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LEGAMBIENTE SCUOLA NEWS N. 6
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1. LEGAMBIENTE SCUOLA NEWS N. 6
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LEGAMBIENTE SCUOLA NEWS N. 6, LUGLIO 2002
Notizie e commenti sul mondo della scuola

Indice

1. Una “data storica per la scuola italiana”?
2. Legge delega: lavori in corso
3. …e intanto il Ministro Tremonti…
4. Di protocollo… in protocollo!

1. Una “data storica per la scuola italiana”?
Martedì 25 giugno si è svolta la videoconferenza di presentazione dei “risultati” del progetto pilota sul sistema nazionale di valutazione. Anche se avvenuta qualche tempo fa, merita comunque una riflessione.
Lo scenario
Annunciata per vie interne alle Direzioni generali e alle scuole partecipanti, la videoconferenza è stata strutturata con un collegamento tra il MIUR e cinque centri regionali (in Piemonte, Campania, Puglia, Sardegna, Toscana). Al MIUR erano presenti il ministro Letizia Moratti, il sottosegretario Valentina Aprea, il presidente dell’INValSI Giovanni Trainito, il presidente della commissione ministeriale per la valutazione Giacomo Elias. Presso le sedi regionali (attrezzate a seconda dei casi presso Direzioni regionali, IRRE o istituti scolastici) erano presenti i direttori regionali, gli ispettori referenti a livello regionale per il progetto pilota, e alcuni dirigenti e/o insegnanti a seconda delle situazioni. Presso la sede della Toscana c’era anche una studentessa.
Un’operazione mediatica ad uso interno
· Sappiamo tutti che il “progetto pilota” è stato presentato a suo tempo come una tappa miliare nella costruzione di un sistema nazionale di valutazione. Ma sappiamo anche quali ne sono i “peccati originali”. Li abbiamo già esplicitati in Legambiente Scuola News n. 4 del mese di maggio.
Il tono dominante in tutta la videoconferenza è stato l’autocompiacimento, con qualche sconfinamento perfino nel trionfalismo. Il conduttore della “trasmissione” (perché ci è sembrata più una trasmissione televisiva che non un seminario di lavoro, come più volte dichiarato dal ministro) ha definito la data del 25 giugno una “giornata storica” per il sistema scolastico italiano, ha più volte enfatizzato il fatto che c’erano “ben venti gruppi di ascolto” distribuiti in tutta Italia, che nella sede regionale laziale c’erano “ben 180 persone”: sembrava un linguaggio da maratona televisiva.
È stato subito chiaro il senso di tutta l’operazione: “annunciare”, esaltare l’operato del ministero, dare ancora una volta l’idea di avere fatto chi sa quali grandi passi in avanti. Il tutto, ancora una volta, in assenza di un contraddittorio reale (contrariamente a quanto dichiarato più volte). La stessa circolare inviata dal MIUR alle Direzioni regionali, in cui si invitavano i direttori generali a propagandare l’iniziativa, annunciava che nel corso della videoconferenza alcune scuole sarebbero intervenute per illustrare la propria esperienza e “i punti di forza” del progetto. Ovviamente il nuovo linguaggio del ministero non contempla che possano esistere anche “punti di debolezza”.
Gli interventi dalle sedi regionali hanno per lo più richiamato l’attenzione sulle cifre relative alla partecipazione a livello locale, pochissimi accenni al merito del progetto, i pochi suggerimenti avanzati sono stati tutti prevalentemente relativi alle difficoltà di comunicazione in rete (telematica), alla necessità di formare gli insegnati nel campo dell’informatica per poter più efficacemente gestire - dal punto di vista organizzativo - progetti analoghi in futuro. Qualche timido accenno alla necessità che la valutazione sia in funzione della “promozione” della qualità delle scuole e non in funzione del controllo della stessa, sulla importanza di avere i risultati della valutazione in tempi tali da poter essere utilizzati dalle scuole.
Già, ma quali sono i “risultati” presentati nel corso della videoconferenza?
I “risultati” del progetto pilota
La presentazione dei “risultati” è stata affidata al presidente della commissione sulla valutazione. Va detto subito che si tratta soltanto di alcuni dati, quelli definiti “più significativi”, relativi al cosiddetto “questionario di sistema”. Solo il 4.37% delle oltre 2600 scuole che erano state invitate a partecipare al progetto si sono tirate indietro (per “motivi tecnici”); il 45% delle scuole era nel Nord del paese, il 24% al Centro, il 31% nel Sud e nelle Isole; quasi tutte le scuole hanno lavorato alla definizione di un organigramma, ma non all'individuazione delle funzioni; poche sono le scuole che fanno parte di reti (che si parlasse di reti telematiche o di progetto o a livello locale non è stato detto). E così via. Nell’insieme ci sembra che siano stati restituiti dati che nulla aggiungono a quanto già si conosce del sistema scolastico italiano: le numerose indagini già realizzate sull’attuazione dell’autonomia e sulle esperienze di elaborazione e di gestione dei POF sono tutte molto più ricche di informazioni e di riflessioni.
