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I professori hanno in media 52 anni: si rischia un’ondata di pensionamenti.
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da Corriere.it
Sabato, 27 Luglio 2002

Università, docenti e studenti troppo vecchi

I professori hanno in media 52 anni: si rischia un’ondata di pensionamenti. Aumentano gli iscritti che lavorano

ROMA - Tra oggi e il 2017 andrà in pensione poco meno della metà degli attuali professori universitari, ma non è ancora chiaro se ci sarà un numero sufficiente di giovani docenti in grado di sostituirli. Cambia l’identikit di chi frequenta gli atenei: gli studenti-lavoratori e i lavoratori-studenti prevalgono sugli studenti a tempo pieno, ma l’offerta formativa non sembra tenerne conto. Aumentano le matricole, nonostante il calo demografico, e aumentano coloro che si iscrivono all’università due o tre anni dopo il diploma. Probabilmente per migliorare la propria posizione lavorativa. Resta alta (27 anni e sei mesi) l’età media dei laureati. Sono alcuni dati emersi dal terzo Rapporto sul sistema universitario. Lo studio è stato elaborato dal Comitato nazionale di valutazione, presieduto da Giuseppe De Rita.

IL BUCO DI PROF - Di qui al 2017 circa 25 mila professori universitari, il 45 per cento del totale, andranno in pensione. L’eta media è aumentata notevolmente negli ultimi 15 anni. E’ salita dai 38 anni del 1985 ai 52 del 2001 (in particolare: l’età media dei professori ordinari l’anno scorso era di 55 anni, l’età media degli associati era di 50 anni). I professori che hanno tra i 24 e i 44 anni sono solo il 29 per cento. In particolare, poi, diminuiscono vertiginosamente i docenti sotto i 34 anni, che sono il 6 per cento del totale contro il 13 dell’85. In Francia i docenti universitari sotto i 34 anni sono il 13 per cento, in Inghilterra il 31 per cento. I ricercatori, che dovrebbero sostituire i professori di ruolo, hanno un’età di poco inferiore. Nel 1985 i ricercatori di età compresa tra i 45 e i 54 anni erano il 5 per cento. Oggi sono più del 36 per cento. Se non si corre ai ripari moltissimi corsi di laurea potrebbero non avere uno dei requisiti fondamentali per funzionare: i docenti. Perché un giovane acquisisca una sufficiente maturità nella didattica e nella ricerca occorrono diversi anni. Non meno di dieci, secondo alcuni. Per questo motivo la Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui) ritiene che, nonostante le difficoltà finanziarie, sia indifferibile selezionare dei giovani. Il rischio, tra qualche anno, è di procedere a immissioni in massa senza garanzie di qualità o di chiamare docenti dall’estero.


STUDENTE LAVORATORE - Studio e lavoro: prima era un’eccezione, ora è la regola. Anno dopo anno aumenta il numero di lavoratori-studenti e studenti-lavoratori. Non ci sono statistiche precise. Secondo la banca dati Alma Laurea dell’ateneo bolognese, che censisce 22 università, alle due tipologie corrisponderebbe il 60 per cento degli studenti, equamente diviso. Se gli studenti sono portatori di esigenze nuove, l’università però non ha ancora calibrato i suoi servizi alla nuova realtà, dall’offerta di corsi serali alla teledidattica.


LE MATRICOLE - Ci si iscrive di più all’università. Le immatricolazioni nel 2000-2001 sono aumentate del 2,2 per cento rispetto all’anno precedente, nonostante il calo demografico. Probabilmente ciò dipende dalla grande offerta di nuovi corsi triennali introdotti con la riforma. E’ in aumento il numero di coloro che si iscrivono a un corso universitario dopo i 19 anni. I ventenni rappresentano il 13,4 per cento, i ventunenni il 5,2 e gli over 22 il 16,1. Tra i «ritardatari» potrebbero esserci giovani che hanno già un lavoro e vedono nell’università un’opportunità per qualificarsi. Potrebbe essere il caso di Scienze della formazione, dove gli over 22 rappresentano un quarto del totale. Non è escluso che si tratti di ragazzi che già lavorano nella scuola di base. Per quanto riguarda Medicina, le immatricolazioni tardive, intorno al 26 per cento, potrebbero essere attribuite ai giovani dei corsi dell’area infermieristica.

Giulio Benedetti


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Date: 27 Jul, 2002 on 07:29
I professori hanno in media 52 anni: si rischia un’ondata di pensionamenti.
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