Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


Edscuola Board
Edscuola Board Discussion Forum.
Index / Educazione&Scuola© - Archivio Rassegne / Educazione&Scuola© - Rassegna Stampa (Archivio 2)
author message
Il suicidio di Franco Lucentini
Post a new topic Reply to this Topic Printable Version of this Topic
edscuola
Administrator
in Educazione&Scuola

View this member's profile
posts: 13944
since: 23 May, 2001
1. Il suicidio di Franco Lucentini
Reply to this topic with quote Modify your message
da La Stampa
Martedì, 6 Agosto 2002

IL DRAMMA NELLA CASA TORINESE. AVEVA OTTANTADUE ANNI. I FUNERALI DOPO L´AUTOPSIA

Il suicidio di Franco Lucentini

TORINO - Era malato, e più ancora era stanco. Quando usciva dalla sua casa torinese e attraversava la strada, in via Po, sventolava un fazzolettino bianco, perché temeva che il viavai delle auto lo travolgesse con la sua Simone, la compagna di tutta la vita, che ancora si appoggiava al suo braccio. Chi l´ha amato racconta lo struggimento e la tenerezza che si provava nel vederli camminare lentamente, a piccoli passi, lungo piazza Vittorio: 95 anni lei, 82 lui, che arrancavano sotto il peso degli anni. Adesso che lo sguardo di Franco Lucentini non c´è più, quel fazzolettino bianco è il segno della sua resa: alla malattia, alla vecchiaia, alla vita. Lo scrittore s´è lasciato cadere dalla tromba delle scale ieri mattina, all´alba, divorato da un male e da un´angoscia che ha tenuto dentro fino all´ultimo. È uscito di casa in punta di piedi, senza disturbare la sua compagna, Simone Benne Darses. In pigiama, le scarpe di panno nere, il berrettino di pile che portava sempre in testa. È volato nel vuoto nella tromba delle scale stretta, uno spazio a cuneo tra le balaustre di ferro battuto, per quattro piani. Erano le cinque, ieri mattina, e il palazzo di piazza Vittorio 1 dormiva. È la piazza più grande della città. Quella i cui portici accompagnano nella discesa al fiume da un lato, ai palazzi del potere dall´altro. Le finestre della casa di Fruttero si aprono sul caffè Elena, dove Cesare Pavese scriveva i suoi libri, e sulla collina, dove si muovono le indagini del commissario Santamaria. È un palazzo color giallo Torino, una nobile e antica casa di ringhiera come quelle che raccontava nei suoi libri con Fruttero. Sui balconi, cascate d´edera e di gerani, vasi di salvia e di mentuccia. Nel cortile che si apre su un altro cortile, una piccola fontanella di pietra e una quindicina di biciclette, presidi del passato nella città delle auto. Ai piani, c´è ancora qualche gabinetto sui ballatoi.
Simone ha diviso con Franco Lucentini più di quarant´anni. Quasi sempre, parlando in francese. Quando s´è accorta che era uscito, ha telefonato alla governante, che tutti conoscono come «la Pina», e che da tanti anni si prende cura di loro: «Li amo - diceva ieri la donna - come fossero i miei genitori». Anche Simone, da tempo, è malata: non cammina quasi più, e un mese fa s´era temuto che morisse. Un problema al cuore che aveva spaventato terribilmente lo scrittore: forse, ha capito in quel momento di non poterle né volerle sopravvivere. Da tanto tempo Lucentini, che ha fumato una sigaretta dopo l´altra tutta la vita, combatteva con il cancro ai polmoni. Non era neppure riuscito a intervenire alla festa in suo onore, a maggio, alla Fiera del Libro: da un mese, poi, non usciva più di casa. Era un uomo schivo, riservato, di pochissime amicizie: romano, era torinesissimo nel perpetuo minimizzarsi e nel pudore di sè, nei lunghi e