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L’«anno sabbatico» contagia l’Italia
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1. L’«anno sabbatico» contagia l’Italia
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da Il Corriere della Sera
Martedì, 16 Luglio 2002

Una legge del 2000 concede fino a 11 mesi ma senza stipendio. Scoperto da studenti e manager

L’«anno sabbatico» contagia l’Italia

La tradizione anglosassone della pausa per studio o riflessione. Elkann: l’ho consigliato ai miei figli


La vacanza non basta più. Troppo breve, convenzionale e scontata. Per chi ha bisogno di rigenerarsi con esperienze ed emozioni nuove ci vuole ben altro. Sei mesi da dedicare a un viaggio intorno al mondo. Un anno da volontario in un villaggio nel terzo mondo. O un periodo di riflessione per coltivare un hobby o frequentare un corso. «Poco importa quello che si andrà a fare - commenta il sociologo del lavoro Domenico De Masi -. L’importante è trovare un tempo per sé. Un’abitudine diffusa nei paesi anglosassoni, da noi siamo agli inizi».

BENEFIT - La «voglia di sabbatico» deve scendere a compromessi con una normativa che non aiuta. L’aspettativa per scopi formativi, istituita nel 2000, è ancora poco utilizzata. «Si tratta di undici mesi senza stipendio, e già questo è un notevole deterrente - commenta Donata Gottardi, docente di diritto del Lavoro a Verona, esperta che ha seguito l’attuazione della nuova norma -. E poi le aziende si privano poco volentieri dei propri collaboratori per periodi lunghi».
Certo, esistono le eccezioni. Intel, Hewlett Pakard, Xerox sono alcune delle multinazionali che ai dipendenti delle loro sedi in giro per il mondo offrono, tra i vari benefit, anche il sabbatico. «Già da un paio d’anni è in atto un cambiamento culturale - sostiene Mario Mazzoleni, docente alla Scuola di direzione aziendale dell’università Bocconi -. Le aziende sono sempre più disponibili a valorizzare le risorse umane, utilizzando anche il sabbatico. Se non altro perché certi professionisti difficili da trovare sul mercato vanno tenuti ben stretti. La crisi, poi, non ha invertito la tendenza. Anzi, la produzione che rallenta talvolta è un motivo in più per concedere il distacco».
Tra quelli che stanno per partire c’è Daniele Iannotti, direttore generale della filiale italiana di Text100, multinazionale delle pubbliche relazioni con sede a San Francisco. «Sto pensando all’Australia - racconta -. A chi resta fedele all’azienda per almeno sei anni vengono concessi tre mesi per andare in giro per il mondo». Alla Intel, invece, i mesi a disposizione sono due. «Dopo cinque anni si ha diritto a due mesi retribuiti lontano dalla propria scrivania», spiega Dario Bucci, il country manager dell’azienda.

NEL TERZO SETTORE - Viaggi a parte, sono sempre più numerosi coloro che si candidano a un sabbatico nel mondo del volontariato. «Dopo la Francia, l’Italia è il secondo paese nel mondo per numero di curriculum inviati», dice Philippe Berneau, responsabile risorse umane di «Medicins sans frontières». Concorda Teresa Sarti, presidente di Emergency: «I candidati sono moltissimi. Il punto è che molti hanno difficoltà ad ottenere un periodo di aspettativa dalla propria azienda». Nonostante una legge del ’97 abbia predisposto sgravi fiscali per le aziende che «prestano» personale al mondo del volontariato.

GAP YEAR - Tra i grandi sostenitori del sabbatico c’è lo scrittore e giornalista Alain Elkann: «Mi è accaduto spesso di fare lunghi viaggi. In particolare, ne ricordo uno molti anni fa, in Vietnam, con mia sorella: il paese era in guerra. E poi un giro intorno al mondo. Trovo anche fondamentale il gap year , l’anno sabbatico per gli studenti che terminano un percorso di studi. Due dei miei figli l’hanno fatto. Così i giovani, abituati alla solitudine delle biblioteche e alla comodità della vita borghese, scoprono finalmente la vita».

Rita Querzé


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Date: 16 Jul, 2002 on 08:43
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