Alle urne il 6 ottobre. L’opposizione: aiuti anche ai ricchi. Il presidente: un principio sacrosanto, la legge va bene così

Referendum contro il buono scuola in Veneto. Galan: non andate a votare

VENEZIA - E’ polemica sul referendum che si terrà il 6 ottobre per abolire il buono scuola che il Veneto eroga agli studenti. Lo scorso anno la Regione ha versato 17,5 miliardi di lire agli iscritti delle private e 160 milioni a chi frequenta la scuola pubblica. Una «situazione scandalosa, che lede un principio costituzionale» sostiene il comitato promotore formato da Ds, Rc, Verdi e Sdi, che ha presentato una mozione con la Margherita per ottenere un pronunciamento del consiglio regionale a favore del referendum. Ma FI, Lega e An hanno fatto quadrato e il centrosinistra è stato battuto. Sarcastico il «governatore» del Veneto Giancarlo Galan: «Cosa volevano, che approvassimo un appello per chiamare i veneti a votare su un referendum che non condividiamo? La legge sul buono scuola è sacrosanta e rappresenta un esempio di efficiente amministrazione: in 15 giorni i nostri uffici sono in grado di erogare i contributi a 16.000 domande grazie all’autocertificazione».
Ma anche per questo l’Ulivo grida allo scandalo: il buono scuola, dicono, è assegnato pure a chi ha redditi superiori ai 100 milioni di lire l’anno. «Si calpesta un diritto costituzionale» dice Gianni Gallo, consigliere regionale Ds, «il 6 ottobre è un dovere andare alle urne e per la prima volta in Italia i cittadini potranno esprimersi su materie di interesse regionale. L’appello al non voto fatto da Galan è grave e nasconde la volontà di finanziare solo le scuole private». Galan torna alla carica: «Io non andrò a votare e così anche gli elettori della Casa delle Libertà. Rispetto i 30.256 cittadini che hanno indetto il referendum ma anche disertare le urne è un diritto costituzionale».
Polemica sui buoni scuola anche in Sicilia, dove il ddl è in discussione. «Ha senso parlare di buono scuola solo nel contesto di una riforma organica di scuole pubbliche e paritarie», dice Paolo Mezio, segretario della Cisl Sicilia.

Al. Sal.