frequenti soggiorni francesi come nella scelta di una vita appartata e distaccata, nello sguardo ironico ed acuto su se stesso e sul mondo. Nel suo appartamento, che traboccava libri, non aveva mai voluto la televisione, «e forse proprio per questo - ricorda Ernesto Ferrero, il direttore della Fiera del Libro - aveva un occhio così preciso sul costume contemporaneo». Ieri mattina, quando la governante è accorsa in piazza Vittorio, l´ha trovato a terra nell´androne, nel sangue. Il berretto volato dal capo al primo piano, una scarpa sul pianerottolo del secondo. La Pina è corsa a svegliare i custodi: «Ho chiamato il 118, la polizia - dice Mario Verrengia - ma era evidente, che purtroppo nessuno poteva più aiutarlo». Hanno fatto arrivare un medico, prima di dare la notizia a Simone, perché temevano che il suo cuore non avrebbe retto. Presto li ha raggiunti il fratello dello scrittore, Mauro, con la cognata. E a metà mattina sono spuntate le telecamere, i taccuini dei giornalisti. «Era un gentiluomo settecentesco - dice Ferrero -. Un uomo che aveva letto tutti i libri, ma quasi nascondeva il suo sterminato sapere letterario. Mi accorgevo da piccolissimi indizi che si lasciava sfuggire, nelle lunghe passeggiate con Einaudi, a Dogliani, di quanto fosse vasta la sua cultura». E Bruno Gambarotta: «Conosceva 17 lingue straniere. Aveva portato in Italia Borges e Beckett, dirigeva con Fruttero la collana di Urania, e con lui ha regalato al nostro paese la fantascienza. Eppure non si dava importanza, diceva che al massimo poteva preparare un té agli intellettuali».
Il suo pudore, il suo understatement, è stato, ieri, anche il pudore di Torino nell´avvicinarsi alla sua morte. Qualcuno, passando in via Po, addirittura piangeva («Ho letto tutto ciò che ha scritto con Fruttero, non posso credere che questa coppia non esista più», singhiozzava ieri, ad esempio, Luciana Pennano). Ma la città ha temuto di disturbare, presentandosi a casa di quella coppia così schiva che a Parigi abitava accanto a quella della vedova di Isaac Babel, autore che Lucentini aveva a lungo tradotto. Pochissimi hanno osato suonare alla porta del quarto piano. Qualche amica di famiglia, come la signora che scende con gli occhi rossi, e spiega che «Simone è lucidissima, è una donna molto forte, ma è distrutta». O come Giuliana Einaudi, che la piccola famiglia di Lucentini incarica di dire ai giornalisti «Stiamo aspettando che arrivi Carlo Fruttero: non ce la facciamo, a parlarvi noi». La data dei funerali sarà fissata dopo l´autopsia.
La portinaia Rosa conserva tanti libri che Lucentini le ha donato: «Sapeva che amavo leggere, e me ne faceva avere più volte al mese. Quando è nata la mia bimba è sceso a vederla, anche se non stava bene. Ma non ha voluto sfiorarla. I vecchi malati come me, ha detto, devono stare lontani dai bambini». Appariva stanco. Anzi esausto, sfinito. La sua Simone, ieri pomeriggio, non ce l´ha fatta ad aprire la porta neppure al presidente e al direttore dell´Einaudi, Roberto Cerati e a Ernesto Franco. Che sono andati via in punta di piedi, lasciando un biglietto.

Giovanna Favro


http://www.edscuola.it
http://www.edscuola.com
Mail: redazione@edscuola.com
Date: 06 Aug, 2002 on 08:01
Il suicidio di Franco Lucentini
Post a new topic Reply to this Topic Printable Version of this Topic
All times are GMT +2. < Prev. Page | P.1 | Next Page >
Go to:
 

Powered by UltraBoard 2000 Personal Edition,
Copyright © UltraScripts.com, Inc. 1999-2000.

Archivio
Archivio Forum
Archivio Rassegne