Moratti ha annunciato che nei prossimi mesi sarà messa a punto una norma che consentirà di esporre il crocifisso in tutte le aule scolastiche «in quanto simbolo della civiltà cristiana, della sua radice storica e del suo valore universale». Soddisfatti i centristi dell’Udc e la Lega, che ha presentato una proposta di legge per il ritorno del crocifisso in tutti gli uffici pubblici. Contraria una parte della comunità musulmana, preoccupata l’Unione delle comunità ebraiche.

«Scuola pubblica insostituibile, aprirla a tutti»

Ciampi agli studenti: è il motore dello sviluppo, qui gli stranieri possono divenire partecipi dei nostri valori


ROMA - La vera riforma della scuola? In primo luogo renderla «aperta a tutti», dice Ciampi, ciò che ancora non si è fatto. Di tutti, «secondo quei princìpi di garanzia di diritto all’istruzione e all’equità sociale che sono propri della sua funzione pubblica». Farla poi diventare «motore dello sviluppo» e aggiornarla, in modo che formi «le nuove professionalità richieste oggi». Imporle un salto di qualità, ma con prudenza rispetto a certe smanie di indirizzi plurali (di privatizzazioni laiche o confessionali, o di arcifederalismo), perché pur fra tante difficoltà «il sistema scolastico nazionale ha contribuito più d’ogni altra istituzione a costruire una Patria unita». Va dunque «rafforzata la sua insostituibile funzione», anche per elevarla a «luogo dove i tanti lavoratori stranieri» che arrivano qui possono divenire «partecipi di princìpi e valori della nostra civiltà». Il capo dello Stato rivolge agli studenti il rituale messaggio per l’inizio delle lezioni, ma non c’è nulla di rituale nel suo discorso in diretta televisiva dal Vittoriano. Infatti, gli obiettivi che spiega ai ragazzi avendo al fianco il ministro Moratti, sembrano una griglia di precondizioni alla riforma avviata dal governo.
Comunque li percepiscano Polo e Ulivo, non sono precetti rivoluzionari né controrivoluzionari. Sono princìpi di fondo, che il presidente rimarca quasi per dovere d’ufficio. Basta ripassare la Costituzione, per trovarne tracce abbondanti. Basta riflettere sui mutamenti in corso, per capirne lo spirito.
Lo scopo dell’intervento, quindi, è di offrire qualche indirizzo di metodo a chi si appresta a cambiare tutto. Il capo dello Stato parte dal futuro, esortando a «una formazione innovativa», che sappia offrire al mondo del lavoro le nuove figure di cui c’è bisogno: un punto decisivo perché, di fronte alla sfida della globalizzazione, la scuola deve essere anche «motore dello sviluppo».
Ne discende la necessità di «continuare nel lavoro avviato da anni per favorire l’aggiornamento della scuola», ma - ed ecco la prima sottolineatura forte - «secondo i princìpi di garanzia all’istruzione e all’equità sociale che sono propri della sua funzione pubblica».
Ciampi ha in mente le statistiche sugli «"abbandoni" da parte di un numero troppo elevato di ragazzi», magari come quelli di Nisida, dei quali cita una lettera in cui recriminano come si sarebbero potuti «salvare dal carcere» se avessero avuto chi insegnava loro a «vivere onestamente».
Serve una scuola per tutti, insomma, ciò che può essere assicurato solo da quel «sistema scolastico nazionale» che ha contribuito alla «costruzione di una Patria unita, a formare cittadini consapevoli, a migliorare noi italiani». «Un sistema la cui insostituibile funzione va rafforzata», aggiunge, «in un momento nel quale arrivano in Europa tanti lavoratori stranieri, che portano con loro altre lingue, culture, religioni e che hanno necessità della scuola come luogo che li faccia divenire partecipi di principi e valori della nostra civiltà basata su dialogo e consapevolezza dei diritti e dei doveri».
E qui indica altri due limiti, Ciampi. Il primo per stoppare quanti (come certi leghisti) vagheggiano secessioni culturali, con scuole a programmi differenziati tra il Nord e il resto del Paese: no, la scuola pubblica ha costruito l’Italia e deve continuare a farlo, ricorda il capo dello Stato. Il secondo limite, meno trasparente, pare rivolto ai vescovi della Cei e a quanti, fiancheggiandoli nel governo, continuano ad avanzare rivendicazioni per le scuole cattoliche. State attenti a insistere così - sembra suggerire il presidente - perché fra un po’ anche gli immigrati potrebbero pretendere scuole confessionali, islamiche o d’altra fede, e allora l’Italia si dividerebbe in mondi separati; non è meglio che, per integrare i nuovi arrivati (aiutando loro e difendendo noi), «si rafforzi» la scuola di Stato, con i suoi insegnamenti di «cultura classica, civiltà cristiana, umanesimo e filosofia europea»?
Non parla mai di «scuola privata», Ciampi, mentre evoca quella «pubblica» che tanto gli preme. Una scuola che - insiste - deve «ridurre l’esclusione», «impegnarsi sul tema della cittadinanza europea» (perché «questa è la vostra avventura, ragazzi»), riscoprire la Costituzione». E proprio copie della Carta fa distribuire al Vittoriano, raccomandando la lettura dei primi articoli, quelli d’impronta sociale e progressiva, «un patto utile e positivo».
Un discorso «di princìpi», ma che è echeggiato con effetti dirompenti nel dibattito politico. Basta considerare le reazioni. Ds e Ulivo «ringraziano» Ciampi, con Rutelli che chiede «più soldi per la scuola di Stato e non le chiusure» della Moratti. Forza Italia, con Mauro, protesta perché quel discorso sarebbe stato «travisato e storpiato» dal centrosinistra. I radicali, con il segretario Capezzone, vorrebbero zittire tout court il presidente, perché ormai «fa politica e occupa spazi che non gli competono».