E’ stato dichiarato con soddisfazione che “il sistema ha retto più che degnamente” e che lo scopo fondamentale del progetto era quello di verificare se c’erano “le strutture, le competenze, l’organizzazione” per fondare un sistema nazionale di valutazione.
Insomma quello che era importante fare - e che è stato fatto - era dare “un segnale” alle scuole, allertarle sulla necessità della valutazione.
Sui risultati relativi alla somministrazione dei test agli studenti nessun dato è disponibile e questo è assolutamente comprensibile visti i tempi di attuazione del progetto. È stato dichiarato che i dati sono in corso di acquisizione tramite lettore ottico e che saranno pronti per il mese di settembre.
E qui è emersa una prima verità: i dati non verranno sottoposti ad alcuna elaborazione nazionale, ma semplicemente ogni scuola riceverà i propri risultati. D’altronde non sarebbe possibile alcun tipo di elaborazione né a livello nazionale, né a livello di specifiche aree geografiche, né per tipologia di scuole, per il semplice motivo che le scuole selezionate non sono un campione statistico e quindi non “rappresentano” nessuna popolazione e perché non c’è nessun dato sulle variabili di contesto che consenta di azzardare qualche interpretazione dei risultati relativi al rendimento degli studenti.
Le domande al ministro, alla commissione sulla valutazione, all’INValSI
1. Il ministro è sembrato raccogliere l’invito ad allargare l’orizzonte alle variabili di contesto. Stupisce comunque che, visto che sia il ministro che il sottosegretario hanno più volte fatto riferimento alla comparazione internazionale e ai sistemi di valutazione esistenti in altri paesi europei (dimenticando però le esperienze condotte negli anni passati dall’INValSI o da altri istituti di ricerca italiani, come se in Italia fossimo all’anno zero della valutazione), ci si sia “dimenticati” che in nessuna indagine valutativa il rendimento degli studenti viene considerato in modo isolato.
2. Si è detto che le scuole riceveranno a settembre i dati relativi ai risultati dei propri studenti. Siamo certi che questa scadenza e questo impegno verranno effettivamente rispettati. Ma che cosa potranno farsene le scuole di queste elaborazioni? Se non avranno a disposizione parametri di riferimento a livello nazionale, regionale, per livelli scolastici, per tipologie di scuole, che interpretazione potranno dare dei loro risultati? I loro studenti saranno “migliori” o “peggiori” degli altri studenti italiani, degli altri studenti della stessa regione o dello stesso tipo di istruzione?
3. Si pensa forse di mettere le prove a disposizione delle scuole perché possano utilizzarle ai fini di una comparazione interna, dopo ulteriori somministrazioni organizzate a livello di singoli istituti? Si “brucerebbero” così gli strumenti che non potrebbero essere più utilizzati in nessuna indagine successiva.
4. Negli anni passati l’INValSI aveva iniziato una serie di rilevazioni volte a costruire serie storiche di dati relative al rendimento degli studenti di alcuni livelli scolastici (gli stessi del progetto pilota) in alcune aree fondamentali (le stesse del progetto pilota). Il progetto pilota è inutilizzabile in questo senso. Perché è stata interrotta questa esperienza unica nel panorama degli studi valutativi (scientificamente fondati) nel nostro paese?
5. Quando sarà possibile una discussione vera all’interno delle scuole sui problemi posti dalla necessità (questa sì assolutamente inderogabile) di costruire ed estendere nuove e più ampie iniziative di valutazione del sistema scolastico? Quando sarà possibile discutere nel merito degli obiettivi, della metodologia, degli strumenti che si vogliono adottare per la valutazione? In che rapporto queste iniziative - per ora approssimative e azzardate dal punto di vista metodologico ed in cui l’unico dato enfatizzato da tutti sembra essere solo il numero di scuole partecipanti - si collegano ai nodi dell’autonomia degli istituti scolastici, della valutazione interna, dell’autovalutazione, della formazione degli insegnanti? A quali “esperti” verrà assegnata la responsabilità di sviluppare iniziative in questo campo? Agli stessi che hanno impostato il progetto pilota?
6. Il ministro ha fatto più volte riferimento (in termini formalmente assolutamente corretti) alla necessità di estendere una cultura della valutazione e di affermare nella scuola una logica di trasparenza (l’etica del render conto). Anzi ha detto che la videoconferenza inaugurava un costume nuovo in questa direzione all’interno non solo del ministero dell’istruzione, ma di tutta la pubblica amministrazione. Sorge spontanea una domanda: chi “renderà conto” del rapporto costo-benefici che caratterizza questo progetto? Quanto denaro pubblico è stato investito per ottenere questi risultati assolutamente modesti? Chi risponderà dell’immagine distorta di valutazione che questo progetto veicola?
Alcune domande agli insegnanti e alle organizzazioni sindacali e professionali, agli studenti, agli esperti di ricerca educativa e di valutazione
Nella videoconferenza non c’è stata nessuna voce fuori dal coro, e questo è più che comprensibile visto il modo in cui è stata organizzata e le intuibili modalità di selezione dei partecipanti. Il silenzio intorno a tutta questa operazione (e più in generale intorno al tema della valutazione) è però assordante.
Che cosa pensano gli insegnanti di quanto sta accadendo? Pensano forse che tutto questo non abbia valore e comunque non li coinvolga?
Le associazioni professionali, che in questo periodo stanno concentrando la propria attenzione su profili professionali, standard professionali, codici deontologici e così via, e le organizzazioni sindacali, di fronte al la nuova stagione contrattuale, cosa possono e vogliono fare perché, finalmente, il problema della valutazione coinvolga direttamente gli insegnanti, tutti gli insegnanti? Pensano che questo tipo di progetti non avrà conseguenze sulla valutazione degli insegnanti stessi e sull’idea di valutazione che finirà per radicarsi?
Gli esperti del mondo dell’educazione e della valutazione si riconoscono in questo tipo di progetti, in queste prospettive, in queste logiche non soltanto politiche, ma anche metodologiche? Non dovrebbero forse dire la loro pubblicamente e aiutare le scuole e gli insegnanti a darsi gli strumenti per capire meglio quanto sta succedendo?
E gli studenti? Troppo delusi dalla presa in giro degli Stati generali della scuola per continuare a dire la loro?
Insomma, a quando una discussione aperta, critica e finalmente concreta su questi temi, che coinvolga tutti i soggetti direttamente e indirettamente interessati?
Prendiamo per buono l’invito del ministro e del sottosegretario a discutere e a lavorare su questi temi. Non lasciamo però che la comunicazione sia ancora una volta unidirezionale. Proviamo a far sentire le nostre voci.
2. Legge delega: lavori in corso
La Commissione Istruzione del Senato è tornata a discutere, dai primi di luglio, la legge delega. I lavori procedono a rilento: a frenare sono soprattutto gli emendamenti presentati dall’opposizione (più di 500). La riforma dovrebbe approdare in aula il 30 luglio ma, nonostante le sedute ad oltranza anche notturne, sembra improbabile che ciò possa avvenire dal momento che è stato approvato solo il 1° articolo e si sta discutendo dell’art. 2 che raccoglie da solo più della metà degli emendamenti. E se anche questo appuntamento fosse rispettato, ad ostacolare la strada della riforma ci si mette pure la pausa estiva: dal 3 agosto Palazzo Madama chiude. La strada verso l’approvazione incontra anche altri ostacoli: come garantire la copertura finanziaria. La commissione bilancio del Senato, chiamata a dare un parere obbligatorio, ha fatto saltare per il prossimo anno scolastico anche quella parte della riforma dei cicli che sembrava cosa certa: l’iscrizione anticipata nella scuola per l’infanzia ed elementare.
Se la riforma va a rilento in Parlamento, commissioni ministeriali di cui poco si sa, stanno dando “contenuto”, sotto la regia del Prof. Bertagna, ad una riforma che ancora non c’è. Sarebbero pronti i documenti sulla scuola dell’infanzia e scuola elementare.
La scuola dell’infanzia viene ridisegnata da un documento di 73 pagine: “Indicazioni nazionali per i piani personalizzati delle attività educative nelle scuole dell’infanzia”: quattro i moduli orario tra i quali i genitori possono scegliere al momento dell’iscrizione: 1000, 1300, 1600, 1800 ore; famiglie sempre più coinvolte anche per quanto riguarda la didattica; un portfolio con un piano educativo personalizzato che accompagnerà ogni bambino per tutta la sua carriera scolastica e tenuto aggiornato “in collaborazione con la famiglia” dal docente individuato come “tutor” del bambino; consultazione, da parte dei genitori, del docente tutor prima di decidere se iscrivere i figli alla scuola elementare prima dei sei anni; possibilità di imparare inglese ed informatica.