Marzio Breda

La grande festa davanti al capo dello Stato al Vittoriano. E moltissimi hanno cantato l’inno nazionale

I giovani tra Totti, miss e campionesse: un primo giorno straordinario


ROMA - Loro, i ragazzini, non sanno più da che parte girare la testa, con Francesco Totti che gli è sfilato davanti al naso e quelle ragazze incredibilmente belle, tante, tutte finaliste del concorso di miss Italia che siedono lì, poche file di sedie più avanti, vicino alle campionesse della pallavolo e non lontane dal solitario Giovanni Soldini, tutti a portata di microfono di Fabrizio Frizzi che è qui al Vittoriano per presentare in diretta televisiva questa cerimonia e adesso sta per dare la parola a Carlo Azeglio Ciampi, il presidente della Repubblica. Edoardo Vitale sospira, estasiato e confuso: «Chi se lo poteva mai immaginare un primo giorno di scuola così straordinario». Domani sarà tutto finito ed Edoardo dovrà viverlo davvero il primo giorno nella sua scuola media, la «Montezemolo» di Roma, che oggi è qui in rappresentanza assieme a tanti altri istituti d’Italia. Tocca alla scuola navale «Morosini» di Venezia intonare l’inno nazionale e tutti gli studenti lo seguono, cantando in piedi con la mano sul cuore, tanti, tantissimi, i ragazzi, riempiono la grande terrazza sopra l’Altare della Patria che è stata riaperta al pubblico tre anni fa.
Oggi Letizia Moratti, ministro dell’Istruzione, esorta i docenti ad avvicinare i ragazzi alla cultura: «Rileggete loro un cantico di Leopardi; riandate all’Odissea per risvegliare nei loro cuori il coraggio di Ulisse; spiegate la Divina Commedia». Il presidente Ciampi aggiungerà poi, come consiglio, di leggere una novella di Boccaccio, mentre il navigatore Giovanni Soldini, solitario anche tra le sedie del Vittoriano, borbotterà commentando: «Ma ancora di Omero e Dante parliamo a questi ragazzi?». Lui, dopo, parlerà della sua fatica e del suo impegno nelle imprese a vela, lo stesso impegno del capitano della Roma. Totti, ombroso per la sconfitta con il Real Madrid, riacquista il sorriso soltanto davanti ai bambini del Camerun e del Brasile che qui a Roma sono arrivati perché gemellati con la scuola media «Robecchi» di Vigevano e con il liceo classico «Kant» di Roma. Dice, poi: «Fino a 15 anni mi sono dedicato alla scuola, poi ho capito che il calcio diventava sempre più importante per la mia vita. Ma non per questo ho fatto meno sacrifici».
Sacrifici: anche le ragazze della pallavolo conoscono bene questa parola. Sono tutte qui sul palco stamattina. Hanno seguito discorsi e premiazioni, i volteggi dei ballerini Roberto Bolle e Marta Romanga e anche le sinfonie degli allievi del Conservatorio che hanno riempito l’aria delle note della «Primavera» di Vivaldi, con la benedizione del maestro Uto Ughi. Che non esita: «Bisogna diffondere la musica nelle scuole , come dice Shakespeare: "Chi non ha orecchio per le meravigliose melodie è incline alla cattiveria, alla violenza e alla guerra"».

Alessandra Arachi


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Date: 19 Sep, 2002 on 07:25
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