Orario flessibile, maestro prevalente, laboratori didattici sono i tre pilastri del “cambiamento” per la scuola elementare. L’orario obbligatorio viene ridotto a 27 ore settimanali, il resto laboratori facoltativi ed orari flessibili, su richiesta, fino a 40 ore. Il maestro prevalente passerà con gli alunni della prima elementare dalle 20 alle 21 ore, dalle 16 alle 18 in seconda e terza, nelle ultime due classi saranno le scuole a decidere se conservare la figura. Nelle ore lasciate “scoperte” dal docente prevalente gli alunni saranno suddivisi per piccoli gruppi nei laboratori.
Intanto da Viale Trastevere si fa sapere che sui contenuti della riforma scolastica “niente è ancora deciso”. Un anno fa il Ministro Moratti, sospendendo il riordino dei cicli “Berlinguer”, aveva chiesto un anno di attesa per varare la riforma del centro destra. L’anno è passato e l’avvio della riforma slitta al 2003-2004.
3. …e intanto il Ministro Tremonti…
Ma uno degli ostacoli maggiori all’avvio della riforma, che non può essere a costo zero, il Ministro Moratti lo trova nel Ministro Tremonti che vede nella scuola una fonte di spesa, di spreco quindi campo di tagli e risparmi (vedi il taglio degli organici, l’eliminazione dell’organico funzionale, la mancata assunzione per il prossimo anno scolastico di 21.000 nuovi docenti…).
Ma ancora più inquietante è quanto riportato nel Dpef che individua per la scuola cinque obiettivi:
· riforma degli ordinamenti e interventi connessi con la loro attuazione e istituzione del servizio nazionale di valutazione dell’istruzione
· sviluppo delle tecnologie multimediali
· valorizzazione professionale del personale docente e amministrativo e autoaggiornamento
· misure volte a prevenire e rimuovere il disagio giovanile al fine di assicurare la piena realizzazione del diritto-dovere di istruzione e formazione
· interventi per lo sviluppo dell’istruzione e formazione tecnica superiore e per l’educazione degli adulti e di adeguamento delle strutture di edilizia scolastica.
“Il progetto di cambiamento sarà sostenuto da un piano pluriennale di misure finanziarie, da verificare nella loro compatibilità con i conti pubblici…”.
In altre parole: gli investimenti nella scuola si faranno solo se ci sarà con che farli!
Una domanda: nella scala di priorità del governo, che posto occupa la scuola? Ci sembra che, cammin facendo, anche se la scuola era uno dei cinque punti qualificanti il “contratto con gli italiani”, per la Casa delle Libertà abbia perso di interesse!
4. Di protocollo… in protocollo!
Nella News n. 5 chiudevamo l’intervento “…Prove tecniche di riforma”, riferito ai protocolli d’intesa firmati con Lombardia e Trentino, con alcune domande che riportiamo “Chiediamo al Ministro: con quante altre regioni il MIUR sta stringendo protocolli di intesa? E’ forse un modo strisciante per far partire la riforma prima ancora che il Parlamento ne discuta?” A distanza di poco più di un mese abbiamo la risposta. Dopo Lombardia e Trentino, anche Lazio, Piemonte, Molise, Puglia hanno firmato intese con il MIUR e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sul dopo terza media.
Senza attendere l’approvazione della riforma, gli alunni di queste regioni, già dal prossimo settembre, potranno assolvere l’obbligo scolastico nella formazione professionale mediante percorsi triennali di qualifica. Ma le intese introducono anche l’alternanza scuola-lavoro e arriva quindi al momento opportuno l’accordo appena firmato dal Ministro Moratti con Confindustria.
Cosa ne è della legge 9/99 sull’obbligo scolastico fino ai 15 anni? E’ legittimo che un protocollo d’intesa la possa annullare?
L’attuazione dei protocolli viene affidata all’elaborazione di comitati paritetici di coordinamento fra rappresentanti delle regioni, del MIUR e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, comitati che non sono stati ancora nominati e che dovrebbero, in poco più di un mese rendere operativo il protocollo.
Gli alunni sono già iscritti, le classi formate, gli organici definiti. Quali scuole saranno disponibili a “cedere” i propri iscritti? L’operazione sembra essere un bel favore ai tanti enti privati che gestiscono la formazione professionale.
Ma firma dei protocolli, al di là del contenuto, è anche un chiaro messaggio politico: il Ministro vuole la “sua riforma” e questo va fatto, anche se il Parlamento non l’ ha ancora approvata.

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Date: 04 Aug, 2002 on 19:06
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